Manifesto: Il Coordinamento convoca una manifestazione nazionale a Roma il 3 ottobre
PRECARI DELLA SCUOLA Una piattaforma in sette punti contro i tagli all'occupazione e la riduzione dell'offerta formativa
Francesco Piccioni
La data è tratta. Il Coordinamento dei precari della scuola ha ufficializzato ieri con un comunicato la decisione di convocare per il 3 ottobre, a Roma, una manifestazione nazionale contro i tagli previsti dal duo Gelmini-Tremonti. Stamattina la scelta sarà spiegata nel corso di una conferenza stampa convocata davanti al ministero dell'istruzione, nell'«accampamento» di tende che presidia da molti giorni gli uffici della «strega Gelmina». La stessa giornata è stata indicata anche dai sindacati Cobas, RdB-Cub, Sdl riuniti nel «patto di base».
Il contenuto della piattaforma è noto ormai da tempo, come anche l'elenco (e l'analisi) dei guasti che stanno devastando la scuola pubblica. Si parte dai 57.000 posti persi già quest'anno (42.000 docenti e 15.000 Ata), per arrivare ai 150.000 in tre anni che il consigliere del ministro, Giorgio Stracquadanio, preferisce calcolare come «solo l'8%» del totale. Ma questa riduzione di personale è ottenuta attraverso «ristrutturazioni» che abbassano seriamente la qualità della didattica; aumento folle del numero di alunni per classe, l'abolizione del maestro unico, l'obbligo di completamento delle cattedre a 18 ore (prima alcune ore potevano essere non di lezione, ma «a disposizione» di esigenze formative decise come offerta formativa di istituto), gli straordinari imposti (cattedre fino a 24 ore, in alcuni casi), riduzione d'orario per materie importanti come l'italiano.
Scelte di bilancio tradotte in provvedimenti che da un lato tolgono il lavoro, dall'altro riducono un diritto costituzionale a «un'istruzione pubblica di qualità». Non suona perciò troppo paradossale che i tagli al bilancio dell'istruzione pubblica vadano di pari passo con l'aumento dei finanziamenti a quella privata (direttamente gestita dalla chiesa cattolica, quasi sempre).
Le richieste vengono urlate in strada tutti i giorni: dimissioni della Gelmini, ritiro dei tagli previsti dalla legge 133 e dalla legge 169 (maestro unico), immissione in ruolo dei precari su tutti i posti vacanti, ritiro del pdl Aprea, corsi abilitanti per i docenti non abilitati in servizio, abolizione del tetto massimo di un insegnante ogni due alunni «diversamente abili».
L'emergenza precari» viene però ormai apertamente delegata dal governo alle singole regioni, che dovrebbero impegnare per i «contratti di disponibilità» una parte dei fondi europei ricevuti per «implementare» l'offerta formativa. Ne è un esempio l'azione di Roberto Formigoni, «governatore» della Lombardia, che offre un'integrazione al reddito differenziata a seconda del reddito familiare. La regione Toscana, viceversa, si è resa disponibile a partecipare a un eventuale tavolo nazionale con il governo per trovare altre soluzioni. Ma «non ci è pervenuta nessuna richiesta in merito».
Le proteste, intanto, si estendono. Stamattina aprono le scuole sarde ed è previsto un presidio davanti al palazzo della giunta regionale (la Sardegna è a statuto speciale), organizzata dalla Flc Cgil. Nell'isola il sindacato calcola 2.448 posti in meno nell'organico di diritto.
Sul tema degli ammortizzatori sociali per chi non si è visto rinnovare l'incarico annuale interviene ancora Guglielmo Epifani che li indica come sia «uno spreco di risorse». «tanto vale pagarli per il lavoro che fanno, altrimenti - oltre a doverli pagare per non lavorare - si è costretti a fare aule da 30 alunni o a ridurre il tempo pieno». Senza nemmeno dover accennare al fatto che - in piena crisi economica - un governo responsabile si preoccuperebbe di creare lavoro (magari persino stabile, anziché precario), non di licenziare chi ce l'ha.