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Manifesto-Il dialogo tentatore

Il dialogo tentatore ANDREA COLOMBO Spira un vento antico d'unità nazionale. Per non cedere al terrorismo Piero Fassino può dire forte e chiaro quel che sino a ieri non aveva il coraggio di soste...

16/04/2004
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il manifesto

Il dialogo tentatore
ANDREA COLOMBO
Spira un vento antico d'unità nazionale. Per non cedere al terrorismo Piero Fassino può dire forte e chiaro quel che sino a ieri non aveva il coraggio di sostenere apertamente: "Dopo l'assassinio di Fabrizio Quattrocchi sarebbe sbagliato dire tutti a casa". Per non piegarsi di fronte al "vile ricatto", Rutelli può urlare quel che sussurrava da giorni: "Non ritireremo le nostre truppe per l'attacco di questi assassini". Certo i leader della Lista Prodi non dicono solo questo. Oscillano tra segnali di pacificazione e critiche tanto feroci quanto giustificate al governo. La sinistra convergenza con il governo che aveva fatto la sua comparsa mercoledì in parlamento ha subìto ieri un deciso colpo di freni. Ancora una volta i Ds e la Margherita hanno dovuto constatare che, pur con le peggiori intenzioni, dialogare con questo esecutivo è missione troppo ardua persino per loro.

Ma a ostacolare il risorgere dell'unità nazionale è soprattutto una situazione complessiva che non permette grottesche ripetizioni dell'esperienza emergenziale. Il segretario del principale sindacato italiano, Guglielmo Epifani, contrappone al malinteso "senso di responsabilità" di Fassino, D'Alema e Rutelli un'argomentazione certo più vicina al cuore e all'intelligenza degli elettori del centrosinistra: "Lasciare l'Iraq non è una fuga dalle responsabilità. E' indicare una responsabilità più alta". La base dei Ds e della Margherita chiede effettivamente l'appeasement, ma non con il governo, bensì in Iraq. Sa perfettamente che la missione di pace è una di quelle barzellette che Berlusconi ama raccontare, anche se Massimo D'Alema finge di ignorare che a sparare sui civili iracheni non sono state solo le truppe di Bush ma anche quelle del suo paese.

Sono elementi che i vertici della Lista Prodi conoscono benissimo, ma che non bastano ad aver ragione delle loro resistenze. Resta, più devastante che mai, la convinzione di dover conquistare la fantomatica "opinione pubblica moderata". Resta la competizione durissima tra i partiti di una lista che è unitaria solo nel nome per ingraziarsi quella medesima area elettorale. Resta il timore perenne di venir tacciati di estremismo irresponsabile.

Presi nel fuoco incrociato di queste spinte contrastanti, i principali partiti dell'opposizione continuano a ondeggiare in balia della tempesta. Contraddetta ieri, la tentazione emergenziale rimane fortissima. Lo si è visto mercoledì a Montecitorio, quando il listone ha offerto al governo una immeritata àncora di salvezza. Grazie a quell'improvvida disponibilità al dialogo un esecutivo isolato in Europa e alle corde in casa, penalizzato in Iraq da una sconfitta politica senza precedenti, era uscito quasi trionfalmente dal dibattito della camera. In compenso un'opposizione che avrebbe potuto senza sforzo inchiodare il ministro degli esteri e il premier si spaccava platealmente, per di più con le elezioni dietro l'angolo. Un capolavoro politico che giustifica in pieno i ringraziamenti di Frattini.

E' un rischio, quello della sterzata unitaria, che solo la base sociale del centrosinistra può evitare con certezza. Facendosi sentire il più chiaramente possibile nei prossimi giorni, a partire dal 25 aprile. Ripetendo che l'unica soluzione ragionevole per uscire dal disastro iracheno è andarsene. Subito. Il resto è chiacchiera, quella sì irresponsabile.


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