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Manifesto: Chi licenzia le imprese fannullone?

SPESA PER RICERCA E SVILUPPO

21/07/2009
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il manifesto

Roberto Romano
Emma Marcegaglia su Affari&Finanza di ieri ha scritto un articolo dal titolo «Alle imprese serve un piano per la ricerca». Impegnativo e pieno di buoni propositi: «La spesa in ricerca e sviluppo farebbe aumentare il tasso di crescita del pil di 0,5 o 0,75% punti...»; «l'incremento del capitale umano generato dall'istruzione/formazione migliora la produttività del lavoro e, quindi, genera sviluppo economico...». Spesso si «denuncia» il sistema-paese per la sua inadeguata spesa in ricerca e sviluppo in rapporto al pil, che è tra le più basse a livello internazionale. Ma pochi sanno che il nostro paese ha un primato unico, figlio della specializzazione produttiva divergente da quelle dei paesi europei: la spesa delle imprese italiane è più o meno allineata a pubblica, cioè l'1,1% di pil è equamente ripartito tra pubblico e privato.
Cosa succede in tutti i paesi del mondo e in particolare nei paesi che sono i nostri «competitors»? Ovunque le spese per la ricerca sono più alte di quella pubblica, mediamente del 30%.
Se la presidente Marcegaglia intende fare pressione sulle imprese è utile, ma difficilmente riuscirà nello scopo. Purtroppo la spesa in ricerca è coerente con la nostra specializzazione produttiva, nonostante il sostegno pubblico alla ricerca privata sia tra i più «ricchi» d'Europa. Infatti, la quota di export di beni e servizi ad alta tecnologia dell'Italia vale il 6,5%, contro il 14% della Germania, il 18% della Francia o il 26% della Gran Bretagna.
E sempre non a caso, solo in Italia la produzione di beni strumentali è cresciuta del 5% nel decennio 1997-2007, contro una media dei paesi UE del 45%. La Cina ha superato l'Italia nel commercio internazionale di macchine utensili. Altro che competizione fondata sui costi di produzione. L'Italia avrebbe bisogno di una rivoluzione di paradigma, ma è proprio la struttura produttiva del paese a impedirlo. Il sistema delle imprese deve investire molti più soldi della media europea per realizzare una crescita di un punto di pil. Insomma, se proprio si vuole fare qualcosa si esca dalle parole paludate tipo «occorre ricerca e innovazione», tradendo l'impossibilità di fare ricerca e sviluppo.
Come affrontiamo la sfida della conoscenza, dell'energia rinnovabile e dell'ambiente se il sistema delle imprese nazionali non ha nessuna, se non poche, competenze? Questa è la domanda a cui occorre rispondere.