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Manifesto: I maestri, le maestre e la sinistra che torna a sorridere

I maestri, le maestre e la sinistra che torna a sorridere

15/02/2009
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il manifesto

Luca Fazio MILANO

Due o tre buone notizie, anzi qualcuna in più, per far contenti anche quelli che non basta una bellissima giornata di sole incartata nei cioccolatini di San Valentino per essere felici (almeno un po'). Carlo 1 e Carlo 2, i due volontari che da tre settimane si sono messi alla guida dei camper della «buona scuola», ieri pomeriggio hanno finalmente parcheggiato in piazza Duomo dopo aver raccolto migliaia di moduli di iscrizione alternativa che i genitori di Milano e provincia hanno voluto «indirizzare» al ministro Gelmini. La sua riforma ormai fa acqua da tutte le parti, tanto è vero che è stata bocciata anche dal ministero della pubblica Istruzione - sono cose che càpitano anche se non ne parla nessuno. Lo dice nero su bianco, per esempio, la relazione del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (Cnpi) in risposta al parere richiesto proprio dal ministro Gelmini il 29 dicembre 2008. «Le criticità evidenziate - si legge nelle conclusioni - compongono un quadro formativo che compromette l'efficacia dell'offerta formativa nella scuola dell'infanzia e nel primo ciclo di istruzione, lede la dignità dell'istituzione scolastica pubblica, non garantisce pari opportunità di offerta e di scelta sull'intero territorio nazionale». Insomma, Gelmini i nemici ce li ha in casa.
I bambini le circolari non le leggono perché hanno di meglio da fare, pasticciano, giocano con i clown, ballano, saltano; per i grandi che si sono raccolti intorno alle maestre e ai maestri di ReteScuole, invece, la rilassatezza di piazza Duomo è la dimostrazione che «noi quella legge non la vogliamo e non la applicheremo» e che tra amici più o meno di sinistra ogni tanto è bello incontrarsi per raccontarsela e per decidere «cosa fare». Qualcuno già pensa alla manifestazione di sabato prossimo (la Cgil ha convocato un corteo antirazzista contro il pacchetto sicurezza), altri stanno pensando di fare dell'Innse e dei suoi operai manganellati un simbolo della lotta per il lavoro e per la tutela del territorio in tempi in Expo spinto, altri ancora pensano al 28 febbraio, quando saranno i centri sociali a scendere nuovamente in piazza per rivendicare il diritto di esistere e fare cultura.
A proposito di buone notizie, ieri uno striscione nero, stiracchiato proprio di fronte al Duomo, annunciava che Milano ha un nuovo centro sociale: si chiama Conchetta, vive e festeggia al quartiere Ticinese, e, nell'attesa di capire come andrà a finire la vicenda giudiziaria che lo vede contrapposto al Comune di Milano, in queste ore si sta godendo l'imperdibile spettacolo del vicesindaco De Corato che schiuma rabbia e straparla a ruota libera per mascherare la brutta figura (pare che la questura non gradisca il fatto che Palazzo Marino abbia pubblicamente scaricato sulla polizia la responsabilità dello sgombero). «Se lo sono ripresi di notte con la fiamma ossidrica, come i rapinatori», si lamenta De Corato. E la questura tace, dopo aver lasciato via libera. Bene. Se la vedano tra di loro. Daniele Farina, portavoce del Leoncavallo, dà una sua versione del blitz improvviso di venerdì sera che ha liberato Conchetta: «Non è stata una rioccupazione, non è giusto chiamarla così. Si è trattato di un reintegro del possesso da parte della città dello spazio che era stato occupato illegalmente dal Comune di Milano». Luciano Muhlbauer, consigliere regionale Prc, confida ancora nel buon senso del Comune di Milano, almeno ci prova: «La rioccupazione è una buona notizia per Milano e costituisce una opportunità per l'amministrazione comunale per tornare sulla via del dialogo, poiché rimuove il vulnus dello sgombero del 22 gennaio scorso, i cui contorni sono tutt'ora avvolti da una fitta nebbia».
Forse non bastano il sole, una partita vinta e tutti quei cioccolatini omaggio incartati nell'ahmore per dire che la sinistra milanese sta cominciando a rimettere insieme i pezzi per reagire alla paralizzante cupezza che l'ha mezza cancellata, però mai come in questi giorni ci si sta dando da fare per dire come dice ReteScuole: «Io non ci sto». Chi ci sta? «Vogliamo che le forze politiche democratiche del nostro paese sostengano con maggior forza e coerenza le battaglie in difesa della scuola e aprano con maggiore convinzione una campagna a livello nazionale tra la gente, nelle strade, sui temi della scuola, della cultura e della ricerca». Lo scrivono genitori e insegnanti della scuola Iqbal Masil in una lettera aperta a Walter Veltroni. «Ecco, nella campagna di informazione ci sarebbe piaciuto essere in compagnia di altri. Crediamo che l'assetto democratico del paese sia così grave, da meritare un eccezionale sforzo». E chiudono: «C'è un modo infallibile per perdere una battaglia: non combatterla». Capito Walter?