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Manifesto: I rettori chiudono le porte: «Niente agenti negli atenei»

Gli studenti: «E ora picchiateci tutti»

23/10/2008
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il manifesto

Stefano Milani
ROMA
Berlusconi vuole mandare i poliziotti nelle università, convoca d'urgenza il ministro degli Interni Maroni perché passi la linea dura ma non sa, o fa finta di non sapere, che se i padroni di casa - i rettori - si oppongono, caschi blu e camionette sono obbligate a rimanere fuori dalle aule e dalle facoltà. E sarà questa la linea che i Magnifici d'Italia intendono intraprendere. Perché tutto vogliono fuorché blindare i propri atenei e alimentare così la tensione. Certo, più di qualcuno storce la bocca a sentir parlare di occupazioni o di blocco della didattica, ma di manganelli non vogliono neanche vederne l'ombra. Un secco «no» arriva dal rettore del più grande ateneo d'Europa, la Sapienza di Roma, Renato Guarini. In una lettera recapitata ai collettivi scrive tutto il suo disappunto. «La libertà di espressione e l'autonomia dell'università devono essere rispettate» e ricorda che «è tradizione nelle università europee che l'ingresso delle forze dell'ordine venga sempre autorizzato dal rettore». Lasciando a bocca asciutta il premier: «La Sapienza non ha mai ricorso ad azioni di forza e non intende farlo ora».
Dunque, porte chiuse a polizia e carabinieri a Roma, come nella stragrande degli atenei italiani. A Trieste, il rettore Francesco Peroni, non ne vede il motivo di tutto questo: «Non c'è bisogno delle forze dell'ordine. In questo momento vedo solo persone pacificamente raccolte, che vogliono discutere, riflettere ed elaborare argomenti su temi che interessano non l'Università di Trieste, non la casta universitaria, ma tutta la comunità nazionale». Sulla stessa lunghezza d'onda il prorettore dell'Università di Torino, Sergio Roda, da una parte «molto preoccupato» per i tagli previsti dal decreto Gelmini, ma dall'altra «estremamente soddisfatto» per come sta montando la protesta nel suo ateneo. «Forse per la prima volta - aggiunge - ci si ritrova tutti dalla stessa parte della barricata, studenti e mondo accademico». E le minacce di Berlusconi? «Le interpreto come una posizione difensiva, nel senso che comincia a capire che la protesta non è roba da quattro soldi».
La pensa così anche il collega di Padova, Vincenzo Milanesi, che auspica il dialogo: «Ci auguriamo che il governo non assuma atteggiamenti muscolari nei confronti dell'università, ma dia segnali di disponibilità per andare tutti insieme a parlare di cose concrete che possono ricondurre le ragioni della protesta ad un ragionamento». Colto di sorpresa dai "muscoli" del presidente del consiglio è anche il rettore dell'università dell'Aquila, Ferdinando di Orio. «Sono esterrefatto dalle sue parole», dice. E aggiunge: «Che non si voglia comprendere il significato di una protesta che interessa trasversalmente tutte le componenti accademiche, dagli studenti al personale docente, può rientrare nelle logiche del gioco democratico e delle opzioni politiche. Ma è davvero incomprensibile, e per certi versi irresponsabile, volere trasformare una civilissima e legittima mobilitazione di tutta l'università italiana in un problema di ordine pubblico».
E poi ci sono loro, gli studenti. «Berlusconi ci manda i poliziotti? Da uno come lui c'era da aspettarselo». La notizia non sconvolge più di tanto i ragazzi di Fisica della Sapienza intenti a chiudere i lucchetti nella facoltà appena occupata. «Una provocazione», dicono in molti a cui «non risponderemo». O meglio, «risponderemo continuando a fare quel che stiamo facendo». Occupazioni, manifestazioni, assemblee, lezioni all'aperto continueranno e «Berlusconi dovrà prendersi la responsabilità delle sue azioni». Per nulla intimoriti sono quelli dell'Udu, l'unione degli universitari che lanciano lo slogan: «E ora picchiateci tutti». A ribadire che si va avanti.
Ma il sasso lanciato dal cavaliere colpisce anche gli studenti di destra, in questi giorni impegnati a contestare i contestatori. Critiche, infatti, arrivano da Azione universitaria, il movimento studentesco legato ad An. Che se da un lato addita la protesta come «manovrata» e che «serve solo a rettori, presidi e baroni di turno a mantenere i loro privilegi», dall'altro «non si può accettare che venga negato il diritto di manifestare. Chi vuole protestare deve poterlo fare». Destra e sinistra per una volta uniti, solo Berlusconi poteva riuscire in questo nuovo miracolo.