Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Manifesto-Al Kennedy, dove la maturità è privata

Manifesto-Al Kennedy, dove la maturità è privata

Al Kennedy, dove la maturità è privata Nell'istituto paritario romano tra ex studenti delle scuole pubbliche e tanti candidati dei "centri di recupero" CINZIA GUBBINI ROMA "Questa è l'ultima!...

17/06/2004
Decrease text size Increase text size
il manifesto

Al Kennedy, dove la maturità è privata
Nell'istituto paritario romano tra ex studenti delle scuole pubbliche e tanti candidati dei "centri di recupero"
CINZIA GUBBINI
ROMA
"Questa è l'ultima!", dice Iris, abbronzatissima dietro gli occhiali scuri, a un amico che viene a prenderla fuori dalla scuola. Per lei e per la maggior parte dei ragazzi che affollano la sede della scuola paritaria Kennedy, in via del Corso a Roma, l'esame di maturità è in effetti solo l'ultimo ostacolo verso il diploma. Alle spalle, un passato scolastico travagliatissimo, di cui si può tracciare un identikit: bocciature a ripetizione nella scuola pubblica, quindi un'interruzione per pensare al da farsi, poi la decisione di recuperare qualche anno in una scuola privata (gettonatissima la formula due in uno), infine il grande appuntamento con l'esame di maturità. In una scuola paritaria, come consigliano le scuole private. "Nel centro studi dove ho recuperato gli anni sono collegati con il Kennedy", spiega Iris, che ha tentato di arrivare al diploma nel liceo francese Chateauxbriand di Roma senza riuscirci. Inutile approfondire cosa significhi "collegate", lei non lo sa e d'altronde questa le sembrava la decisione migliore: i privatisti che sostengono la maturità in una scuola pubblica sono sempre più rari. Quest'anno nella provincia saranno poco più di mille su quattromila. Il Kennedy è una scuola privata storica nella capitale, offre corsi di liceo classico, scientifico e istituto tecnico. Anch'essa, comunque, non sfugge a una serie di anomalie che sempre più spesso caratterizzano le scuole paritarie. Una per tutte: il numero dei candidati esterni, che secondo la legge sulla parità devono essere al massimo il 50% dei candidati interni. Al Kennedy - considerando soltanto i due licei - si contano 377 candidati esterni su 64 interni, secondo i dati della Cgil scuola che ogni anno monitora il numero delle commissioni nelle scuole paritarie. Il provveditorato di Roma, all'inizio dell'anno, aveva chiesto a questa come ad altre scuole di dirottare verso la pubblica i candidati in eccesso. Le paritarie hanno fatto ricorso, ottenendo la sospensiva perché le operazioni di iscrizione degli studenti si erano già concluse. La preside del liceo scientifico, Angela Piccione, nega: "la nostra è una scuola in regola, abbiamo 312 candidati esterni". Quindi più di 624 interni? Risposta secca: "Sì".

Eppure, fuori dalla scuola, a cinque ore dall'avvio della prima prova d'esame, non riusciamo a interpellare neanche uno studente interno. Se facciamo eccezione per uno, capelli chiari, occhiali da sole e un sospiro di sollievo in corpo perché "E' andata bene, ho scelto la traccia sul novecento". Studente interno sui generis - al Kennedy ha frequentato solo il quinto, dopo una sfortunata esperienza in un liceo pubblico - spiega di aver optato per la paritaria perché "Il rapporto docenti alunni è migliore, in ogni classe siamo una quindicina". Considerando - come si legge sul sito che pubblicizza la scuola - che le aule nell'edificio sono 18, dove li metterà la preside 624 ragazzi? Impossibile pensare ai doppi turni, visto che la scuola Kennedy è abbastanza costosa. Tanto che Massimo, un candidato esterno che proviene da un centro studi in cui in un anno ne ha recuperati due - dopo una doppia bocciatura in uno scientifico perché "i professori ce l'avevano con me" - spiega: "conviene la privata dove non segui le lezioni e paghi solo le idoneità".

Tra la selva di candidati esterni, ne spuntano due che arrivano addirittura da Venezia. Che a Venezia non ci siano scuole paritarie? "Non posso rispondere", dice il più eloquente, perché l'altro fa finta di non sentire le domande. "Non dico nulla" è anche la risposta tranchant alla domanda se non abbiano pagato per poter sostenere l'esame. Si spera non facciano scena muta anche all'esame orale.