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Manifesto: Il Convertitore della riforma impossibile

in attesa delle indicazioni ministeriali, in questi giorni migliaia e migliaia di docenti delle scuole elementari e medie, nonché illuminati dirigenti scolastici, giocano col Convertitore di Voti Numerici in Giudizi Discorsivi

08/01/2009
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il manifesto

Giuseppe Caliceti

Stiamo arrivando a fine quadrimestre. Tempo di schede di valutazione. Nuove, tanto per cambiare. Gelmini è affezionata ai voti. Dunque si è ritornato ai voti. Al momento, in effetti, c'è solo una cosa certa, della fumosa Riformaccia Gelmini: tra qualche giorno i genitori di alunni e studenti italiani si vedranno consegnare la scheda di valutazione dei loro figli con i voti numerici invece dei giudizi discorsivi. Per questo in molte italiche scuole oggi va di moda il Convertitore. Avete presente quel piccolo magico oggetto caduto subito in disuso appena dalla lira si passò all'introduzione dell'euro? Tu inserivi nella macchinetta il prezzo in lire di un paio di scarpe e lui ti restituiva prontamente il prezzo dello stesso paio di scarpe in euro! Beh, in attesa delle indicazioni ministeriali, in questi giorni migliaia e migliaia di docenti delle scuole elementari e medie, nonché illuminati dirigenti scolastici, giocano col Convertitore di Voti Numerici in Giudizi Discorsivi. Perché? Per ragione di chiarezza nei confronti dei genitori di alunni e studenti. Ma come, pensi tu. Il voto non era, per il soldatino Gelmini, la nuova panacea? Il nuovo modo per esprimersi coi genitori degli studenti e con gli studenti in modo più chiaro e diretto? E allora perché, adesso, tirar fuori questo marchingegno del Convertitore? Gli illuminati dirigenti scolastici di turno non rispondono. Filosofeggiano. Cercano di dare indicazioni alle loro maestranze visto che dal ministero non arriva una sola nota sulla questione valutazione. Alla fine i docenti finiscono col classico fai-da-te. Per te l'Ottimo a cosa corrisponde? All'8? Oppure al 9? E perché non al 10? E se l'8 significa che l'alunno ha raggiunto gli obiettivi programmati, a cosa corrisponde il 9? Dici che il nove si può tradurre con «ha raggiunto pienamente gli obiettivi programmati»? No? Perché? E dall'8 al 9 la differenza la farebbe solo quel «pienamente»? E il 10, allora?
I problemi maggiori arrivano coi voti bassi. Come sempre. Per esempio, capita di assistere a discussioni surreali sulla differenza tra un 2 o un 3. Tra un 3 e un 4. Se lo spettro dei voti in una scuola media arriva tranquillamente dal 3 al 10, alle scuole elementari si fa più fatica. Chi se la sente di dare un 1, un 2 o anche un bel 3 a un bambino di 6 anni perché magari, a 6 anni, dopo neppure 6 mesi di scuola, non ha ancora ben acquisito il concetto di numero o non ha imparato a leggere bene le sillabe ba-be-bi-bo-bu? Gli stessi illuminati dirigenti scolastici consigliano sommessamente ai docenti, sotto l'albero di Natale, di fissare dal 6 al 5 la linea che divide il Paradiso della Sufficienza da quello dell'Inferno dell'Insufficienza. Senza poi scendere troppo in particolari, però. Senza cioè andare troppo sotto il 5. Al massimo si arrivi al 4. Ma sotto no. Chiedi: perché no? Ti rispondono: perché è ancora un bambino di 6-7-8 anni. Perché magari non capirebbe. Perché magari non capirebbero i suoi genitori. Allora ti girano le palle. Scusi, perché non dice questa cosa anche al suo superiore? Finge di non capire. Gli spieghi: beh, che lo spettro di voti numerici e il suo aggancio a un giudizio discorsivo cambiano a seconda dell'età del bambino. E magari anche a seconda del bambino in questione. Magari anche della sua famiglia. Della sua nazionalità. Niente da fare, i dirigenti scolastici, specie i più giovani, specie quelli in carriera, non ci sentono. Vivono nel sacro terrore che, con gli accorpamenti dei plessi scolastici previsti, se esprimono perplessità possano rimetterci le penne anche loro: accorpando due istituti, infatti, c'è almeno un dirigente di troppo. Dunque? Si va avanti così. Nel caos sempre più assoluto. Ultimo consiglio ai docenti: comunque state larghi coi voti così abbiamo meno problemi con i genitori. Della serie: che ve ne frega della verità, tirate a campare. In fondo sono solo ragazzini.