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Manifesto-Il disagio giovanile cacciato dall'aula

Il disagio giovanile cacciato dall'aula La ricetta Moratti: tante S.Patrignano per "curare" i ragazzi che "non vanno" CINZIA GUBBINI "L'iniziativa italiana intende promuovere azioni per creare sin...

04/10/2003
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il manifesto

Il disagio giovanile cacciato dall'aula
La ricetta Moratti: tante S.Patrignano per "curare" i ragazzi che "non vanno"
CINZIA GUBBINI
"L'iniziativa italiana intende promuovere azioni per creare sinergie tra il mondo della scuola e le diverse forme di volontariato sociale". Lo dice chiaro il ministro dell'istruzione Letizia Moratti nel dare avvio al vertice informale che ieri si è aperto a San Patrignano per parlare di dispersione scolastica e disagio giovanile con i ministri di welfare e dell'istruzione di 24 governi europei, nell'ambito del semestre a guida italiana. E cioè che la piaga della dispersione scolastica non si risolve con l'incentivazione della scuola pubblica, ma "appaltando" il problema ai "professionisti" del disagio, meglio se volontari. Come se quel 27% di ragazzi e ragazze che abbandonano le scuole superiori - troppo per l'obiettivo siglato a Lisbona, il 10% di dispersione entro il 2010 - dovessero essere targati come fascia "deviante", quando invece sono anche la scuola e le istituzioni che dovrebbero chiedersi perché persone con storie difficili non riescono a trovare risposte adeguate nella scuola. Comunque Moratti ha spiegato che "L'Italia metterà a disposizioni tutte le energie e le risorse necessarie". E se - giustamente - mette in rilievo che lo sviluppo delle potenzialità di una persona "si raggiunge con le vie formali di apprendimento ma anche con attività diverse", non si capisce l'elenco che segue: famiglia, club giovanili, associazioni non profit, privato sociale. E la scuola? Intesa non solo come banco-libro-lavagna, ma come ambiente in grado di accogliere e comprendere le diversità di ciascuno? Qualche strumento legislativo l'Italia ce l'ha già, tutto sta a sostenerlo e implementarlo. Qualcosa il ministro la dice, come il fatto che anche i sistemi scolastici devono imparare a "valorizzare gli apprendimenti non formali", e che anche gli insegnanti devono essere formati in tal senso.

Ma la cornice scelta dal ministro per lanciare queste istanze è fin troppo chiara: la comunità di San Patrignano, che non è solo una comunità di recupero per ragazzi tossicodipendenti ma uno stile, un modo di intendere la vita e il cosiddetto "disagio". Che va cancellato, con i "mea culpa" del caso, per reintegrare la persona sulla "retta via". Fosse anche solo questione di morale e metodologie, sarebbe già grave. Ma qui è anche questione di interessi: tanti, tantissimi. Di soldi che il ministero ha già trovato il modo di stanziare (10 milioni di euro) per progetti da affidare, manco a dirlo, anche a San Patrignano per occuparsi dei giovani che ripudiano il modello della scuola, o comunque non ci si ritrovano. Di questo parla il ministro, quando dice che bisogna valorizzare e rendere fruibile "le migliori esperienze realizzate nei nostri paesi, verificare quali azioni di cooperazione possono essere attuate a livello comunitario e con quali strumenti, utilizzando le misure e i programmi comunitari già esistenti o anche prevedendo misure specifiche di sostegno".

Le nostre migliori esperienze ieri e oggi di certo a San Patrignano non hanno avuto spazio. Eppure ci sono, e continuano a fare e inventare. "Il ministro cominci a investire sulla scuola pubblica", ha rilanciato ieri la deputata ds Chiara Acciarini, auspicando che in finanziaria sia stanziato almeno un quinto di quanto previsto dal piano del consiglio dei ministri, cioè 1,6 miliardi di euro.