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Manifesto-Epifani, un marziano a Cl

Epifani, un marziano a Cl Il segretario della Cgil al meeting di Cl sorprende tutti. A Cisl e Uil manda a dire: l'accordo fra noi "non è scontato". Parla contro le "gabbie salariali". Vuol tass...

28/08/2004
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il manifesto

Epifani, un marziano a Cl
Il segretario della Cgil al meeting di Cl sorprende tutti. A Cisl e Uil manda a dire: l'accordo fra noi "non è scontato". Parla contro le "gabbie salariali". Vuol tassare "i patrimoni", e alla "sussidiarietà" contrappone l'"intervento pubblico"
ANDREA FABOZZI
INVIATO A RIMINI
L'estate sta finendo e Guglielmo Epifani ha avuto il tempo per meditare mosse a sorpresa. Arriva al meeting per la sua prima volta preceduto da un paio di novità. Un invito a Confindustria a riprendere il tavolo sulla competitività, quel tavolo che il segretario della Cgil aveva rumorosamente abbandonato a luglio, e insieme una disponibilità del suo sindacato a discutere sulla riforma del "sistema contrattuale". Musica per le orecchie cielline, che del "dialogo" fanno un imperativo, più ancora che un auspicio. Tanto da rischiare la confusione. Alla prova dei fatti Epifani dimostra una disponibilità a ritoccare il sistema contrattuale ma pianta più di un paletto davanti ai desideri di Montezemolo e Pezzotta. E pure l'incontro con Cl, per quanti sforzi faccia Giorgio Vittadini, e nonostante Epifani renda pubblici i suoi trascorsi nella Gioventù studentesca di don Giussani, non decolla.

Il secondo livello di Epifani

La Cgil, spiega il suo segretario, non è contraria a rafforzare il secondo livello della contrattazione. Non lo è mai stata. Perché "la difesa del lavoratore si fa in buona parte nei contratti aziendali". Ma, aggiunge subito, in un panorama come quello italiano dove abbondano le piccole imprese, il contratto di secondo livello riguarda solo il 30% dei lavoratori. Per cui senza la protezione del contratto nazionale si "condannerebbe la maggioranza". Morale: rafforzare il secondo livello si può, ma "senza indebolire il primo". E' un discreto stop alle attese confindustriali. Cui si aggiunge immediatamente un invito alla "chiarezza" rivolto a Cisl e Uil: su questo punto intese separate non sono possibili. "L'architettura del sistema si disegna in quattro". Prima si deve fare un confronto tra le organizzazioni sindacali. Gabbie salariali? Non è un mistero che a quelle tendano gli attacchi alla contrattazione nazionale. Secondo Epifani già adesso ci sono rilevanti differenze nelle retribuzioni tra diverse aree del paese. E il contratto di primo livello deve continuare a garantire innanzitutto "il reddito". "Se e quando riusciremo a definire una piattaforma sindacale unitaria, ci siederemo al tavolo con Confindustria", dice. Non è scontato: "Forse non siamo in condizione di arrivare a un'intesa tra di noi".

Non finisce qui. Epifani trova il modo di introdurre un altro tema, anche se con tutte le cautele del caso perché riconosce che "anche la parola ormai spaventa". La parola è "patrimoniale". Tassare i patrimoni: "In Italia abbiamo una ricchezza che supera di otto volte il reddito prodotto in un anno. Mi chiedo perché quando il governo va alla ricerca di nuove risorse riesce a guardare solo un ottavo della grandezza, il reddito, e per di più sempre quello dei lavoratori dipendenti". Qui Epifani trova spazio per riproporre l'analisi della Cgil sulla distribuzione del reddito. Che negli ultimi quattro anni è diventata ancor di più "ingiusta e inefficiente". Il quadro è noto e sconsolante: più poveri i lavoratori dipendenti, specie le donne, specie al mezzogiorno. Sul punto Vittadini, che non è più il presidente della Compagnia delle Opere ma dalla ridotta della Fondazione per la sussidiarietà continua a tessere la trama delle piccole imprese e del mondo economico legato a Cl, gli viene dietro.

Un auditorium mezzo vuoto

Ce l'ha con la rendita l'irruente Vittadini. Con le imprese "decotte" e con quelle assistite. Pure con i patronati, fonte di reddito per i sindacati, fatti salvi però, per amor di dialogo quelli della Cgil "che alle spalle hanno veramente i lavoratori". Più probabile che il bersaglio siano le Acli. Al di là del rapporto naturale con la Cisl, la Compagnia delle opere o almeno Vittadini e un pezzo di Cl mettono impegno nel "dialogo" con la Cgil. Ma la platea non c'è, o c'è solo in parte e servono a poco i paraventi mobili di fronte alla vastità di un auditorium mezzo vuoto. Segno che la chiamata alle masse non c'è stata, e le masse preferiscono gli stand della fiera. Niente di nemmeno lontanamente paragonabile all'appuntamento del pomeriggio, quando il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia e punta di lancia della presenza ciellina nelle gerarchie vaticane (con qualche chance, dice chi se ne intende, per il soglio di Pietro), riempirà quella e altre tre, quattro sale. Con le sue parole severe sullo "stile di vita osceno dell'occidente", la "crisi demografica", la "cultura edonistica che confonde il senso degli affetti" e la "cultura consumistica che confonde il senso del lavoro" disposte a planare su migliaia di bermuda, marsupi e deliziosi ombelichi femminili.

Divisi dalla sussidiarietà

Forse per via dei vuoti in platea, o forse solo perché "una grande forza che rappresenta un lavoratore su dieci" non si fa dettare l'agenda dal meeting, Epifani conclude con una cordiale porta in faccia. Ai ciellini che da sempre insistono sull'individuo, che mettono al primo posto l'iniziativa privata, e a Vittadini che guida una fondazione che si chiama "per la sussidiarietà", dice che quello che serve al paese, oggi, è "una nuova centralità del pubblico".

Senza troppo girarci intorno, Epifani dice che esistono "compiti, ruoli e funzioni che la sussidiarietà non è in grado di affrontare". Si tratta di una responsabilità pubblica naturalmente "non inefficiente e centralista". Ma sempre della proposta di una nuova centralità pubblica si tratta. Riguarda almeno "la politica industriale, le riforme istituzionali e la politica fiscale e redistributiva". La chiusura del sindacalista è tanto netta e inaspettata che imbarazza persino i parlamentari che in varie gradazioni, dal formigoniano di Forza Italia Maurizio Lupi ai responsabili economici di Ds e Margherita Bersani e Letta, sono sensibili alle idee e agli obiettivi di cielle. Hanno fatto un intergruppo parlamentare, egemonizzato da Fi, con l'obiettivo non originalissimo di porre rimedio al bipolarismo litigioso. Nulla di importante all'atto pratico (seppure non manchino proposte, a cominciare ovviamente dalla sussidiarietà): quel che conta è dare il segno di una disponibilità alle intenzioni cielline. Rispetto al neo statalismo della Cgil, chi ha il fianco scoperto naturalmente è Bersani, mente economica riformista. Prova a nascondere le differenze: "Anch'io penso che il ruolo del pubblico vada riformulato". Come? Sceglie bene gli aggettivi: "In modo più pertinente, efficace ed essenziale". Niente da dire: il contrario esatto dell'idea di Epifani.