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Manifesto: Bankitalia: «Alunni in fuga»

Al Sud 1 su 4 abbandona dopo le medie. Il doppio degli studenti europei Servono meno insegnanti precari e più fondi all'edilizia scolastica

27/08/2008
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il manifesto

Enrico Miele
ROMA
Bankitalia, si sa, ha una ricetta per tutto. Scuola compresa. Ma come accade sempre più spesso i «suggerimenti» dell'istituto di via Nazionale sono molto distanti dalle proposte dei ministri del Berlusconi IV. E l'istruzione non fa eccezione.
Uno studio sulla scuola targato Banca d'Italia pubblicato lo scorso 21 luglio conferma che l'abbandono scolastico rimane drammatico soprattutto al Sud, dove si registra una vera e propria fuga dei ragazzi dalla scuola. Uno studente su quattro abbandona dopo le medie, mentre a livello nazionale la media è uno su cinque.
Lo scenario più critico in Campania, Sicilia e Puglia dove la percentuale di abbandono supera il 25%. Statistiche troppo lontane dagli obiettivi di Lisbona, tanto da portare l'Italia agli ultimi posti nella Ue, dove la media di abbandono scolastico è quasi di uno studente su sette.
Una situazione causata, secondo via Nazionale, soprattutto dai troppi insegnanti precari e dagli istituti fatiscenti. Il divario tra nord e sud infatti si estende anche all'edilizia scolastica. «Nelle regioni meridionali - si legge nel testo - gli edifici impropriamente adattati a uso scolastico con impianti igienico-sanitari scadenti sono superiori a quelle del centro-nord».
Insomma, regione che vai, scuola che trovi. E il sogno di un'istruzione federalista appare già realizzato, se è vero che il Mezzogiorno «si caratterizza - secondo la ricerca - per una più elevata incidenza di giovani con scarse competenze». Nell'ennesima giornata in cui a tenere banco è il dibattito sull'introduzione della calcolatrice alle elementari o sull'adozione, anche su suolo italico, della settimana «cortissima» (con quattro giorni di scuola su sette) adottata in Francia dalla prossima settimana, la fotografia della scuola italiana è impietosa. Come se non bastasse, un altro allarme arriva dalle associazioni dei consumatori, secondo cui le famiglie italiane sborseranno il 30-40% in più rispetto allo scorso anno per i libri di scuola. Ma la politica parla d'altro. «Perché non introduciamo le pagelle per gli insegnati?» chiede alla Gelmini la deputata del Pdl, Nunzia De Girolamo. La Lega nord invece preferisce concentrarsi sugli strumenti a disposizione degli alunni, arrivando a definire la calcolatrice «un'alleata della didattica», secondo le parole della senatrice Irene Aderenti.
Nessuna proposta invece sulla bocciatura senza appello di Bankitalia, anche se rispetto al 2004 i dati emersi dallo studio segnano un miglioramento in molte regioni del paese. Ma è nella «ricetta» per uscire dalla crisi che l'istituto guidato da Mario Draghi prende nettamente le distanze dalle proposte del ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini. Lì dove il governo propone il ritorno al grembiule o il voto in condotta, la Banca d'Italia parla invece di una minore precarietà degli insegnanti come soluzione per arginare la fuga degli studenti. «Una minore percentuale di docenti a tempo determinato - secondo palazzo Koch - contribuirebbe a ridurre la dispersione scolastica, così come la presenza del tempo prolungato nella media inferiore». In pratica, insegnanti occupati a tempo indeterminato, tempo pieno e migliori infrastrutture scolastiche ridurrebbero la fuga degli alunni dalle scuole, in particolare al sud.
La Gelmini è di altro avviso. In tre anni il personale dovrà essere ridotto di 129.500 unità, di cui 87.000 docenti e 42.500 nel personale amministrativo. Tra gli effetti del decreto legge 112, anche il rischio della chiusura di numerose scuole nei piccoli comuni. Nel triennio circa 2 mila istituzioni scolastiche potrebbero sparire o essere accorpate, con l'obiettivo di riportare il numero di alunni nelle singole scuole tra i 500 e i 900. In pratica, meno insegnanti e più studenti in ogni classe. Norme anti-fannulloni che appaiono poco compatibili con le indicazioni di Bankitalia.