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Liberazione-Scuole in "vendita", il Tesoro smentisce ma non convince

L'ufficio stampa: "Non c'è alcun progetto del genere". Ma manca un comunicato ufficiale. Resta l'ipotesi di "fondi immobiliari" per un totale di "oltre 20 miliardi". E' scritta in Finanziaria. Ossia:...

07/10/2004
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Liberazione

L'ufficio stampa: "Non c'è alcun progetto del genere". Ma manca un comunicato ufficiale. Resta l'ipotesi di "fondi immobiliari" per un totale di "oltre 20 miliardi". E' scritta in Finanziaria. Ossia: in Italia si vende tutto, tranne il Colosseo
Scuole in "vendita", il Tesoro smentisce ma non convince
"Non c'è alcun progetto di "vendita" delle scuole statali allo studio del Ministero del Tesoro": con queste parole l'ufficio stampa di via XX settembre smentisce le indiscrezioni pubblicate martedì dal quotidiano specializzato Finanza-Mercati e ieri da Liberazione, sull'eventualità che nell'immediato futuro, licei, scuole e asili potrebbero essere ceduti dallo Stato. Ma nessuna reazione è mai arrivata sui tavoli di Finanza-Mercati, "diffusore" della notizia, né è stato diramato alcun comunicato ufficiale che chiuda definitivamente il discorso. Lo scenario quindi resta in piedi. D'altronde, è innegabile che nella relazione di presentazione della Finanziaria 2005 sia scritto che "si ipotizzano uno o più fondi immobiliari" e che "saranno disponibili immobili a uso governativo per un totale di oltre 20 miliardi tra i quali identificare quelli che non abbiano particolare pregio architettonico o rilevante valore storico": in parole povere, lo Stato si prepara a cartolarizzare immobili di sua proprietà per incassare subito il più possibile di quei 20 miliardi che farebbero un gran bene alle disastrate casse italiane. In realtà, il termine esatto non è "cartolarizzazione", bensì l'inglese "sell/buy back": vendere per poi ricomprare, cioè la teoria tanto cara a Tremonti (fu lui a dire: "Possiamo vendere tutto tranne la scrivania di Quintino Sella") e ripresa prontamente dall'allievo Siniscalco. Sotto i colpi di questa formuletta finirono l'anno passato i Ministeri e adesso le strade statali e, forse, le scuole.
L'obiettivo è lampante: intascare i soldi, pochi, maledetti e subito per far quadrare i conti. Ma c'è da mettere in conto che tutto il meccanismo viene oliato dai soldi dei risparmiatori: le banche che investiranno nell'acquisto di qualsiasi bene statale lo faranno attraverso obbligazioni e lo Stato che se lo ri-affitterà lo pagherà, ovviamente, con i soldi dei contribuenti. Il tutto per una durata presumibile di qualche decennio. Quindi, per fare un esempio lampante, è come ipotecarsi la casa. Le eventuali derive di questo meccanismo potrebbero arrivare, nella più remota delle ipotesi, al punto in cui le casse statali non possano più onorare le scadenze, lasciando l'immobile venduto nelle mani delle banche o privati, liberi di farne ciò che vorranno. Poco importa che così si vada a depauperare clamorosamente il patrimonio collettivo: escludere dal provvedimento gli immobili "che non abbiano particolare pregio architettonico o rilevante valore storico" vuol dire che nello Stivale è tutto in vendita tranne Colosseo e simili. Sperando sempre che nessuno abbia mai da dibattere sul "rivelante valore storico" dei nostri monumenti.

Il valore totale dei beni dello Stato equivale al 107% dell'intero Pil, quindi non stiamo parlando di cifre piccole. La vendita delle scuole, presumibilmente solo quelle di proprietà del Ministero dell'Istruzione e non quelle degli altri ordini e gradi, potrebbe fruttare un ricavo dai 2 ai 6 miliardi e mezzo di euro, da incassare, sempre secondo le fonti giornalistiche, a partire dalla prima metà del prossimo anno. Che poi questa operazione venga effettivamente avviata o meno, lo potremo vedere solo nei prossimi mesi. Ma quello che nessuno può mettere in discussione è che "sell and buy back" gli edifici che ospitano bambini e ragazzi sarà possibile, perché l'autorizzazione sta nelle righe scritte dal Ministero stesso. In realtà c'è solo l'imbarazzo della scelta: strade, scuole, istituti e via dicendo potranno finire sul mercato ogni qual volta ce ne fosse bisogno per raschiare un po' di più il fondo del barile. Magie della finanza creativa.

Andrea Milluzzi