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Liberazione: Università contro la manovra

I sindacati proclamano lo sciopero il 17 e il 20 novembre. Cortei a Roma

18/10/2006
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Liberazione

Fabio Sebastiani
“Conoscere per crescere”. C’era scritto così nel programma dell’Unione sotto la voce “Università e Ricerca”. Poche parole, per una grande idea: non c’è sviluppo senza ricerca. Alberto Civica, segretario della Uil-Università, racconta così la delusione per i tagli contro questo settore: «Durante la campagna elettorale dell’Unione ero tra i più gettonati. Ogni volta ripetevo sempre la stessa cosa “non possiamo tagliare la ricerca”». L’occasione è la conferenza stampa nel corso della quale, ieri a Roma, i tre sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil hanno presentato i due giorni di sciopero per il 17 (Università) e il 20 (Ricerca) novembre. L’iniziativa non si limiterà a questa protesta. Professori e ricercatori sono pronti a scendere in piazza in due distinti cortei.
Le elezioni sono finite. Ed anche i cento giorni del governo Prodi. Ora che siamo di fronte al redde rationem della finanziaria, il settore della Ricerca e Università lancia il grido d’allarme, forse l’ultimo: «Siamo al killeraggio». Molti enti potrebbero «fisicamente» chiudere già dal primo gennaio del 2007. Non solo, il settore continua ad essere il “campione” del precariato.

Intanto, tutto il pubblico impiego è in fermento. Il 23 ottobre si terrà a Roma l’assemblea dei circa 5.000 delegati di Cgil, Cisl e Uil. Tra i “comparti” più in fibrillazione c’è sicuramente quello della scuola. Enrico Panini, segretario della Flc-Cgil: «Siamo molto, molto inquieti. E ricordo all’Unione, stando ai dati, che da questo settore l’80 dei voti sono andati proprio a loro». Giovedì è previsto un incontro proprio sulla scuola. Ma le premesse non sono certo rassicuranti. «I 400 milioni - sottolinea Panini - non sono di risparmi ma di tagli».

Tornando a Ricerca e Università, la legge finanziaria, affermano i tre segretari generali De Simone, Panini e Civica, lascia immutati i finanziamenti ordinari per gli enti pubblici a 1.630 milioni (quindi continua la sua contrazione iniziata nel 2002), nega il recupero delle risorse tagliate e calcolabili nell’ordine di 30-40 milioni di euro, mentre per l’università ci sono 94 milioni di finanziamento in più, ma a fronte di un taglio, operato da decreto Bersani, di 200 milioni. E’ una situazione, aggiungono, che «se permanesse non consentirebbe agli enti pubblici e alle università di rinnovare i contratti di lavoro». «Il divario fra le spese e le entrate dovrebbe, così, essere coperto dall’aumento delle tasse degli studenti, a nostro avviso decisamente impraticabile», sottolineano i tre segretari. Cgil, Cisl e Uil mettono in rilievo come, contemporaneamente, nei confronti dei privati le maglie siano «larghissime». «Centinaia di milioni - affermano - per le imprese, dai ministeri dell’Industria e dell’Università, ma anche nascosti nelle pieghe dei bilanci di ministeri come la Difesa e le Infrastrutture. Qualcosa come 25 miliardi di euro, il 2, 5% del Pil a fronte del solo 1% di investimenti negli enti pubblici». E poi, quella che i tre segretari definiscono la “chicca finale”, il taglio netto del 50% degli scatti biennali ai docenti.

Il giudizio sulla finanziaria è quindi negativo. Anche perché vengono introdotti «ulteriori vincoli normativi sulla gestione delle risorse umane che rendono impraticabile qualsiasi proposta di nuova assunzione o di avvio a soluzione del consistente precariato».

Ad oggi, secondo i dati diffusi ieri, su 108.104 addetti alla ricerca e alla docenza universitaria, sono solo 47.237, meno della metà, i lavoratori di ruolo o, comunque, a tempo indeterminato. Tutti gli altri operano sotto la spada di Damocle del contratto a termine. Si tratta, in particolare, di 27.252 professori a contratto titolari di insegnamenti ufficiali, di 18.805 professori a contratto tutor, o per attività didattiche integrative (3.029 dei quali sono studenti universitari), di 16.268 collaboratori in attività di ricerca (di cui 1.186 dottorandi) e di 402 collaboratori linguistici. Un problema, quello del precariato, che tocca anche il personale tecnico, amministrativo e sanitario: 5.787 hanno contratti a tempo determinato e 6.850 forme contrattuali diverse. Tra i dirigenti, 329 in tutto, i precari sono invece 127.

Ad esprimersi contro la finanziaria ieri è stato addirittura il senato accademico ed il consiglio di amministrazione dell’Università di Palermo. Quella di Palermo è una tra le prime università italiane che ha annunciato, già per il prossimo 25 ottobre, una mobilitazione contro la Finanziaria, con l’occupazione simbolica del rettorato.