Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Manifesto: Disillusi ma pure ottimisti L'agra vita dei ricercatori

Manifesto: Disillusi ma pure ottimisti L'agra vita dei ricercatori

IN FACOLTÀ Ansie e progetti dei tutor accademici

22/07/2010
Decrease text size Increase text size
il manifesto

Roberto Ciccarelli

Altro che «generazione perduta» fatta di adolescenti mai motivati da spinte profonde, facili a rassegnarsi alla precarietà esistenziale e lavorativa, depressi perché non saranno mai lavoratori a tempo indeterminato. In una delle più affollate giornate dedicate all'orientamento universitario organizzate dalla Sapienza di Roma, i giovanissimi tutor che ieri di buon mattino hanno affrontato l'assalto di migliaia di aspiranti matricole non avevano alcuna intenzione di aderire alla rappresentazione paternalistica che le scienze sociali e la classe dirigente danno della «gioventù» italiana. Impegnati a fornire ragguagli ai neo-diplomati e ai loro genitori sulla scelta della facoltà, sui test d'entrata, sui numeri chiusi e sulla protesta dei docenti e dei ricercatori contro la riforma Gelmini che sta mettendo a rischio l'inizio del prossimo anno accademico, questi ragazzi desiderano restare liberi in un paese che li odia.
«Mi aspetta un mondo bloccato, corporativo, corrotto e familistico - dice Vanessa Bilancetti, 25 anni, studentessa di Scienze Politiche - Dopo la laurea ci fanno fare solo stage non pagati, conviene fare la commessa almeno hai uno stipendio. L'università non è più una possibilità, dopo il dottorato c'è il baratro. Io, questa follia che è diventata normalità, non l'accetto». Cameriera, operatrice all'help desk dell'Alenia, borsista alla Sapienza con una paga da 8 euro l'ora per un totale di 1095 euro, attivista politica, Vanessa vuole dare vita a un progetto personale che non risponda alle regole del pubblico, né del privato. Aprire una libreria, ad esempio, lo hanno fatto alcuni suoi compagni nel quartiere San Lorenzo. «Anche il lavoro autonomo è difficile in Italia, ma è l'unica cosa che funziona».
Il desiderio di indipendenza di questa generazione si riflette nella percentuale di chi lavora al nero o da regolare durante gli studi, oltre il 70% degli iscritti. Tra questi c'è Silvia Stassi, 24 anni, che immagina per sé un futuro da guida archeologica o da operatrice didattica nei musei. Guadagna 10 euro all'ora con le ripetizioni di latino e greco per un'associazione culturale, chiede sempre la ritenuta d'acconto e non esclude di lavorare un giorno a partita Iva come archeologa. Oggi ha un contratto a progetto con la Sapienza che le permette di versare i primi contributi alla gestione separata dell'Inps dal quale però non otterrà una pensione decente. Desidera un figlio e non esclude di andare in Germania «dove almeno c'è uno stato sociale e non corri il rischio di essere licenziata quando resti incinta». I suoi genitori, laureati, vogliono che raggiunga quello che desidera, «ma io vivo da sola e non voglio chiedergli aiuto».
Cosciente di essere stata confinata dalle vecchie generazioni in uno stato di minorità per essere meglio governabile, Angela Gravinese, 24 anni e studentessa di Farmacia, vuole «fare piazza pulita di chi ha creato questo paese e per questo non ha alcuna intenzione di risolvere i suoi problemi». Fuorisede nata in Basilicata, vive sulla via Tiburtina dove paga un affitto in nero, desidera lavorare in un laboratorio di analisi da Roma in su e non pensa di fare ricerca «ormai la si fa solo all'estero». Dei suoi coetanei critica il cinismo e l'ignoranza che li spinge ad accettare ogni tipo di ricatto pensando che arriverà sempre una raccomandazione. «Dobbiamo metterci in gioco e cavarcela senza l'aiuto di nessuno. Solo così possiamo cambiare la mentalità di questo paese». Impegnata nella commissione didattica che dovrebbe rinnovare i programmi della sua facoltà, si augura che la mobilitazione di docenti e ricercatori riesca a sconfiggere il governo dove l'Onda ha fallito due anni fa. «Non basta un giorno di sciopero, bisogna bloccare l'anno accademico».
Per Erika, 19 anni, aspirante studentessa di lingue orientali, questa rabbia si esprime ancora nella forma di un presentimento. Rumena, nata a Monaco di Baviera, vive a Roma con la madre che lavora da colf e il padre che fa l'allestitore negli alberghi, entrambi emigrati dopo il crollo del regime comunista. «Il mondo del lavoro è corrotto, non si va avanti senza raccomandazioni», dice con molto realismo. Ma ha una gran voglia di realizzare ciò che desidera: «Devo costruirmi da sola e la laurea serve a questo». Alex Baris, il fidanzato che l'accompagna, fa il cantautore e ha 26 anni. Dell'università, che non ha frequentato, ha un'idea particolare: «Quando canto io cerco di raggiungere un obiettivo - dice - e così dovrebbe fare anche chi studia. È questo l'unico modo per ammazzare il tempo e non lasciare che il tempo ti ammazzi».