Manifesto: Costruiamo una mobilitazione
Domenico Pantaleo -Segretario generale FLC Cgil
Costruiamo una mobilitazione
Domenico Pantaleo
Il disegno di legge Gelmini contiene il tentativo di ridefinire in modo radicale l'università italiana. Mentre conferma i tagli devastanti della legge 133, punta a rifondarla con una delega la cui portata è costituzionalmente discutibile. Come Flc-Cgil riteniamo inevitabile una generalizzazione dell'iniziativa di protesta che porti a un grande sciopero generale a dicembre. Facciamo appello a tutti i movimenti per costruire un'iniziativa a favore del rilancio del sistema pubblico dell'istruzione e della ricerca, la difesa del valore del lavoro e la rivendicazione di un nuovo welfare universale. Per noi sarà una tappa importante nella mobilitazione che ci vedrà impegnati il 7 novembre in tutte le piazze d'Italia, il 14 novembre nella manifestazione contro la crisi, i licenziamenti e la precarietà, ma che non dovrà esaurirsi solo in queste date.
Il provvedimento nasce dopo una lunga gestazione che, diversamente da quanto afferma il ministro, non ha affatto coinvolto le diverse componenti dell'università. Sulla scia delle norme della 133 introduce una sorta di commissariamento finanziario degli atenei e impone un nuovo modello organizzativo che riduce pesantemente gli spazi democratici. Gli organi elettivi diventano mere appendici, mentre il potere si concentra al vertice dove siederanno, oltre ai membri provenienti dall'università, "esterni" indicati da stakeholders. Se va bene vedremo consigli di amministrazione pieni di sedie vuote o gettoni di presenza spesi inutilmente. Se va male ci troveremo di fronte all'immediata privatizzazione dell'università senza tanti complimenti (e fondazioni di facciata). In sostanza, gli spazi di autonomia delle università si riducono drasticamente, mentre si introducono elementi estemporanei di aziendalizzazione. Aggiungerei che la drastica riduzione delle risorse produrrà un forte ridimensionamento dell'università. I "prestiti d'onore", con i quali si pretende di rispondere all'"inadeguatezza" del diritto allo studio, trasformeranno i nostri studenti in consumatori indebitati, sulla scia di modelli economici che la crisi del 2008 ha distrutto alla radice. Il tutto condito da un aumento costante delle tasse universitarie. Mentre negli Stati Uniti si cerca di introdurre elementi di welfare nel nostro paese ne cancelliamo gli ultimi residui.
La parte del provvedimento più sconcertante è rappresentata dalle norme sul reclutamento che rendono istituzionale la precarietà di oggi. La figura del ricercatore a tempo determinato diventa il canale di accesso alla carriera universitaria esattamente come nella legge Moratti. Tuttavia questa forma contrattuale è solo il gotha del precariato. Accanto ad essa troviamo gli assegni di ricerca e i contratti di collaborazione per l'insegnamento che potranno essere anche a titolo gratuito. Ovviamente tutto ciò avviene senza un piano di assunzioni a tempo indeterminato, capace di dare un minimo di opportunità a chi da anni lavora nelle facoltà facendo ricerca e insegnando per pochi euro oppure gratis.
Insomma, uno schiaffo alle migliaia di precari che continuano da anni a portare avanti l'università. Pochi si vedranno offrire come unico sbocco un contratto a termine, la maggioranza verrà progressivamente espulsa con l'aggravante di non poter contare su alcuno strumento di protezione sociale e di sostegno al reddito. Si creerà poi una vera guerra tra poveri tra chi è oggi ricercatore e i precari che vorranno concorrere direttamente per i posti da professori di seconda fascia. I più giovani, invece, che avranno il coraggio di rischiare una carriera nell'università in un paese che disprezza le intelligenze, si vedranno offrire prima un percorso pluriennale di precariato come finti collaboratori (gli assegni possono arrivare fino a 10 anni), poi finalmente un bel contratto a tempo determinato di 3 o 6 anni e dopo l'opportunità di entrare in ruolo, oppure tutti a casa. Sono i precari di oggi e quelli di domani, cioè gli studenti, a dover reagire con forza e per primi a questo attacco violento contro il futuro. Ma la risposta non potrà essere confinata solo all'università. La grande manifestazione della scuola del 30 ottobre dello scorso anno e il movimento dell'Onda hanno dimostrato che è possibile parlare all'intera società se le lotte sono autentiche. Lo stesso ci dicono la protesta dei precari della scuola di questi giorni e prima di loro dei precari degli enti pubblici di ricerca contro le norme Brunetta.