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Liberazione: Scuola, abbandoni, orientamento e integrazione: tutto da rifare

Milano, una ricerca su circa 10mila tra studenti, genitori e docenti rivela il degrado causato da Moratti

26/10/2006
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Liberazione

Sergio Raffaele
Milano nostro servizio
Non è una scuola che gode di buona salute. Ma per migliorarsi potrebbe cominciare col coinvolgere di più studenti, insegnati e genitori. Basta vedere l’entusiasmo con cui hanno risposto a una ricerca condotta da Cisem e Istituto Iard sugli istituti della Provina di Milano promossa dall’assessorato alla scuola. Un bel ribaltone, rispetto alla Riforma Moratti “calata dall’alto” senza alcuna partecipazione attiva dei protagonisti quotidiani della formazione. Lo testimonia il campione: 45 scuole, tra istituti superiori e centri di formazione professionale, 3.800 studenti, 5mila genitori e mille insegnanti. E il quadro che emerge è abbastanza preoccupante.
La prima nota dolente è senza dubbio l’orientamento. Il giudizio conseguito nelle scuole medie condiziona fortemente le scelte degli alunni: i “buoni” e i “distinti” si iscriveranno al liceo mentre i “sufficienti” frequenteranno la scuola tecnica. Inoltre quasi il 50% del campione lamenta una carenza di orientamento, perchè spesso sono i ragazzi a scegliere la futura scuola superiore senza l’aiuto di genitori e insegnanti. Manca il dialogo e l’informazione, ovvero l’attenzione. Quella milanese poi appare come una realtà sempre più segmentata per capitali culturali familiari. Gli abbandoni scolastici sono in aumento e accade spesso che gli studenti si sentano “stressati”, annoiati e facciano fatica a seguire gli insegnati. Disagio e distanza sembrano duri a sconfiggere. «Infatti l’obiettivo è quello di aumentare l’accoglienza e di abbattere la dispersione e l’abbandono che colpiscono particolarmente i ragazzi di una certa fascia sociale - replica l’assessore all’Istruzione della provincia, Barzaghi (Prc). Come? Con un intervento finalizzato ad ottenere «una scuola di qualità di tutti e per tutti» e che sappia ben accogliere anche gli immigrati.

La questione numero due. Roberto Biorcio presidente del centro Cisem sottolinea come «negli ultimi anni la composizione studentesca sia profondamente mutata dato che la percentuale di alunni nati all’estero è aumentata con conseguenti difficoltà di integrazione». Che qualcosa non funzioni lo dimostrano anche le prospettive di carriera degli studenti stranieri: appaiono più limitate e in stretta relazione con la condizione economica familiare. Solo il 38% pensa alla laurea, mentre più del 30% non andrà oltre la qualifica professionale. Così dopo le medie l’orientamento si concentra per lo più nelle professionali (61%) e in corsi di formazione (26%). Sono in pochi (13%) a decidere di frequentare un liceo. Nelle relazioni sociali, poi, gli studenti immigrati si sentono più “accolti” dagli insegnanti rispetto agli studenti italiani, con i quali spesso instaurano un rapporto conflittuale. Le impressioni negative si concentrano dunque verso dimensioni relazionali e organizzative e la scuola assume un’immagine caotica e impersonale.

Altrettanto conflittuale si è dimostrato il rapporto di studenti e insegnanti rispetto alle cosiddette riforme della scorsa legislatura. La valutazione sugli effetti sulla qualità della scuola: il 47,4% degli studenti parla di peggioramento, il 34,9% non si esprime, l’11,1% ritiene che non ci sia stata nessuna variazione e solo il 6,5% sostiene un miglioramento. Invece il 62,2% degli insegnati la ritiene peggiorata, il 15,5% non risponde, il 12,1% non sa e solo il 10,2% la considera migliorata. I veri protagonisti si sono espressi, meglio ascoltarli.