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Manifesto/Firenze: Universitari europei contro la precarietà

Incontro con gli studenti francesi no-CPE. Rodotà: "Partiamo dalla difesa della Costituzione".Cancellare la legge 30 Molti sindacalisti Cgil al meeting di «Precariare stanca». Mussi (Ds): la nostra proposta subito sul tavolo del governo

27/04/2006
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il manifesto

ANTONIO SCIOTTO
Dopo i fatti francesi e la lotta vincente contro il Cpe, la nuova generazione europea ha preso consapevolezza di sé, a partire dal lavoro precario - vero tratto unificante in tutti i paesi del continente. Ieri un incontro interessante a Roma tra il rappresentante dell'Unef (universitari francesi) Victor Vidilles e diversi esponenti del comitato «Precariare stanca» presieduto da Stefano Rodotà, politici della sinistra Ds e sindacalisti Cgil, alcuni lavoratori e ricercatori precari. Il senso del dibattito si può riassumere in una frase ripetuta più volte: non bisogna pensare che l'attuale stato del lavoro sia immutabile, in Francia hanno dimostrato che volere è potere. Se si lotta le cose possono cambiare.
Vidilles ha ripercorso i due mesi gloriosi degli studenti e lavoratori francesi, sottolineando il fatto che la protesta si è generata soprattutto a causa del metodo autoritario scelto dal premier Villepin per imporre il Contratto di primo impiego: scavalcando il voto del parlamento, grazie a una procedura d'urgenza, e presentando il Cpe come norma di una più generale «legge di uguaglianza delle opportunità». Insomma: abbassare i diritti per dare alle imprese la possibilità di assumere, giocando sul conflitto occupati/disoccupati.
Secondo Stefano Rodotà, in Francia la mobilitazione ha avuto successo anche per la grande solidarietà offerta dagli altri cittadini: «Ricordo, qualche anno fa, lo sciopero generale dei trasporti - ha detto - La gente si organizzava con le biciclette, portava gli amici e i parenti, non stava a protestare contro gli scioperanti: in Francia c'è una forte solidarietà in casi come questi, si comprende che chi lotta lo fa per un interesse generale». L'Italia, al contrario, per Rodotà si sta involvendo velocemente verso una nuova epoca corporativista, dove ciascuno non rischia perché ha paura, e non c'è più mobilità sociale: «Basta pensare alla frase di Silvio Berlusconi sul figlio dell'operaio che non deve essere uguale a quello del professionista». Per il professore, bisogna reimpostare la solidarietà a partire dalla difesa della Costituzione, al prossimo referendum: «L'articolo 36 dice che il lavoro deve assicurare un'esistenza libera e dignitosa: i costituenti ebbero una grande saggezza nello scegliere le parole». Il no alla devolution è anche un no alla precarietà, in qualche senso.
Per Gloria Buffo (Ds) «la precarietà non è nata tutta dalla legge 30, e la lotta francese dovrebbe spingerci a riflettere sugli errori del passato». Secondo Claudio Treves (Cgil), il governo Berlusconi, sin dal tentato abbattimento dell'articolo 18, ha provato a far passare la deregulation delle garanzie come l'offerta di nuove opportunità, in un significativo parallelo con la legge delle pari opportunità francese: «Il decreto 848 bis parlava di nuove occasioni di occupazione». Aldo Amoretti (Cgil) la vede in modo diverso: «Non tutta la legge 30 è scritta male, dipende anche come fai sindacato: ha ragione, ad esempio, chi contesta l'ultimo accordo Atesia».
Paolo Nerozzi, segretario confederale Cgil, sottolinea che in Italia quella lotta sarebbe ardua, dato che metà del paese ha votato per la cultura dell'illegalità, dei condoni, per l'eliminazione delle tasse: «E c'è anche un problema generazionale: in Francia i giovani hanno trainato il sindacato, in Italia, con l'articolo 18, il processo è stato opposto». No alla politica dei due tempi, no alla centralità «economista e banchista».
Francesca Re David (Fiom) non crede nel «patto sociale» tra impresa e lavoro proposto da parte del centrosinistra, e anche del sindacato: non si possono mettere d'accordo profitto e diritti nella concertazione, si camuffa il conflitto tra interessi di classe diversi. Claudia Tagliavia, ricercatrice Isfol a termine da diversi anni, ha detto che i precari si aspettano dei «no tondi» dalla sinistra, perché la semplice «riduzione del danno» non convince più i cococò.
Daniele Giordano (universitari Udu), annunciando un «manifesto europeo contro la precarietà», ha detto che anche in Italia, come in Francia, gli studenti dovrebbero avere dei diritti riconosciuti per legge: l'autonomia materiale sostenuta dallo Stato, i diritti sindacali. Ha concluso Fabio Mussi (Ds): «La sinistra e il governo devono fare tesoro dell'esperienza francese. Dobbiamo rivedere radicalmente le leggi sul lavoro, e la proposta di iniziativa popolare "Precariare stanca" deve essere messa subito sul tavolo della nuova legislatura».