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Liberazione-Quel vuoto di futuro che uccide i nostri sogni

Quel vuoto di futuro che uccide i nostri sogni Emerge solo la punta dell'iceberg, la massa che è sotto comprende gran parte della società. Se ne occupano, con crescente interesse, rice...

14/07/2004
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Liberazione

Quel vuoto di futuro che uccide i nostri sogni
Emerge solo la punta dell'iceberg, la massa che è sotto comprende gran parte della società. Se ne occupano, con crescente interesse, ricerche commissionate dai più svariati soggetti, i media, pubblicazioni a livello nazionale ed europeo, viene chiamato "disagio giovanile", definizione inadeguata e persino ambigua, perché ripropone, come sempre quando è fuori contesto, un concetto astratto, usato in altri tempi per definire problemi relativi ai "rapporti difficili" tra giovani ed adulti.
Quando parliamo di disagio giovanile, ci riferiamo ad uno degli aspetti di un fenomeno che riguarda la società di oggi nel suo insieme. Non a caso tra i più colpiti dal "disagio", per quantità e qualità, sono forse proprio gli anziani, coloro che vivono, similmente ai giovani, lo spaesamento prodotto da questi anni difficili.

Non siamo di fronte ai fenomeni ricorrenti più o meno in tutte le epoche, in cui i conflitti generazionali, con caratteristiche proprie, esprimevano il naturale confronto tra età diverse. Siamo in una situazione in cui non è l'avvicendamento nei ruoli sociali, a porre dei problemi di equilibrio dell'intera società, ma la crisi dei suoi paradigmi essenziali, a partire da quello potentemente introdotto dalla società capitalistica, del progresso come orizzonte alla portata di tutti.

Il problema è che non c'è più né la percezione né la speranza del progresso, ed è un sentire che colpisce tutti, mette in mora l'intera società, ma è particolarmente devastante per i giovani, perché la dimensione principale della loro vita è proprio il futuro.

E' l'incertezza del futuro a rendere il presente privo di senso, a volte persino intollerabile, qualcosa da cancellare o almeno da minimizzare, attraverso le fughe, con lo stordimento, lo "sballo", come dicono loro.

I comportamenti, indotti dal mix micidiale "cultura" televisiva/consumi, che eludono sistematicamente il rapporto con la realtà, fanno il resto, imponendo modelli fondati sull'individualismo, la competizione, le gerarchie disegnate su poteri spesso effimeri. Da qui quella fragilità quasi sconcertante, che attanaglia la stragrande maggioranza dei giovani, chiamati a sostenere "prove" per loro insostenibili.

Basterebbe porsi un po' criticamente questi problemi, per capire che il dilagare dell'uso di sostanze da sballo tra i giovani deriva dalla necessità di riempire un vuoto insopportabile, anche se per qualche momento. La questione è di tale portata che non si può banalizzare, riguarda il modello di società, e non ci si può confrontare con essa se non per mezzo della politica, ma qui più che altrove è richiesta la politica che ricostruisce identità, valori, nuova socialità e soggettività, non è certo quella che pensa all'occupazione del potere a dare risposte.

Tutti coloro che si sono messi sul terreno della ricostruzione sono i più "sfidati", quindi anche noi, come partito che tenta una ricerca su forme alternative di relazione. Tra le istituzioni è la scuola ad essere la più coinvolta, perché è l'unico luogo d'aggregazione inclusivo (almeno secondo la Costituzione repubblicana) ad essere rimasto in piedi, anche se traballante e con molte macerie lasciate sul campo.

Luoghi deputati alla socialità ed ancora protettivi sono le scuole che, non a caso, negli ultimi tempi subiscono incursioni poliziesche alla ricerca di corpi del "reato" d'insicurezza se non di disperazione. Lo fanno con modi intimidatori, con l'uso di cani non rassicuranti quanto incolpevoli, lo fanno in un'ottica di repressione preventiva e perciò diseducativa ed inaccettabile. In alcuni casi lo fanno persino non concordando con i responsabili delle classi, cioè i docenti, le modalità di controllo su ragazzi e ragazze, ed invadono le aule con i cani portati a guinzaglio corto, rievocando immagini di epoche che vorremmo non fossero mai esistite. Lo fanno senza porsi il problema delle reazioni dei più impressionabili, dei portatori di handicap, come è successo in una scuola superiore di Viterbo, dove l'insegnante di sostegno che si è opposta all'ingresso dei poliziotti con i cani in una prima classe, con alunni minorenni dunque, ha ricevuto un avviso di garanzia per resistenza ed oltraggio.

Questo è il modo con il quale si vuole affrontare un problema della massima delicatezza e complessità? O si vuole in realtà criminalizzare per controllare, reprimere per normalizzare? Ci propongono una normalità deforme, una mostruosità che va riconosciuta e combattuta come tale.

Loredana Fraleone