Manifesto: Il ministero: i 317 rilevatori? Meglio che restino interni all'Istat
Il parere della Funzione pubblica: esternalizzare pericoloso per la qualità dell'indagine sulle forze lavoro
Il parere della Funzione pubblica: esternalizzare pericoloso per la qualità dell'indagine sulle forze lavoro
Antonio Sciotto
Il destino dei 317 rilevatori cococò dell'Istat è sempre appeso a un filo: forse una svolta potrebbe arrivare con la nomina - prevista per domani - del nuovo presidente da parte del consiglio dei ministri. Luigi Biggeri, attuale capo dell'istituto di statistica, non ha mai accolto le richieste di stabilizzazione dei cococò: una via che si potrebbe attuare ampliando la pianta dell'organico. I precari si occupano di un'indagine chiave: rilevano periodicamente le forze lavoro, intervistando 300 mila nuclei familiari per cicli di 15 mesi, con 4 colloqui, di cui alcuni condotti recandosi di persona presso le famiglie.
La metà dei rilevatori è all'Istat da 7 anni, due terzi da più di 3. Negli anni si sono tentate diverse vie per risolvere il problema, e nell'ultimo mese l'Istat ha scelto di esternalizzare il servizio, cioè offrirlo in gara ai privati per i prossimi 24 mesi: questo, nonostante il ministero vigilante, la Funzione pubblica guidata da Renato Brunetta, si sia detto «perplesso» rispetto a questa scelta, preferendo piuttosto la creazione di una società interna all'Istat. La Cgil, al contrario, ha proposto l'internalizzazione diretta, cioè l'assunzione del personale nell'istituto, ampliando la pianta organica: per ovviare all'esigenza di non aumentare eccessivamente i costi, ha anche proposto di utilizzare i margini di flessibilità previsti dal contratto ricerca, con part time variabili, telelavoro e salario accessorio incentivante.
Negli ultimi anni, l'Istat si era manifestata più propensa all'ipotesi della società interna: nel 2005, così, era stata fatta una legge ad hoc per la sua costituzione (il dl 203/2005), che prevede anche l'uso di contratti subordinati per il personale. Ma l'Istat non l'ha mai costituita, e nel frattempo i precari sono stati prorogati all'infinito. Il ministro Brunetta ha deciso di prorogare l'ultima volta fino al prossimo 15 ottobre, per lasciare tempo alla creazione della società. Ma l'Istat ha deciso che la società non si farà più, perché ritenuta «poco economica» e perché tra tre anni, se si lasciassero gli operatori cococò, si ricreerebbe il problema dell'assunzione. Ha anche rimandato al mittente la proposta Cgil di internalizzare, definendola «interessante», ma spiegando che ormai non c'è più tempo per realizzarla.
Dal canto suo, il capodipartimento della Funzione pubblica, Antonio Naddeo, ha scritto all'Istat di essere «perplesso rispetto alla scelta di esternalizzazione»: sia perché si è fatta una legge ad hoc, sia perché «si deve valutare se la tipologia dell'indagine consenta di affidarla a terzi, alla luce delle norme sull'acquisizione e trattamento dei dati, in particolare quelle sulla privacy». Insomma, appare chiaro che il dicastero preferisce l'ipotesi in house: inoltre, lo stesso ministero spiega al manifesto di non essere contrario all'internalizzazione, purché sia a costo zero: basta che l'Istat - in autonomia - decida di rimettere mano alla pianta dell'organico.
Ultima «complicazione»: 220 rilevatori hanno fatto causa per l'assunzione, ma se nei prossimi 2 anni il servizio andrà all'esterno, come farà l'Istat ad assorbire centinaia di persone? Ulteriore motivo che suggerirebbe di lasciarli dentro.