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Manifesto: «Fatti e non parole: fondazioni e legge 133 devono saltare ora»

il sindacato

14/11/2008
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il manifesto

Eleonora Martini
ROMA
A cosa serve scioperare oggi? Se la legge 133 non si tocca, se la filosofia di riforma è quella descritta dalle linee guida presentate dalla ministra Gelmini ai sindacati come fossero la bibbia, se di meritocrazia ci si riempie la bocca ma ci si guarda bene anche solo dall'infastidire i baroni universitari, se nelle pieghe di un decreto legge che punta alla trasparenza dei concorsi si nascondono tagli indiscriminati che non combattono il malgoverno degli atenei ma facilitano la trasformazione in fondazioni private, se tutto ciò è vero come è vero, la risposta viene da sé. Il richiamo della sirena Mariastella Gelmini qualcuno ha sedotto, la Cisl di settore come l'Ugl e lo Snals hanno voluto farsi incantare dalle sue promesse che peraltro già ieri mattina sono state solo vuotamente rinnovate nell'incontro tra il ministro Brunetta e i presidenti degli enti di ricerca. Ma oggi Roma sarà invasa dall'Onda studentesca e dalle manifestazioni dei tanti docenti e ricercatori che alle parole preferiscono i fatti. La Federazione dei lavoratori della conoscenza della Cgil e la Uil non hanno fatto marcia indietro e oggi tenteranno di fare il bis con il record di adesioni registrate il 30 ottobre per lo sciopero della scuola. Anche Sdl intercategoriale ha aderito. E per capire se la Cisl non stia già per caso mordendosi le mani, basta sentire cosa ne pensa Francesco Scrima, il responsabile del settore scuola, che prende le distanze dai suoi colleghi spiegando che «non ha senso attribuire alla Cisl Scuola la decisione di sfilarsi da uno sciopero riguardante settori che non sono di sua diretta competenza». L'«impegno alla verifica» assunto, dunque, dalla ministra a 48 ore dallo sciopero nazionale e dalla manifestazione di oggi, non ha convinto soprattutto l'Flc-Cgil che chiede «un atto concreto che dia risposte altrettanto concrete». Che vuol dire soprattutto, come ribadisce il segretario generale Mimmo Pantaleo, «la cancellazione della legge 133 per tutte le parti riguardanti università, Afam e ricerca». «Le stesse linee guida sulle quali il Ministro si è dichiarato disponibile ad aprire un tavolo per la concretizzazione dei singoli aspetti - continua Pantaleo in una nota emessa per spiegare le sue ragioni - si muovono nel contesto della legge 133, cioè assumono come un punto fermo il taglio ai fondi delle università che impedirà a queste di assolvere il ruolo che la Costituzione assegna loro di alta formazione per tutti i cittadini». I presidenti degli enti di ricerca, dal canto loro, dopo l'incontro di ieri con Brunetta «esprimono apprezzamento per il taglio del 10% della dotazione delle piante organiche» ma non fanno altro che ribadire congiuntamente «l'esigenza di estendere per gli Enti di ricerca fino al 2012 l'utilizzazione del budget economico pieno relativo al turn over ». Il governo invece si impegna «a sostenere tale esigenza nel corso di prossimi interventi normativi», oltre a promettere l'istituzione di tavoli tecnici e interministeriali per affrontare «le problematiche delle assunzioni», «proporre iniziative volte a rilanciare il settore» e emanare «atti di indirizzo per il rinnovo contrattuale degli enti di ricerca per il biennio 2008-2009». Ancora promesse, nulla di più. La pensa così anche Alberto Civica, segretario generale di settore della Uil: «Se proprio si vuole scavare per cercare qualcosa di concreto va rilevata la disponibilità dei ministri, ma si promette di agire solo nel corso dei prossimi interventi normativi, mentre avrebbero potuto già fare qualcosa durante l'iter di conversione in legge del decreto varato dal Cdm il 6 novembre scorso. Se lo sciopero serve a far smuovere le cose, è già una buona ragione per farlo». In piazza ci saranno anche alcuni partiti e esponenti della sinistra, a cominciare da Rifondazione e dal Pdci che hanno aderito e assicurato la loro presenza. Il Pd, invece, a parte garantire la diretta tv della manifestazione su Youdem, sembra un po' distratto dalle divisioni interne a ricasco di quelle sindacali. Ma per oggi possiamo lasciarli discutere, perché a Roma i protagonisti non saranno loro.