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Luoghi comuni. Concorsi e formazione degli insegnanti nella U.E. e dintorni

Pino Patroncini

20/12/2012
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I  giornalisti,  così  lesti  a  prendere  spunto  dalle  comparazioni  internazionali  (magari  anche
travisandole)  quando  c’è  da  “bastonare”  gli  insegnanti,  hanno  perso  l’occasione  per  demolire  un
luogo comune  imperante nella nostra e nella loro opinione pubblica: quello per cui il concorso per
esami, quello che comunemente nell’immaginario collettivo è il “concorso” sans phrase, sarebbe la
forma migliore, più rigorosa e magari anche più scientifica di reclutamento. Si tratta di un luogo
comune che normalmente nel caso italiano fa da pendant all’idea che chi dovesse entrare in ruolo
non col concorso  ma, oggi,  con la graduatoria ad esaurimento sarebbe una specie di parassita, di
“portoghese” dell’entrata in ruolo, insomma un docente di serie B. E’ un luogo comune che non
solo  dimentica  che,  come  ripetono  spesso  i  precari,  nella  graduatoria  ad  esaurimento  ormai  la
maggioranza è costituita di persone che di concorsi ne hanno superato anche più di uno, ma che
dimentica  anche  che  in  realtà  la  graduatoria  in  questione  è  di  fatto  anch’essa  un  concorso,  un
concorso per soli titoli (si chiamava proprio così in origine, dal 1991  al  1999, poi si è chiamata
graduatoria  permanente dal 1999 al 2007), un concorso con tutti i crismi di legge. Altro che serie
B! 
Ma soprattutto questo è un luogo comune che va insieme con l’idea che solo in Italia ci sia o ci sia
stata negli anni passati la possibilità di entrare in ruolo senza concorso. Ed invece non c’è idea più
sbagliata di questa.
 
Tornando  ai  nostri  giornalisti,  sarebbe  bastato  che  avessero  girato  le  pagine  dell’ultimo  rapporto
annuale  dell’OCSE  “Uno  sguardo  sull’educazione”  (Education  at  a  Glance),    tanto  avidamente
sfogliato, su  suggerimento del MIUR, per alimentare l’altro luogo comune, altrettanto infondato,
secondo cui gli insegnanti italiani avrebbero un orario di lavoro settimanale più corto della media
europea.  Avrebbero scoperto che la tanto blasonata assunzione con concorso per esami esiste solo
per 13 dei 35 paesi considerati dall’OCSE. 
Se poi guardiamo all’Unione Europea solo 6 paesi (Italia,Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo
e Spagna) utilizzano il concorso per esami. La Danimarca lo utilizza solo per le assunzioni nella
scuola  dell’infanzia.  Quindi,  se  togliamo  alcuni  paesi  di  cui  l’OCSE  non  da  notizia  (Lituania,
Lettonia, Romania, Bulgaria, Slovenia, Cipro e Malta), i rimanenti 14 paesi UE non ricorrono al
concorso per esami nella assunzione dei docenti.
Attenzione  però,  tra  i  paesi  rimanenti  ce  ne  sono  alcuni  (Regno  Unito,  Paesi  Bassi,  Finlandia,
Svezia…) che praticano la chiamata diretta!
Per correttezza va anche detto che tra questi 14 ce ne sono alcuni che per l’accesso ai percorsi di
studio o di formazione che immettono nell’insegnamento ricorrono al concorso: in Europa è il caso
dell’Austria ( ma solo per infanzia e primaria), della Finlandia e dell’Irlanda. 
Ci  sono  nel  mondo  anche  paesi,  come  l’Australia,  Israele,la  Corea,  il  Messico  e  la  Turchia,  che
fanno il concorso sia prima che dopo. Nell’Unione Europea questo capita solo alle maestre di scuola
dell’infanzia  lussemburghesi,  ma  tenuto  conto  del  percorso  perverso  di  accesso  ai  Tfa  tra  questi 
potremmo annoverare oramai anche l’Italia.
Solo  pochi  paesi  prevedono  tuttavia,  per  poter  insegnare,  una  abilitazione  aggiuntiva  rispetto  al
percorso di studi, quale quella finora in vigore in Italia per la scuola secondaria. Nella UE sono solo
il Regno Unito, la Germania e l’Irlanda.  
 
Ormai  il  titolo  richiesto  per  insegnare  sembra  essere  ovunque  la  laurea  lunga,  in  tutti  i  gradi  di
scuola. Tuttavia in alcuni paesi vi sono quote più o meno notevoli di personale che non ne sono in
possesso.  Il  che  testimonia  il  fatto  che  o  si  tratta  di  innovazioni  relativamente  recenti  o  vi  sono 
ordini scolastici o discipline dove è ancora ampio il ricorso a personale meno qualificato.  La  secondaria  è  sicuramente  il  settore  in  cui  il  100%  o  quasi  del  personale  è  laureato,  ma  con
qualche  eccezione:  il  22%  non  lo  è  in  Austria,  circa  il  15%  non  lo  è  nella  Repubblica  Ceca,  in
Estonia, in Slovacchia, il 28% in Svezia. Ancora più rilevante è il fenomeno a livello di primaria:
Repubblica  Ceca  13%,    Estonia  33%,  Finlandia,  Slovacchia,  Grecia  e  Ungheria  intorno  al  10%,
Svezia 18%.
Se la “laurea lunga” sta diventando il dato comune, può variare tuttavia la durata complessiva del
percorso  di  studi  successivo  alla  secondaria,  calcolando,  naturalmente,    anche  la  formazione
specifica rivolta all’insegnamento. 
Per la scuola dell’infanzia i percorsi post-secondari sono prevalentemente triennali, con l’eccezione
di Danimarca, Grecia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, alcune parti del Regno Unito e della Svezia
che hanno 4 anni, nonché della Francia che prevede 5 anni.
Per  la  primaria  ci  si  divide  tra  percorsi  quinquennali  (Repubblica  Ceca,  Finlandia,  Francia,
Germania,  Irlanda,  Slovenia,  Scozia,  Slovacchia,  Portogallo,  Svezia)  e  quadriennali  (Italia,
Inghilterra, Estonia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Ungheria, Grecia) ma non manca chi  ricorre ancora 
a percorsi triennali (Austria, Belgio, Spagna).
Per la scuola secondaria di primo grado il percorso è quasi ovunque quinquennale  (anzi in Austria e
Germania di 5 anni e mezzo, 6 e mezzo per i percorsi ginnasiali tedeschi) tranne che in Danimarca,
Grecia, Ungheria, Paesi Bassi,  Regno Unito e Svezia, dove è di 4 anni, in Belgio, dove è di 3, in
Spagna dove è di 6. Ma sta salendo a 6 anche in Italia e in Slovenia.
Lo  stesso  discorso  vale  più  o  meno  per  la  scuola  secondaria  superiore  il  cui  percorso  di
preparazione raggiunge il suo apice in Germania con 6 anni e mezzo.
Tutti questi percorsi sono oggi comprensivi di tirocinio, chi già nel percorso scolastico, chi in quello
aggiuntivo di abilitazione.  In alcuni paesi è previsto un tirocinio anche all’interno del periodo di
prova,  a  reclutamento  avvenuto:  è  il  caso    della  Grecia,  dell’Ungheria,  dell’Irlanda,  del
Lussemburgo, della Scozia e della Spagna.
Solo alcuni paesi poi prevedono una formazione in servizio obbligatoria al fine del mantenimento
dell’impiego. Essi sono il Belgio francofono, il Regno Unito, l’Estonia, la Finlandia, la Francia (ma
solo  per  la  primaria),  l’Ungheria,  il  Lussemburgo,  i  Paesi  Bassi,  nell’Unione  Europea.  Fuori
dall’Unione lo prevedono anche l’Islanda ( solo per l’obbligo), il Giappone, Israele e gli Stati Uniti.
 
Da Ecole www.ecolenet.it 17 dicembre 2012