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Manifesto - E se tolgono il tempo pieno?

E se tolgono il tempo pieno? Piace ma da sempre è a rischio. Ora ci prova la riforma Moratti. Ma c'è chi combatte Focus su Bologna In questa città è nato il tempo pieno, un modello educativo c...

26/11/2003
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il manifesto

E se tolgono il tempo pieno?
Piace ma da sempre è a rischio. Ora ci prova la riforma Moratti. Ma c'è chi combatte
Focus su Bologna In questa città è nato il tempo pieno, un modello educativo che molti mettono in discussione. Ma la sua storia è rivoluzionaria
CINZIA GUBBINI
BOLOGNA
Sabato la scuola fa tris: in un solo giorno tre manifestazioni per difendere la scuola pubblica. Un buon segnale di vitalità mentre la riforma Moratti avanza; soprattutto quando - come a Bologna - la manifestazione nazionale nasce per iniziativa del "Coordinamento per la difesa del tempo pieno", che detta così sembra un'organizzazione con una lunga storia alle spalle ma in realtà è un gruppo nato molto "dal basso", mettendo insieme insegnanti e genitori non appena si è sparsa la voce che la riforma vuole decapitare l'esperienza del tempo pieno. Per la verità la storia c'è, ed è quella di una città come Bologna: proprio qui, infatti, nacquero le prime sperimentazioni del tempo pieno (tra il `68 e il `69) animate da personalità come quella di Bruno Ciari. Da allora il modello del tempo pieno ha subito diversiattacchi, ed è noto che al ministero dell'istruzione molti funzionari pensano sia ora di eliminarlo, per dare libero sfogo a modelli più "flessibili". Il tempo pieno, però, finora ha retto, grazie anche alla crescente domanda da parte dei genitori.

Ma è vero che la riforma Moratti cancella il tempo pieno? La questione è pelosa: lo schema di decreto approvato il 12 settembra scorso in Consiglio dei ministri - il primo sostanzioso decreto attuativo della riforma Moratti, e che oggi dovrebbe essere discusso in Conferenza stato-regioni - di fatto non cita il tempo pieno e prevede un tempo scuola di 30 ore (quella a tempo pieno è di 40). Il ministero dell'istruzione, però, giura che il tempo pieno non sarà toccato, tanto che ha diffuso uno schema di decreto commentato in cui si spiega (solo nel commento, però) che le 10 ore settimanali del tempo mensa verranno mantenute, assegnandole ai docenti. Insegnanti e genitori sentono puzza di bruciato, e chiedono che il tempo pieno venga menzionato in modo esplicito, che sia garantita la presenza degli insegnanti anche nel tempo mensa, e che sia eliminata la figura del "maestro tutor", la vera antitesi del modello del tempo pieno.

Questi sono i nodi al pettine, su cui si stanno svolgendo numerose assemblee in giro per l'Italia. L'ultima, l'altra sera a Bologna, organizzata dal V e dal XIII circolo didattico della città.

In una sala periferica di un circolo Arci si è svolto un appassionato dibattito che ha visto confrontarsi da un lato l'ispettore ministeriale Luciano Lelli, dall'altro un rappresentante del gruppo Gasp (genitori attivi per la scuola pubblica), il dottor Andrea Graffi. La riforma Moratti è stata commentata in molti dei suoi aspetti, confermando i punti maggiormente messi in discussione: la questione del dovere/diritto all'istruzione e la conseguente cancellazione dell'obbligo scolastico, la precocità della canalizzazione scolastica, l'impressione che la riforma tenda a "individualizzare" i percorsi buttandosi alle spalle una scuola di tutti e per tutti.

Il dibattito, tuttavia, è stato anche un'occasione per mettere in chiaro alcune posizioni sul tempo pieno. "Il tempo pieno non è nominato nel decreto attuativo per il semplice fatto che, con l'autonomia, spetta alle singole scuole decidere l'organizzazione interna agli istituti", ha spiegato Lelli. All'obiezione che, comunque, il ministero è tenuto a fornire dei parametri nazionali, per esempio prevedendo la possibilità di organizzare classi a quaranta ore, l'ispettore ha spiegato: "La possibilità ci sarà, lo dice il commento al decreto, che prevede anche l'istituzione del tempo mensa con finalità educative, e che quindi dovrà essere affidato agli insegnanti". Ma perché non si inserisce nell'articolato di legge? "Il ministero lo assicura, e io sono tenuto a crederci", ha risposto Lelli. Non altrettanta fedeltà all'istituzione spetta ai genitori, che hanno protestato vivamente quando è stato spiegato che "il dirigente scolastico deciderà di istituire classi a 40 o a 35 ore, in base alle esigenze", previa "contrattazione" con il provveditorato del numero di docenti necessario. E questo è già un problema assicurato, visto il continuo taglio di personale.

Ma non è soltanto una questione di soldi, bensì del modello pedagogico che trapela dalla riforma. "Il tempo pieno è un modello di insegnamento e di rapporto con i bambini - ha detto un insegnante - Quando si inserisce un `maestro tutor', beh, si torna indietro a quando un solo maestro dava un'infarinatura di tutto, senza nessun interesse per le aree disciplinari. Siamo l'unica categoria di lavoratori non gerarchizzata - ha continuato - e facciamo una fatica da cani; sarà fuori moda, ma è proprio in questo confronto tra pari che si trasmette qualcosa di implicito ai bambini". Cioè si insegna il confronto, si insegna a prendersi il proprio tempo, ad ascoltare e a dire la propria. Forse è anche per questo che insegnanti, genitori e bambini del tempo pieno sono così efficaci quando protestano. Non sarà per questo che tutti lo vogliono eliminare?