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Liberazione-Riformisti surreali

Riformisti surreali di Ritanna Armeni E' davvero strana questa sinistra "riformista" che vorrebbe governare l'Italia dopo Silvio Berlusconi. Si propone come alternativa ad un governo e poi dice...

24/10/2003
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Liberazione

Riformisti surreali
di Ritanna Armeni
E' davvero strana questa sinistra "riformista" che vorrebbe governare l'Italia dopo Silvio Berlusconi. Si propone come alternativa ad un governo e poi dice che questo in fondo non ha fatto malaccio. Prendiamo il fisco. Un noto economista Salvatore Biasco, in sintonia con un altro uomo di punta dell'intellighentia diessina Nicola Rossi, dice che la riforma del ministro Tremonti non può essere radicalmente cambiata da un futuro governo di centro sinistra. I due fanno capire che con un eventuale nuovo governo le cose più o meno rimarrebbero le stesse. Prendiamo la scuola. Il presidente dei Ds Massimo D'Alema coglie l'occasione di un Convegno di Italiani Europei per dire che la riforma Moratti va modificata solo in parte, ma non è tutta da buttare. Prendiamo le pensioni, la controriforma del governo su cui i sindacati si accingono a fare più di uno sciopero generale. Il segretario dei Ds Fassino si dichiara aperto a modificare l'attuale assetto pensionistico. E in ultimo e "non per ultimo" prendiamo la guerra. Rutelli con acrobatica tempestività dice sì alla missione italiana in Iraq e, in una sublime intervista al Corriere della Sera, Giuliano Amato, il "dottor sottile" in questo caso senza molte sottigliezze, dichiara di non condannare la guerra preventiva, è favorevole ad un nuovo invio di truppe in Iraq e - dulcis in fundo - anche lui si pronuncia per il non azzeramento di quanto finora fatto dal governo Berlusconi. "Chi viene dopo deve puntare a fare meglio - afferma - e non necessariamente meglio vuol dire il contrario".

Il risultato dell'addizione di queste dichiarazioni è piuttosto preoccupante. La cosiddetta opposizione "riformista" dichiara che se andrà al governo farà più o meno quello che sta facendo il governo Berlusconi. Non proprio tutto - sia ben chiaro - qualcosa cambierà, ma la sostanza non può che essere quella. Quella di un governo di centro destra che ha distrutto la scuola pubblica, che sta scassando il sistema previdenziale, che ha varato la Bossi-Fini e che si è schierato con la guerra al punto da mandare dei soldati in Iraq.

Come definire questa posizione? Surreale forse. Nel senso proprio della parola. Nel senso che è sopra e prescinde dalla realtà. Una realtà corposa, forte e tutta in movimento. E' la realtà dei sindacati confederali, tutti i tre uniti questa volta alla vigilia di uno sciopero generale e già pronti ad una manifestazione nazionale e ad un altro sciopero generale se il governo non recederà dalle scelte sulle pensioni e sulla Finanziaria. E' la realtà di un movimento antiliberista e pacifista che continua a dare incredibili segni di vitalità, che è entrato con forza nel dibattito sulla Costituzione europea e che, con la marcia Perugia Assisi, ha chiesto precisi impegni ai partiti. E' la realtà di un Paese sotto lo choc di una carovita che distrugge i redditi dei meni abbienti e riduce pesantemente quelli dei ceti medi. La realtà, infine, di un'Italia che ha maturato un antiberlusconismo sostanziale, che appare più che mai desiderosa di opposizione. E che la sta tenacemente cercando. A chi faranno riferimento i sindacati - tutti e tre i sindacati - nel quadro politico se hanno contro il governo e non possono contare davvero sull'opposizione? E' possibile pensare ad una battaglia vincente sulle pensioni senza una sponda politica che la faccia sua?

Ma la surrealtà della posizione riformista sta anche nei suoi risultati interni. Lungi dall'unirla, questo susseguirsi di affermazioni moderate la divide ancora di più. E non solo perché una parte di essa, come ovvio, chiede un più coerente impegno pacifista e antigovernativo. Non solo perché l'insieme di quei movimenti che attraversano senza demordere la società italiana ne spezzano il monolitismo moderato. Ma perché sono gli stessi moderati a non riuscire a mettersi d'accordo e a litigare fra di loro. Come hanno fatto Rutelli e Fassino dopo aver assunto pressoché la stessa posizione sull'invio di soldati italiani in Iraq. O come sta avvenendo fra Prodi e i Ds.

Un vero peccato: mentre la destra si sfascia e si rompe quello stretto nesso fra liberismo e populismo che era stato il pilastro culturale ed economico del suo governo, la sinistra riformista non riesce neppure a cogliere l'opportunità di definire se stessa. C'è davvero molto lavoro da fare a sinistra.