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Liberazione: Panini (Cgil): «Per salvare la scuola, vota no al Referendum»

Intervista al responsabile scuola università e ricerca della Cgil: «La riforma della Cdl produrrebbe effetti devastanti sul sistema educativo del nostro Paese»

09/06/2006
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Liberazione

Castalda Musacchio

«Perché votare no? Vi sarebbero molteplici ragioni ma innanzitutto per salvare la scuola». E non è una ragione da poco. Enrico Panini, segretario nazionale della scuola, dell’università e della ricerca della Cgil interviene nel merito di una riforma che se dovesse essere varata - avverte - «scardinerebbe il sistema scolastico, ponendo una seria e gravissima ipoteca sui destini di milioni di giovani, oltre che sulla tenuta di un sistema democratico che non può che basarsi - precisa - sulla formazione». Con una premessa necessaria e una richiesta che giunge al nuovo Esecutivo: «Occorrono naturalmente altri provvedimenti urgenti, prima di tutto rimettere mano al disastro compiuto dal precedente governo con la cancellazione della riforma Moratti».

La prima domanda è d’obbligo. La Cgil è scesa in campo in difesa della Costituzione. Dunque, perché, secondo te, è necessario votare e perché votare “No” al prossimo referendum?

Credo che vi siano due fondamentali ragioni per votare no al prossimo referendum. La prima: per mantenere una repubblica parlamentare ed evitare l’incubo di un governo da primo ministro oltretutto unico al mondo. L’altra: per mantenere un sistema di diritti e di libertà unitario nel paese e non separato secondo i confini delle singole regioni.

Quali sarebbero gli effetti della cosiddetta “devolution” per il sistema scolastico?

Come responsabile della scuola, università e ricerca della Cgil posso senza dubbio dire che questi settori sono tra quelli più coinvolti dagli effetti perversi che produrrebbe l’ultima riforma costituzionale. Innanzitutto perché si propone una regionalizzazione del sistema dell’istruzione con la realizzazione, in sostanza, di 20 mini sistemi scolastici; il che significa, tradotto concretamente, che, mentre a livello nazionale, dobbiamo fare i conti con il mondo, si dà come elemento di rassicurazione ai nostri ragazzi i confini della regione. Il che vuol dire ancora che si andrebbero a studiare Pascoli, Carducci e Montale secondo i piani di studio imposti a livello regionale. Verrebbe inoltre a cadere la libertà d’insegnamento perché è evidente che in questo modo la scuola pubblica sarebbe in sostanza asservita alle maggioranze che di volta in volta andrebbero a guidare il governo delle regioni. E non ho dubbi che lo stesso effetto si produrrebbe sull’università e sulla ricerca per le quali diverrebbe davvero esile il filo di libertà, considerato l’enorme trasferimento di potere dallo Stato alle Regioni.

Un sistema, del resto, già danneggiato dalla riforma Moratti...

Sì. Vorrei sottolineare che quando si vanno a toccare certi temi, come la scuola, l’università, la ricerca si toccano contenuti che attengono al modello sociale di un Paese. Il sapere con la Moratti è stato piegato a sanzionare le diseguaglianze di classe.

Con la Moratti, ancora, è scomparso per esempio l’obbligo scolastico trasformato in “diritto-dovere”. E’ naturale che è necessario fare un percorso in più: il che vuole dire che occorrono provvedimenti urgenti anche per arginare le terribili conseguenze che questa riforma sta già producendo nel Paese. In questo senso la cancellazione della riforma Moratti si inserisce nella battaglia per sostenere il “No” a questo referendum: in difesa dello sviluppo sostenibile da un lato e della democrazia dall’altro. E debbo dire che nella scuola registro una grande sensibilità su questi temi. E’ evidente che il livello della formazione di un paese è indice della tenuta di una democrazia e l’ignoranza è la nuova forma di esclusione sociale. Tra gli effetti della riforma Moratti cominciamo per esempio ad avere dei fenomeni di analfabetismo che tocca la popolazione che ha un diploma di scuola secondaria inferiore. Innalzare l’obbligo scolastico a 18 anni in questo senso è uno dei provvedimenti urgenti che il nuovo Esecutivo dovrebbe compiere.

Il tuo auspicio?

Naturalmente è che prevalgano le ragioni del “No”. Che si vada alle urne in tanti tantissimi. Questo referendum ha la stessa dirimente importanza di quello che sessant’anni fa fece nascere la nostra democrazia.

c. musacchio@liberazione. it