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Manifesto: Gli studenti tra la gente

«Lezioni in piazza» a Firenze per attirare l'attenzione sui rischi che corre l'università italiana. E non manca la solidarietà delle persone

17/10/2008
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il manifesto

Riccardo Chiari
FIRENZE
Regioni che vai, mobilitazioni universitarie che trovi. In Toscana sono partite molto presto rispetto al resto della penisola, già all'inizio di ottobre, in contemporanea con le prime iniziative autorganizzate dei comitati genitori-insegnanti sul fronte più strettamente scolastico. Poi si sono subito connotate per una unitarietà che ha visto insieme nella protesta gli studenti, i ricercatori, anche un certo numero di prof ordinari e associati. Tutti insieme appassionatamente, perfino con le benedizioni di sindaci come il pisano Marco Filippeschi, accorso in piazza dei Cavalieri alla prima, affollatissima, occasione di protesta. E con il Tg3 regionale che ieri ha dedicato la sua copertina alle «lezioni in piazza» che si sono svolte in 14 luoghi storici di Firenze.
L'onda universitaria in più di un caso ha travolto scogli che sembravano invalicabili, come il diritto degli studenti a poter seguire comunque quel poco di lezioni - visto il blocco delle attività deciso dai ricercatori - che potevano essere assicurate dai prof ordinari e associati. E' successo così alla facoltà fiorentina di Scienze, dove lo stesso consiglio di facoltà (guidato da un preside a fine mandato) ha deciso ufficialmente di sospendere le lezioni fino al 30 ottobre prossimo, e dopo i richiami dei vertici dell'ateneo ha sostituito alla dizione «agitazione ufficiale» della facoltà il termine più neutro di «riorganizzazione».
In altre occasioni ha invece prevalso la ben più fisiologica arrabbiatura degli studenti, ultima ruota di un carro ormai quasi da rottamare. Un pericolo che gli stessi studenti, o meglio i pochi studenti più attenti alle dinamiche universitarie (cioè quelli dei collettivi), avevano denunciato per tempo. Puntando l'indice sulla micidiale manovra a tenaglia della fine degli anni '90, con le decisioni del governo dell'epoca di dare «autonomia» agli atenei riducendo al contempo i finanziamenti ordinari, e di avviare la «riforma» universitaria del 3+2. Critiche profetiche, portate via dal vento.
Il passato è passato, il presente è oggi. A Firenze centinaia e centinaia di studenti partecipano alle «lezioni in piazza», organizzate per sensibilizzare i cittadini sul triste destino che attende l'università pubblica. Si passa da piazza San Marco a piazza della Repubblica, fino alla stazione ferroviaria di Rifredi dove, fra il rumore dei convogli in passaggio e le comunicazioni di Trenitalia sul traffico ferroviario, non sempre si riescono a cogliere la sfumature di una lezione universitaria. Ma l'importante è vedere i pendolari che si accorgono della protesta e solidarizzano con studenti e prof, così come fanno i turisti che affollano le piazze fiorentine e chiedono informazioni.
Va da sé che l'effetto è nel complesso assai suggestivo. Così come lo è stato nei giorni scorsi quello delle affollatissime iniziative pubbliche che stanno connotando l'agitazione pisana. Qui in migliaia hanno occupato piazza dei Cavalieri nella prima occasione di protesta, e in migliaia l'altro ieri hanno partecipato all'assemblea generale d'ateneo durante la quale il rettore Marco Pasquali ha rilanciato urbi et orbi l'allarme per i provvedimenti governativi che, se approvati, porteranno al collasso definitivo del sistema universitario. Di questo sistema universitario. Come a Firenze (occupati a oggi Polo scientifico di Sesto Fiorentino, dipartimento di Matematica, Sciane politiche), anche qui ci sono le occupazioni. Si segnalano soprattutto il Polo didattico Carmignani, e a seguire la facoltà di Lettere. Ma c'è soprattutto da segnalare la presa di posizione, inconsueta, degli studenti della Scuola Normale Superiore, che per la prima volta hanno fatto sentire la loro voce a sostegno delle mobilitazioni e di critica ai progetti del governo.
In ultimo ma non per ultimo Siena, dove nelle ultime ore c'è stata l'occupazione del Rettorato da parte degli studenti. Ma dove i prof hanno altre gatte da pelare, vista la recente scoperta di un buco di circa 200 milioni di euro nascosto nelle pieghe degli ultimi bilanci. Si tratta in buona parte di mancati versamenti all'Inpdap dei lavoratori dell'ateneo, circa 1.300 in una facoltà che ha circa 18mila studenti. Mentre a Firenze, dove il deficit d'ateneo è invece ascrivibile soprattutto agli «investimenti» immobiliari (fattore comune anche a Pisa e la stessa Siena), i lavoratori sono 1.600 per 60mila studenti, e a Pisa 1.500 per 50mila studenti. A prima vista altre storie. In realtà tutto si tiene, nel malinconico tramonto dell'attuale modello di università pubblica.