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Manifesto: Il governo mira a ridurre la scuola. Dirigenti in trincea

Le famiglie dappertutto chiedono più scuola, come sembrano dimostrare (ma i dati ancora non ci sono) le iscrizioni che si sono appena chiuse nelle scuole primarie. Solo che c'è chi può e chi non può

11/03/2010
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il manifesto

Cinzia Gubbini
Il governo ci prova: vorrebbe che la scuola pubblica italiana diventasse una «scuoletta». Meno ore di lezione, meno insegnanti, meno offerta formativa. Eppure, le famiglie dappertutto chiedono più scuola, come sembrano dimostrare (ma i dati ancora non ci sono) le iscrizioni che si sono appena chiuse nelle scuole primarie. Solo che c'è chi può e chi non può, come dimostra questo breve viaggi.
A Muggiò, Comune dell'hinterland di Milano, Tommaso Andreano, dirigente scolastico dell'istituto comprensivo Salvo D'Acquisto, racconta: «Quest'anno nella scuola media abbiamo ricevuto 95 iscrizioni, qualcuna di meno rispetto allo scorso anno. Alcune famiglie hanno scelto la scuola privata, dove i ragazzi possono restare fino alle 18,30. Purtroppo a causa della riduzione di orario dello scorso anno - continua il dirigente - abbiamo soltanto una classe di tempo prolungato. Mentre fino all'anno scorso tutti gli alunni potevano contare su tre pomeriggi settimanali». Tuttavia, spiega Andreano: «Tanti se ne vanno e tanti tornano: riusciamo ancora ad essere competitivi». Grazie non certo ai contributi dello Stato ma a quei 16 mila euro che ogni anno il Comune di Muggiò versa nelle casse della Salvo D'Acquisto: «Con le scuole dell'infanzia abbiamo un progetto in una fattoria del territorio e uno di piscomotricità. Nella primaria, invece, abbiamo un progetto di musica». Ma i soldi non sono tutto: «E' chiaro tuttavia che sia nell'elementare che nelle medie si va riducendo la possibilità di investire sulle ore dedicate ai laboratori, ai progetti di recupero, ai piani personalizzati. In questo modo non solo perdono i ragazzi con qualche difficoltà, ma anche le eccellenze». Parla di «amarezza» Andreano: «Lavoriamo con fatica, ma il riconoscimento è pari a zero». Andando verso Roma, alla Pistelli diretta da Brunella Maiolini, ecco un altro tentativo di tenere alta l'offerta formativa «nonostante tutto». 200 iscritti «un aumento che premia i nostri sforzi», la dirigente riuscirà a garantire quattro classi di tempo pieno nonostante la diminuzione di orario e di organici (26.500 per il prossimo anno su scala nazionale) «ma lo vorrebbero 113 famiglie, e non potremo accontentare tutti». La Pistelli è una scuola che sorge in un territorio ricco di Roma (piazza Mazzini) ed è di eccellenza: laboratori, la scuola di cinema, le attività extrascolastiche che permettono all'istituto di stare aperto fino alle 19. Ma «abbiamo fatto i salti mortali»: intanto è stato chiesto un contributo alle famiglie di 23,30 euro, la Algida ha sponsorizzato il giornalino scolastico, e quando si è trattato di rinnovare il contratto con la banca l'istituto di credito è stato scelto anche in base alla capacità di offrire sponsorizzazioni. «Ci siamo industriati - spiega Maiolini - Ma certo la preoccupazione c'è: la riduzione dell'orario scolastico porta di fatto a rendere tutto più compresso. La lezione esclusivamente frontale non permette la personalizzazione». Ma tutte queste difficoltà sembrano niente quando si sta ad ascoltare la dirigente scolastica della scuola media di Azzano, nell'hinterland di Napoli, Anna Gaudia: «Il contributo del Comune? Ma se dobbiamo inseguirlo per le riparazioni strutturali: è crollato un palo della luce e i bidelli lo hanno dovuto fissare a un albero. Abbiamo delle classi in cui secondo un certificato della Asl non potrebbero stare più di 20 alunni, e l'ufficio scolastico regionale l'anno scorso ha autorizzato soltanto la formazione di sette classi: ci sono 22-23 alunni per classe. Alcuni diversamente abili, con difficoltà motorie». Una lotta titanica: Per noi è un dramma anche la riduzione del personale Ata: l'anno scorso avevo 9 collaboratori scolastici, nel 2011 ne avrò 6. In una scuola in cui anche la sorveglianza, la possibilità di stare dietro ai ragazzi che sostano nei corridoi, è fondamentale». Azzano è il paese del libro «Io speriamo che me la cavo»: «I nostri sono ragazzi che hanno bisogno di esempi positivi, di stimoli per il futuro. Invece assistono proprio a scuola a una caduta verticale della tensione valoriale: ho 58 docenti, un terzo sono precari. Persone che vivono grandi difficoltà personali. Anche questo contribuisce a frenare il territorio». Qui il tempo prolungato non è mai esistito: «Non possiamo farlo, non abbiamo né una mensa, né una palestra». Non c'è niente. Le scuole private? «Ma qui nessuno se lo può permettere, non posso neanche chiedere un contributo volontario per le attività extra scolastiche». Eppure: «Le famiglie, anche qui, manderebbero i figli a scuola, se il pomeriggio fosse aperta». Invece «stanno in strada, e cosa c'è nelle nostre strade lo sanno tutti». Voci da una pese dimenticato. Sciopererà domani, professoressa Gaudia? «Certo che sciopero».