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Manifesto-Il banco a pezzi

Il banco a pezzi GUGLIELMO RAGOZZINO Livia, sei anni, prima elementare, è andata a scuola, tutta contenta, il 13 settembre scorso. Livia disegna assai bene, legge un po', ma ha poca dimestichezza ...

21/09/2004
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il manifesto

Il banco a pezzi
GUGLIELMO RAGOZZINO
Livia, sei anni, prima elementare, è andata a scuola, tutta contenta, il 13 settembre scorso. Livia disegna assai bene, legge un po', ma ha poca dimestichezza con la politica. Altrimenti sarebbe rimasta perplessa di fronte alla varietà delle aperture scolastiche, dovuta a una sorta di benevolo federalismo. Per esempio avrebbe visto con allegro stupore le scuole pubbliche nella sua città, Roma, nell'intero Lazio e in altre nove regioni italiane, iniziare ufficialmente l'anno scolastico solo due giorni dopo, mercoledì 15. Ma poi come sarà andata davvero l'apertura? In ogni caso, fatta salva l'autonomia scolastica che consente a ogni scuola di scegliersi la propria particolare data, altre sei regioni capeggiate dalla Campania e dal Veneto, avevano già dato inizio alle lezioni dal 10 settembre, precedendo solo di un giorno la Lombardia, che ha dato la stura al sapere il giorno 11. Poi, Le regioni più pigre: il 16 è toccato alla Liguria, il 18 alla Puglia. Una settimana dopo, in tutta tranquillità, il 25 settembre, suonerà la fatale campanella in Calabria; finché il 26 settembre, anche la Sicilia aprirà le sue aule, salvi restando - come l'anno scorso - gli inizi reali più disparati. L'Italia è un paese piuttosto disinvolto. Le aperture scolastiche, decise a livello regionale, si disperdono ormai su un tempo abbastanza lungo, ma a far da contrappeso c'è da qualche anno l'inaugurazione presidenziale che, manco a farlo apposta, avviene proprio in un giorno trascurato da tutti gli altri.

In un'altra pagina del manifesto si parla del primo giorno nazionale, degli studenti in maglietta arancione convenuti davanti al Vittoriano imbandierato, in puro stile brezneviano. Poi c'è il discorso, elevato e lontano, del presidente Ciampi. Si parla anche della scuola romana indagata dalle forze dell'ordine, forse alla ricerca di una cellula anti-morattiana. Sorprende la scelta di suggerire il federalismo alle regioni e al tempo stesso applicare un ottuso centralismo, indagatore e, di nuovo, brezneviano.

Ma c'è dell'altro. L'inaugurazione protratta nel tempo dovrebbe insegnare qualcosa; non tanto alla piccola Livia, ma a noi che ci diamo da fare nella politica. Il centro ha ormai delegato alle regioni il calendario scolastico, una volta fatte salve le feste comandate, i duecento giorni di lezione, l'inizio degli esami di maturità, per via delle prove uguali per tutti i candidati. Poi se ne lava le mani. E viene così il tempo delle regioni che agiscono come tanti piccoli centri statali, con meno autorevolezza, ma con immutata distanza dai problemi di studenti, insegnanti, famiglie.

A decidere del presunto calendario scolastico regionale sono forze intermedie capaci di premere sulle autorità locali, politiche o di altro tipo: gli Albergatori, gli Operatori turistici, l'Industria e il Commercio, i Funzionari preposti al traffico urbano. L'inizio delle scuole ha un impatto forte sulla vita delle città e alcuni poteri vogliono regolarlo a proprio vantaggio. Ma c'è l'autonomia. Sul calendario, ogni scuola - direzione, corpo docente e non docente, famiglie più o meno presenti nel consiglio scolastico; studenti perfino - decide, semplicemente. Si scelgono i tempi e le vacanze sulla base del calendario di scuola, a partire dalle settimane bianche, amatissime a Roma, e capaci di svuotare non solo le scuole ma anche i ministeri. Poi ci sono feste, spettacoli, concerti corsi di recupero, perfino: tutto da fare, organizzare, diffondere. Si decide il rapporto della scuola con il quartiere, aprendo o non aprendo la biblioteca scolastica agli esterni (e sempre che Moratti non l'abbia ancora abolita). Tutto da imparare. In ogni scuola, nell'autonomia, si insegna questo: ad agire, dentro e nel territorio, nel bene e nel male, crescendo nella democrazia, o garantendosi il chiuso privilegio.