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Manifesto-Il buco s'allarga, il taglia-spese non basterà

Il buco s'allarga, il taglia-spese non basterà Corte dei conti contro il governo: stop a condoni e federalismo. Tagli "drastici" alle pensioni BEPPE MARCHETTI ROMA La manovra bis? Non basterà ...

26/06/2004
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il manifesto

Il buco s'allarga, il taglia-spese non basterà
Corte dei conti contro il governo: stop a condoni e federalismo. Tagli "drastici" alle pensioni
BEPPE MARCHETTI
ROMA
La manovra bis? Non basterà a tappare i buchi del bilancio pubblico. Che sono sempre più grossi: l'avanzo primario cala (2,9% del pil, era al 3,5% nel 2002), la gestione della cassa peggiora (del 10,9%, sempre in un anno). La riduzione del debito pubblico italiano, nel complesso, è poi troppo lenta. E allora quel che davvero ci vuole sono interventi strutturali: su sanità, pensioni e pubblico impiego. Il rendiconto annuale presentato ieri dalla Corte dei conti - in teoria un parere puramente tecnico, di vigilanza sulla contabilità dello stato - s'è colorato ieri come spesso accade d'attualità politica. Per il governo è l'ennesima tirata d'orecchie per i conti fuori controllo. Ma potrebbe anche rappresentare uno sprone per chi nell'esecutivo spinge per tagliare le pensioni (ci vogliono "drastici rimedi nel prossimo avvenire" secondo la prosa barocca di Vincenzo Apicella, procuratore generale della Corte). Condoni, scudo fiscale, vendita di pezzi del patrimonio immobiliare, anticipi dei versamenti d'imposta. Sembra un refrain l'elenco dei provvedimenti effimeri con cui il governo nel 2003 ha provato a coprire il buco nero del bilancio. E fa sorridere che a elencare questi stratagemmi sia il più famoso omonimo di Mariano Apicella, il cantante napoletano con cui Berlusconi ama duettare in modestissime interpretazioni delle canzoni napoletane. Ma si può star certi che il premier non avrà apprezzato il ritornello, e tanto meno il suo seguito: con misure una tantum infatti - scrive la magistratura contabile - il governo ha racimolato ben 25 miliardi di euro, il 2% del prodotto interno lordo (pil). Pil che per di più è cresciuto solo dello 0,3%, meno della media europea. Secondo Apicella anche per effetto dei crac finanziari di Cirio e Parmalat (sono stati "causa di una frazionale diminuzione dell'incremento del pil").

Insomma la Corte dei conti non nasconde le perplessità sull'azione del governo in campo economico. Ma non solo. Sul federalismo, per esempio, le parole non sono certo tenere. Va bene il decentramento, dice Apicella, ma solo con la massima prudenza, altrimenti potrebbe portare a un aumento della spesa pubblica. E questo è un richiamo che non stupisce: perché vigilare sui bilanci di uno stato unico è assai più efficace che inoltrarsi nella selva di conti regionali. Bisogna allora, per Apicella, che regioni e stato centrale individuino "gli stretti, reciproci limiti delle rispettive competenze" e limitino "il ricorso ad affidamenti esterni di servizi o attività, se non addirittura di funzioni". Ancora, il procuratore sconsiglia il taglio delle tasse, a meno che non si proceda prima a tagli consistenti e permanenti della spesa.

Ma i timori più grandi il procuratore generale li riserva alla delega sulle pensioni. Gli incentivi cui il governo pensa per spingere a rimanere al lavoro sono per Apicella di dubbia efficacia. Perché ciascuno decide di continuare a lavorare "in base a una serie di variabili". E allora delle due l'una: o si rendono "più appetibili" gli incentivi o si punta a tagli ben più drastici alle pensioni. Opzione che, par di leggere tra le righe, il procuratore preferisce.

Il deterioramento dei conti pubblici segnalato dalla Corte rappresenta, per il leader della Cgil Guglielmo Epifani, "il fallimento delle politiche di bilancio di questo governo". Concorda il responsabile diessino dell'economia Bersani. Per lui la manovra correttiva è inutile se il governo non riformerà profondamente la sua "politica economica e di finanza pubblica sin qui applicata". E avverte: se con il documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef) il governo vuole discutere di questo, "noi siamo pronti a partecipare. Temo pero che le prossime settimane finiranno con qualche decisione in meno e con qualche ministero in più".