Manifesto: Conoscenza in emergenza
Precari gli insegnanti precaria la scuola,
Sara Farolfi ROMA
ROMA
Margherita e Luigi camminano fianco a fianco in fondo al corteo di studenti e precari che ieri è partito dal piazzale antistante la Sapienza. Moglie e marito, lei insegnante lui disoccupato, 47 e 54 anni, e ancora li senti dire, con imbarazzato sollievo, «per fortuna che ci sono i genitori...». Margherita l'anno scorso ha insegnato dal 28 ottobre al 12 giugno, quest'anno ha una cattedra fino al 22 dicembre, nonostante 180 punti, che è come dire 12 anni di insegnamento. Fa parte del comitato degli insegnanti precari di Napoli, e si lascia andare in un lungo sfogo: «Quindici anni di insegnamento nella scuola primaria, ma non è questo il punto, è il modo, è che dopo tanti anni così ti scaricano come spazzatura, oppure ti mandano a fare il tappabuco tra una scuola e l'altra, dieci giorni da una parte e dieci da un'altra, magari lavori anche ma certo non dormi la notte e se continui a farlo è solo perchè ami il tuo lavoro...».
Precari gli insegnanti precaria la scuola, pari pari, diceva ieri il popoloso mondo della conoscenza sceso in piazza per lo sciopero generale proclamato dall'Flc Cgil (che ha registrato, secondo i dati del sindacato, il 30% di adesioni). Tagliando loro tagli lei, e il conto è facile da fare, perchè se gli alunni aumentano e i professori diminuiscono, la baracca va avanti solo comprimendo l'offerta formativa, tagliando tutto ciò che non è lezione frontale, togliendo le compresenze, aumentando il numero di alunni per classe (anche alle elementari si arriva più o meno regolarmente a 28 bambini per classe) e naturalmente diminuendo le ore di sostegno.
Il dado però è tratto, i tagli sono partiti (legge 133 del 2008) e le conseguenze sono in buona parte già sotto gli occhi di tutti. «Ma peggiorerà, in Italia la scuola pubblica andrà alla rovina», dicevano ieri tanti insegnanti. «E dire che avevamo una scuola primaria al secondo posto in Europa...», commenta appena sconsolata una maestra elementare arrivata da Termoli.
Nelle classi elementare regna il disordine, e al posto del tanto decantato maestro unico si arriva a contare fino a 10 professori. Come, ce lo spiega Marco, arrivato da Firenze con un enorme orario scolastico settimanale: ogni insegnante ha 22 ore, ma i bambini ne hanno 32 di ore, e da quando Gelmini ha abolito il «modulo», quelle dieci ore di differenza vengono 'coperte' dalle ore libere di altri insegnanti, quelle che prima erano riservate alla «compresenza». Solo che così, spiega Marco, i bambini si disorientano. E la qualità dell'insegnamento diminuisce, aggiunge Susanna. Non che alle superiori le cose vadano meglio. Ora per effetto dei tagli del taglio di cattedre e dell'espulsione di alcune decine di migliaia di precari, l'anno prossimo per effetto della riforma che Gelmini ha già pronta e che vorrebbe comprimere ulteriormente classi e materie. «Sarà un'ecatombe», raccontano Miriam e Valentina, napoletane, precarie di 36 e 40 anni, Miriam che quest'anno insegna e Valentina no. Mancano i fondi e le supplenze non vengono chiamate, «anche se si tratta di materie importanti come italiano e latino al liceo scientifico».
Insomma, la scuola avrebbe bisogno di investimenti, lo sanno tutti tranne chi, ogni anno, si adopera per l'ennesima riforma. Ma questo rischia di essere il colpo di grazia. Nell'immediato pagano i precari (che ieri sono arrivati fin sotto il ministero dell'istruzione a portare la loro protesta), nel medio lungo periodo tutti noi. «Forbice perde», recita lo slogan dell'Flc Cgil. Per tutti.