Manifesto: «Disponibilità», il sub-contratto che non esiste
Troppi i punti interrogativi senza risposta. Nessun euro è stato stanziato, e anche l'Unione europea quando ha saputo che i «progetti di formazione» in realtà erano ammortizzatori sociali ha storto la bocca e rimesso i soldi in tasca
Stefano Milani ROMA
ROMA
Tecnicamente si chiamano «contratti di disponibilità». Prevedono, in sintesi, l'erogazione di una indennità di disoccupazione a tutti i precari della scuola ai quali non verrà rinnovato l'incarico per il prossimo anno. In Italia una «categoria» alquanto in voga (sono in tutto 16.000) che pur di vedere l'ombra di una cattedra, anche solo per un periodo a termine, ci si accontenterebbe anche di un contratto a ribasso. I sindacati sono da tempo in pressing sul viale Trastevere, ma il ministero dopo una prima apertura si è ora defilato.
«Ci saranno», assicurano ancora ieri funzionari del Miur. Come e quando non è però dato a sapersi. Troppi i punti interrogativi senza risposta. Nessun euro è stato stanziato, e anche l'Unione europea quando ha saputo che i «progetti di formazione» in realtà erano ammortizzatori sociali ha storto la bocca e rimesso i soldi in tasca. Ma nonostante la fitta nebbia che circonda questi contratti, ben cinque regioni italiane si sono dette disponibili (anche economicamente) a supportare il piano attraverso progetti alternativi all'insegnamento su cui verrebbero impegnati i docenti. Sicilia, Sardegna, Abruzzo, Puglia e Campania su tutte, naturalmente le più colpite dalla sforbiciata di prof messa in atto dal duo ministeriale Gelmini-Tremonti.
Da parte sindacale c'è però molta cautela, anche perché al momento non è ancora chiaro se i contratti di disponibilità riguardino solo i docenti o anche il personale Ata. Il braccio di ferro è partito a giugno scorso e, giunto a settembre, non si è ancora concluso. I sindacati stanno ponendo la questione del riconoscimento giuridico del periodo coperto dall'indennità. I tecnici del Miur hanno reso noto che per risolvere il problema sarebbe necessario uno specifico provvedimento legislativo al quale «si starebbe già lavorando». E tra i due litiganti a rimanerci sotto, come sempre, sono i precari.