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Liberazione: Prodi promette soldi alla ricerca La scuola sull'orlo del collasso

Il premier da Tokyo: «Fermare la fuga dei cervelli e aumentare il salario dei ricercatori» Problemi sul fronte scolastico, i dirigenti non hanno più soldi per i supplenti

18/04/2007
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Liberazione

Davide Varì

Luci e ombre sul sistema formativo italiano. Da un lato la promessa del presidente del consiglio che da Tokyo garantisce più soldi per arginare la fuga dei cervelli dal belpaese; dall'altro lo stato di crisi della scuola che vede diminuiti i fondi per le supplenze e costringe a dei veri e propri tour de force l'intero corpo docente costretto, o "invitato", a limitare il più possibile permessi e malattie.
Ma andiamo con ordine. Dal Giappone Prodi fa sapere che «la fuga di cervelli dall'Italia è un problema serio per il quale bisogna fare qualcosa». Poi la promessa: «Uno degli strumenti per risolvere il problema sarà quello di aumentare il salario dei ricercatori». Secondo il premier il problema della fuga dei cervelli è «complessivo e non si risolve dando qualche incentivo ai premi Nobel affinchè ritornino, ma serve piuttosto dare opportunità ai giovani». «Il mio obbiettivo - ha aggiunto - è quello di moltiplicare i ricercatori in Italia e di incentivare i processi di innovazione nelle piccole e medie imprese italiane. E' chiaro che bisogna favorire il ritorno di chi vuole tornare in Italia. Ma, lo ripeto, occorre creare opportunità per i giovani interessati alla ricerca».
Immediata la reazione del ministro dell'università e della ricerca Fabio Mussi che parla addirittura dell'«inizio di una svolta». In effetti la ricerca ed il contenimento della fuga dei cervelli, quel male tutto italiano che sta riducendo al lumicino le eccellenze in campo scientifico, era uno dei punti cardine del programma di governo dell'Unione. Per questo il ministro Mussi parla di «autentica gioia» e si lancia in previsioni entusiastiche: «Aumenteremo il numero dei ricercatori e aumenteremo i loro stipendi. I nostri ricercatori - ha proseguito il ministro - sono di assoluto valore mondiale, ma siamo agli ultimi posti in Europa in quanto a numero di ricercatori per milione di abitanti. E inoltre, il loro trattamento economico è un clamoroso oltraggio sociale al principio del merito». In effetti sono le cifre a parlare: 800 euro per un dottorando, (per quei pochi fortunati che hanno la borsa di studio), 1100 per un assegnista di ricerca e 1200 euro per chi vince un concorso da ricercatore». Chi fa ricerca, ha inoltre rilevato Fabio Mussi, «guarda al mondo intero come casa sua, e quindi deve andare dove lo portano i suoi interessi e la sua vocazione. Ma non deve scappare dall'Italia inseguito dal bisogno, perché i fondi per la ricerca sono scarsi e lo stipendio da fame». «L'annuncio di Prodi: investiremo sui giovani - ha concluso il ministro - può essere davvero l'inizio di una svolta».
Me sa da una parte si inizia a vedere la luce dall'altra è buio pesto. Del resto la previsione secondo cui gli ultimi due mesi di scuola saranno senza l'ausilio dei supplenti appare sempre più certa. La ragione è semplice: mancano i soldi per pagarli ed i dirigenti scolastici sono costretti a veri e propri salti mortali per far quadrare i bilanci. Non ultimo chiedere sempre più contributi volontari alle famiglie. Nella speranza che gli insegnanti possano godere di buona salute i presidi sono inoltre costretti a posticipare le entrate o anticipare le uscite. Per non parlare delle vere e proprie migrazioni cui sono costrette le scolaresche che nelle ore di buco passano da una classe all'altra.
Neanche l'accordo per assorbire nell'anno scolastico 2007-2008 50mila precari per il personale docente è sufficiente: «Intanto dovevano essere 70mila - dichiara Loredana Fraleone, responsabile scuola di rifondazione - i 50mila sono appena sufficienti a sostituire i pensionamenti previsti per il prossimo anno scolastico». Ma c'è di più, ci sono decine di supplenti che non vengono pagati da aprile scorso: «E' una situazione drammatica - continua Fraleone - una situazione difficile da comprendere per chi non vive la scuola, non c'è la reale percezione di quel che sta accadendo. Noi abbiamo fatto dei calcoli sulla riduzione di risorse: nell'arco di circa 15 anni i fondi destinati agli istituti sono diminuiti del 50%».
Nel frattempo i Cobas annunciano uno sciopero della fame per i diritti sindacali per «segnalare e restituire ai lavoratori e a tutte le organizzazioni sindacali i diritti di rappresentanza, di trattativa, di libertà di assemblea nei luoghi di lavoro che in questi anni sono stati annullati, o ridotti ai minimi termini».