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Manifesto-Come dicono "scuola" i bimbi di Martinsicuro

Come dicono "scuola" i bimbi di Martinsicuro Viaggio alla scoperta della multietnicità scolastica dei piccoli comuni italiani Nella cittadina abruzzese si lavora sodo, con successo, per risolver...

14/10/2004
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il manifesto

Come dicono "scuola" i bimbi di Martinsicuro
Viaggio alla scoperta della multietnicità scolastica dei piccoli comuni italiani
Nella cittadina abruzzese si lavora sodo, con successo, per risolvere i problemi: in pratica è un laboratorio nazionale dell'integrazione scolastica. Le famiglie straniere sono le più esigenti e partecipative. Ma il lavoro nelle aule non basta, il problema vero è l'emarginazione, non solo degli emigrati
CINZIA GUBBINI
INVIATA A MARTINSICURO
Il 15% di alunni stranieri alle scuole elementari, addirittura il 26% alle scuole materne, il 20% alle scuole medie - per una percentuale dell'11% sulla popolazione complessiva. Cinquantatrè nazionalità diverse, soprattutto tunisini, albanesi e cinesi. Ecco Martinsicuro, provincia di Teramo, a cavallo tra Abruzzo e Marche, che secondo le statistiche del ministero dell'istruzione è al secondo posto in Italia, tra i comuni medio piccoli, per presenza di bambini stranieri nelle scuole. Sarà che questo comune diventato autonomo soltanto nel `63 ha una storia che parla di confini: qui sorgeva uno dei porti più antichi, creato dai Liburni, e il suo nome deriva da un bastione, fatto erigereda Carlo V, che segnava la frontiera con lo stato pontificio. Fatto sta che negli anni `90, tanto per dare un'idea della piccola rivoluzione che ha colpito questa tranquilla località balneare, le classi della scuola elementare hanno visto raddoppiare la presenza di bambini immigrati, con un incremento molto più veloce rispetto alla media nazionale. Se si prevede che fra 10 anni nelle scuole italiane il 6% della popolazione sarà immigrata, a Martinsicuro si viaggia sulla media del 15% già da tempo.

Eppure qui la vita scorre tranquilla: nessun episodio eclatante di razzismo, nessuna fuga delle famiglie italiane dall'offerta scolastica del comune e soprattutto un corpo docente che, dalle materne alle scuole medie, getta acqua sul fuoco della "eccezionalità". "Siamo abituati da anni a non considerare più la presenza dei bambini stranieri un fatto straordinario. Per noi è la normalità", dice la direttrice della scuola elementare, Nilde Maloni, che è anche sindaco di Martinsicuro. "Certo, la prima reazione èstata la fuga. All'inizio molte famiglie hanno portato i figli a studiare altrove. Alle materne abbiamo un rapporto di un immigrato ogni tre italiani da più di dieci anni".

Niente classi speciali

Seconda fase: chiedere classi speciali, per la paura che uno straniero a scuola significhi rallentare il lavoro di tutti. Ma i genitori si sono dovuti rassegnare, tanto alle elementari che alle scuole medie la filosofia è "no alle separazioni". Aboliti persino i rientri pomeridiani per l'alfabetizzazione in italiano: "poteva sembrare un ghetto". Ma attenzione, la via della fuga è stata scelta solo da una piccola minoranza ed è sempre meno "di moda".

Qualche numero: alle scuole medie quattro anni fa furono 40 famiglie a lasciare (su circa 400 alunni), 3 anni fa 28, quest'anno 10. "So che alcuni genitori temono che nelle classi con diversi ragazzi stranieri il lavoro sia più concentrato su di loro e meno sul programma - osserva Danila Corsi, vicepreside delle scuole medie - ma la nostra esperienza di insegnanti ci dice il contrario. Diverse volte l'inserimento, anche nel corso dell'anno, di un ragazzo straniero è stato una sveglia per una classe addormentata, priva di stimoli, in cui tutti conoscono tutto di tutti". Tant'è che "è dimostrato che i nostri alunni hanno ottimi risultati alle scuole superiori".

Certo, i problemi non mancano, ad esempio nell'inserimento per classe dei ragazzi stranieri. Secondo la legge, bisogna inserirli per fasce d'età. Ma i casi vengono studiati singolarmente: "preferiamo non mettere un ragazzo o una ragazza troppo grandi in prima - spiega - caso mai, si inseriscono in seconda e poi gli si fa ripetere l'anno finché non acquisiscono una buona padronanza dell'italiano". Che si studia con gli insegnanti specializzati in italiano come seconda lingua sia durante l'ora di religione che quando ci sono diverse ore di italiano messe in fila. Cosa significhi "italiano seconda lingua" lo spiega la preside-sindaco Maloni: "Significa imparare l'italiano come noi impariamo l'inglese, non attraverso lo studio della grammatica, ma attraverso l'utilizzo di frasi inserite nel contesto quotidiano". Per aiutarsi si utilizzano dei divertentissimi vocabolari illustrati che traducono l'italiano in arabo, cinese, albanese e così via.

Ma la presenza di bambini stranieri è stato uno stimolo anche per innovare la didattica rivolta agli italiani. Da tre anni alle elementari si usa l'"apprendimento cooperativo" che consiste nel far lavorare in gruppo i bambini, sia italiani che stranieri, così da auto-aiutarsi, ognuno impiegando le proprie abilità.

E i mediatori culturali? "Li abbiamo - spiega Maloni - ma sono pochi, e i soldi sono troppo pochi per fare contratti decenti". Ecco il tasto dolente: le risorse. Un esempio per tutti: in Italia non esiste una legge ad hoc che preveda finanziamenti per l'inserimento di figure professionali dell'intercultura a scuola. Ogni inizio anno, per le scuole si tratta di comporre il puzzle delle risorse. E non è per niente divertente. Un po' di soldi vengono presi dal fondo stabilito dal contratto collettivo nazionale degli insegnanti, indirizzato al personale che lavora in aree a forte impatto migratorio. Con i soldi dell'autonomia si mettono in piedi progetti rivolti a tutti e non specificatamente ai bambini stranieri. Per il resto, un po' di soldi vengono raggranellati dai fondi dei comuni dell'unione della Val Vibrata, ritagliando uno spazio per l'integrazione scolastica nel piano sociale d'ambito. Una guerra tra poveri.

Eppure, come spiegano gli insegnanti, non si tratta tanto di avere più soldi quanto più persone: "Quel che serve - spiega Maloni - è avere figure professionali inserite nell'organico, stabilmente. Sarà pure vero che in Italia c'è un rapporto docenti insegnanti più alto che nel resto d'Europa. Ma non bisogna dimenticare che i piccoli comuni di cui è composto il nostro paese falsano la media". Comunque, c'è poco da prendersela: di avere più insegnanti non se ne parla, e nemmeno di avere più soldi. Anzi, la legge 191 del 2004 pende come una spada di Damocle sulle scuole dei piccoli comuni. E' quella che impone agli enti locali di abbassare il tetto di spesa del 10%. Alcuni progetti potrebbero venir cancellati, o essere portati avanti grazie al volontariato degli insegnanti.

Eppure le scuole di Martinsicuro potrebbero rappresentare un laboratorio nazionale. E' un microcosmo in cui è più facile accorgersi di alcune tendenze e dinamiche. Alle elementari, ad esempio, spiegano che non è più tempo di concentrarsi solo sui bambini: la prossima "sfida" delle scuole a forte impatto migratorio è rappresentata dai genitori. Ormai, infatti, alle materne e alle elementari di Martinsicuro si ha a che fare quasi esclusivamente con quelli che la maestra Domenica Lupo chiama "ragazzini italiani con genitori stranieri". Cioè gli stranieri di seconda generazione: "Sono loro i più disorientati - raccontano le maestre impegnate in questo progetto portato avanti dall'Irre delle Marche e dall'Università di Padova - per i bambini di seconda generazione la scuola ha un percorso, la loro famiglia un altro, vivono una sorta di schizofrenia culturale. Per questo vogliamo rivolgerci alle famiglie, capire la valenza del modello di genitorialità nelle diverse culture".

A differenza delle famiglie con prole appena arrivate in Italia, spiegano le maestre, chi vive in Italia da diversi anni si aspetta tantissimo dalla scuola. "Prima ci chiedevano soltanto di insegnare l'italiano ai loro figli - spiega una maestra - ora hanno delle aspettative altissime, i figli devono sapere tutto e devono imparare tutto. Per le persone di recente immigrazione, la scuola ha un ruolo soprattutto assistenziale. Chi vede il futuro dei propri figli in Italia cerca invece un intervento qualititivo. Ormai ai colloqui sono gli stranieri a venire in coppia, moglie e marito, come noi chiediamo di fare all'inizio dell'anno. Gli italiani non lo fanno quasi mai". Trovare una forma di comunicazione con i genitori, quindi, diventa centrale.

Un altro elemento fondamentale su cui molto si riflette a Martinsicuro è che la scuola, da sola, non basta. Dice il vicepreside delle elementari, Danilo Massi: "Noi vogliamo continuare a lavorare per il successo di un'integrazione possibile e sostenibile. Questo però comporta non soltanto lavorare all'interno della scuola, ma continuare a fare informazione e cultura su queste tematiche, con iniziative che non vengono gestite solo dalla scuola, ma in rete con altre istituzioni".

La scuola non basta

Non a caso l'intervento della scuola è solo un pezzo della politica martinsicurese, dove molto attivo è anche il Dipartimento delle politiche sociali. Uno sportello aperto a tutti, dove si monitorano le situazioni di disagio e si interviene - soldi permettendo - su diversi fronti: sussidi familiari, libri gratis, inserimento lavorativo. "Qui conosciamo un po' tutti: certo c'è chi si rivolge a noi più facilmente e chi preferisce tenersi i suoi problemi. Ma abbiamo una rete di `informatori' che ci segnalano le situazioni di difficoltà; e se non vengono loro, andiamo noi a bussare all'uscio".

Un problema abbastanza serio a Martinsicuro è ad esempio quello della casa. La maggior parte delle abitazioni sono in mano alle agenzie immobiliari, che affittano gli appartamenti per l'estate e viaggiano su prezzi esorbitanti. E' successo che queste abitazioni diventassero la base per lo sfruttamento della prostituzione. Un problema molto sentito da queste parti, che spesso guadagna le prime pagine dei giornali. Ed ecco che il focus dell'attenzione pian piano si sposta. Il problema è la presenza di extracomunitari, o la presenza di aree di disagio e povertà, che non hanno colori o nazioni? Qualche tempo fa la preside chiese ai genitori italiani di compilare un questionario sulla percezione degli stranieri a scuola. Fu attaccata duramente, accusata divoler far passare per "razzisti" i genitori di Martinsicuro. Rispose solo il 60% dei genitori, ma venne fuori una cosa interessante: "quello che preoccupava le famiglie non era la presenza dello straniero, ma il portato di `disagio sociale' che, secondo loro, lo straniero porta con sé". Non a caso, anche se può sembrare strano, il problema più grosso sul territorio non è con gli albanesi, né con i marocchini, ma con... i napoletani: un gruppo famigliare allargato, che abita a Martinsicuro da qualche anno. Vivono di ambulantato, alcuni hanno problemi con la giustizia alle spalle. Di loro si dice: "Sono i figli dei napoletani che stanno per strada, mica quelli degli stranieri".