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Manifesto.IL SEGRETARIO NELL'AGORA'

Sinistra: le priorità di Guglielmo Epifani Un'intervista collettiva, a tutto campo, al segretario generale della Cgil, tra i giovani dell'Unione degli studenti e dell'Unione degli universitari. Epi...

05/08/2004
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Sinistra: le priorità di Guglielmo Epifani
Un'intervista collettiva, a tutto campo, al segretario generale della Cgil, tra i giovani dell'Unione degli studenti e dell'Unione degli universitari. Epifani racconta le sue impressioni sulla Convention democratica di Boston e il nodo irrisolto di un'America troppo "chiusa su se stessa che mette in secondo piano le sofferenze del resto del mondo, pur decidendo per il resto del mondo". Sui guai di casa nostra, mette in guardia dall'illusione di considerare già sconfitto Berlusconi e incalza il centro-sinistra: "manca un'ipotesi alternativa visibile e chiara ai disastri provocati dal centro-destra, per questo insisto sulla necessità di arrivare presto alla definizione di un programma condiviso". La richiesta ai partiti d'opposizione è anche quella di "cedere una parte della loro sovranità sulla politica per aprire il confronto con la società civile, i movimenti e le organizzazioni sociali". E in questo senso la Cgil chiede ascolto: "Penso che i risultati delle ultime elezioni europee e amministrative siano anche il frutto delle nostre iniziative di questi anni". Infine, sul sindacato: "I nodi sono la struttura contrattuale e le regole democratiche. Su questo dobbiamo confrontarci fino in fondo con Cisl e Uil per cercare l'unità che i lavoratori ci chiedono".Botta e risposta tra Guglielmo Epifani e i ragazzi dell'Uds. Dall'America all'Italia. "Kerry è una speranza ma gli Usa guardano solo se stessi". "Berlusconi è in difficoltà ma non è sconfitto e il centrosinistra non propone alternative chiare"
Che si aspetta a indicare un cambio di prospettiva? C'è il rischio di perdere nuovamente. I partiti devono cedere un po' della loro sovranità sulla politica. E' in gioco la democrazia e la Cgil ne è una risorsa

GABRIELE POLO
Bush e Kerry, l'America profonda e quella "radical", la guerra e i movimenti, Berlusconi e il nostro centrosinistra; e, poi, il lavoro sotto pressione e i diritti messi all'incanto, il sindacato e la politica. Due ore e mezza a tutto campo con Guglielmo Epifani e i ragazzi dell'Unione degli studenti e dell'Unione degli universitari, immersi nel parco della Sterpaia, ex discarica recuperata al meglio e per qualche giorno ospitale guscio del campeggio estivo di Uds e Udu. Ispirandosi a Matrix l'hanno chiamato "Villaggio Zaion", luogo di un pensiero non conciliato, ancora irisolto, un po' come quei profili industriali dismessi che stanno lì a due passi, nella "ferrea" Piombino. Luogo e partecipanti permettono una discussione più libera di quanto possa essere un'intervista ufficiale, anche grazie alle domande della platea, più spregiudicate di quelle del giornalista di turno. Che però ne approfitta e prende nota. Il segretario generale della Cgil ribadisce e conferma un pensiero noto, ma anche lui si sente più libero di svariare e la cosa si fa interessante. Si parte dagli Stati uniti, dalla corsa presidenziale "che condiziona il futuro di tutto il mondo", dalle impressioni raccolte da Epifani nel suo recente viaggio a Boston per la Convention democratica. Insomma dalla sfida di Kerry a Bush. "E' una sfida essenziale - esordisce il leader sindacale - e impressionano le differenze e le analogie con la situazione italiana. Come da noi l'obiettivo prioritario è liberarsi dal governo di una destra liberista e pericolosa. Così Kerry ha l'appoggio anche delle parti più radicali della sinistra americana: al social forum di Boston tutti, dagli ex sessantottini alle femministe alla sinistra radicale, hanno convenuto sul fatto che per battere Bush bisogna votare Kerry, non Nader. Le stesse opinioni che ho raccolto negli incontri con i sindacati americani. Perché la politica di Bush viene percepita come il `male assoluto', dalla guerra alle scelte sociali, perché la stessa democrazia americana - discutibile quanto vogliamo - è in pericolo. Ho poi riscontrato una sintonia delle motivazioni che diamo noi qui all'opposizione alla guerra con quelle del social forum americano, come pure tra i sindacalisti Usa troviamo giudizi analoghi ai nostri sui disastri provocati dal liberismo sugli assetti sociali, dalla precarietà del lavoro alle privatizzazioni di scuola, servizi, sanità". Come a dire che a Bush viene imputato ciò che noi imputiamo a Berlusconi, una divisione della società tra "ricchi" e "poveri".

"Egoismo" americano

Epifani racconta come anche negli Usa, almeno in campo democratico, l'opposizione alla guerra è diventata un discrimine, però aggiunge un punto problematico, che allunga un'ombra "sull'auspicabile vittoria" di Kerry: "Il problema è che la società americana, anche nelle sue parti più progressiste, resta totalmente ripiegata su se stessa, il punto di vista che si assume per prendere qualunque decisione resta quello americano, di un'America forte, le stelle e strisce su ogni casa. Non c'è l'idea che fuori dagli Usa ci possano essere popolazioni che soffrono e persone che muoiono, questo è sempre messo in secondo piano". Cosa farà, quindi, Kerry una volta alla Casa Bianca? "Loro hanno un'identità forte, sono l'unica superpotenza esistente, hanno nelle mani il destino del globo e vivono in competizione con il resto del mondo. Così una parte minoritaria degli americani - quelli che votano - decidono anche i nostri i destini e forse lo fanno in maniera poco consapevole. Questo è il limite profondo di quella democrazia. Che condizionerà - non so fino a che punto - le scelte di Kerry anche sulla questione cruciale della guerra. Nel discorso del candidato democratico è mancata l'indicazione su come superare l'unilateralismo americano. Questo è il problema di fondo, da risolvere. Dipende dalla parte migliore della società americana, ma anche da noi, dalla nostra capacità di non far chiudere gli Usa su loro stessi".

Venendo ai guai di casa nostra, Epifani mette in guardia dal dar per spacciato Berlusconi: "Il suo successo politico ha incarnato un processo profondo - anche culturale - avvenuto negli anni `80-90, non solo in Italia, ma nel mondo: molti hanno creduto al suo aziendalismo, all'arricchitevi, e continuano a crederci, stiamo attenti a pensare che tutto questo sia superato, i blocchi sociali non si disgregano così in fretta come a volte pensiamo, i risultati delle elezioni europee sono un auspicio ma non determinano un fatto. Anche perché dall'altra parte sbaglia chi è convinto di risolvere tutto denunciando le malefatte del governo e la litigiosità della maggioranza. Per questo spesso mi arrabbio e dico che serve un programma, un'ipotesi di `mondo diverso' per raccogliere consenso e ricostruire una nostra cultura politica". Il presidente del consiglio oggi ci appare come un paradosso: ha dietro di sé una maggioranza litigiosissima eppure continua a legiferare, a stracciare la costituzione materiale del paese e si appresta a cambiare la Carta del `48, dalla legge 30 sul lavoro alle pensioni, dalla scuola al federalismo. Come si spiega? "Proprio nel momento in cui il premier sembra più in difficoltà, riesce a far passare la più iniqua e scombinata `riforma' delle pensioni, che carica su milioni di pesone tutti i costi del risanamento. E la fa passare col plauso di Fazio, del Fondo monetario della Commissione europea. E' un paradosso rafforzato dal fatto che nell'opposizioni si dicono e fanno cose diverse e contraddittorie: nello stesso giorno in cui il centro-sinistra faceva l'ostruzionismo parlamentare sulle pensioni c'era chi diceva, in quello stesso schieramento, che quella riforma ce la dovevamo tenere. Così non ci si distingue dall'avversario". Epifani chiede alla sinistra un po' di rigore: "Essere convinti della giustezza di una battaglia - contro la legge 30, sulle pensioni o sulla scuola - e comunicarlo chiaramente è un segno di serietà da trasmettere a chi ti deve votare, perché se tu dici una cosa e poi ne fai un'altra la situazione diventa adirittura imbarazzante". E affidarsi all'antiberlusconismo è il limite principale di un'opposizione che non si sa dare una propria soggettività di progetto.

I guai di casa nostra

Ma, forse, c'è anche un calcolo opportunistico nella confusione programmatica dell'opposizione: quello che dice "facciamo fare a lui tutto il lavoro sporco, poi arriviamo noi - che tanto vinciamo approfittando delle divisioni della destra - e gestione il dopo", un po' il modello inglese con Blair che ha raccolto i cocci sociali della Thatcher? "Ma - obietta Epifani - se facciamo fare a lui il lavoro sporco, non si vede perché non debba rimanere al governo. L'idea del lavoro sporco è sbagliata, perché implica che quel `lavoro' sia necessario. Invece io credo che non sia così. Sulle pensioni, ad esempio, tutti sappiamo che l'invecchiamento della popolazione pone un problema di equilibrio dei conti, ma la discrimine è come lo raggiungi. E prima di innalzare l'età pensionabile bisognerebbe risolvere il dramma dei cinquantenni che perdono il posto di lavoro e si trovano senza niente, né reddito, né pensione. In questo la sinistra ha una timidezza di fondo, sulla paura di cercare un'equa divisione dei costi sociali".

Su tutto questo Epifani è stato molto sgridato dal centro-sinistra, sia sulla sua denuncia dell'assenza di un programma alternativo al centro-destra, sia sulla sua proposta di una piccola patrimoniale sulle rendite, pur dicendo "piccola", forse per non spaventarli troppo. "Non c'era in me - risponde il segretario della Cgil - alcuna volontà polemica. Ho semplicemente detto che, guardando la realtà e i tempi che abbiamo di fronte, manca un programma di punti minimi su cui il centro-sinistra faccia una proposta per il governo del paese. Qualcuno si è offeso per questa piccola constatazione. Il risultato è che Rutelli fa un'intervista per dire che la riforma delle pensioni e la legge 30 si possono mantenere con qualche piccola correzione e a lui rispondono tredici esponenti della sua coalizione, tutti con opinioni diverse sullo stesso tema. Questa è la riprova che non ci siamo. E anche quando sento proporre le primarie... va benissimo Prodi, ma vi pare quello il problema? può esistere un candidato a prescindere da un programma? E cosa si aspetta a farlo? Non penseranno mica di affrontare tutti i nodi programmatici - con le necessarie discussioni e mediazioni - negli ultimi tre mesi? E se in quei mesi si apre un problema che fai? Noi possiamo semplicemente segnalare un nodo cruciale e, poi, quando si affronteranno le questioni di merito, vorremmo essere ascoltati, perché pensiamo che una parte degli ultimi risultati elettorali sia anche il frutto delle nostre lotte. Si trovi una sede in cui il nostro punto di vista possa essere ascoltato e contare. Spero che da settembre questo diventi l'interesse fondamentale dei partiti e dei leader, che cedano una parte della loro sovranità sulla politica, per chiamare organizzazioni sociali, società civile e movimenti a esprimere il loro punto di vista. Altrimenti può accadere una cosa che a noi sembra paradossale: che Berlusconi rivinca".

Nei tanti paradossi della vita pubblica italiana degli ultimi anni c'è anche quello di un crescente contrasto tra partiti di sinistra e Cgil, che è spesso e sempre più frequentemente stata sgridata per le sue posizioni, considerata quasi un impaccio. Come se lo spiega Epifani? "Forse c'è un po' di difficoltà in chi ci critica con tanta veemenza. Forse è il segno che noi abbiamo tante ragioni che non vengono riconosciute. Si considera un'interferenza questo ruolo autonomo e di sollecitazione, quasi fossimo un impaccio o un `concorrente'. Cosa un po' assurda, perché noi non siamo né vogliamo essere un partito. Io non credo che siamo qualcosa di meno, perché noi nel bene e nel male proviamo a governare i processi reali di questo paese".

A questo punto inizia un "fuoco di fila" dei ragazzi dell'Uds e dell'Udu: dalla scelta tra maggioritario e proporzionale alla crucialità delle lotte di Melfi, dai Co.co.co che non avranno mai una pensione a "cosa resta" del 23 marzo 2002, dalla difficoltà di unificare un mondo del lavoro parcellizzato all'accusa fatta alla Cgil di occuparsi poco di scuola e università fino a complicati rapporti con Cisl e Uil. Epifani prende nota e poi risponde, quasi d'un fiato.

Settembre cruciale

"Io continuo a pensare che il maggioritario sia preferibile al proporzionale - inizia il segretario della Cgil - anche se in assoluto il proporzionale offre una rappresentanza più democratica. Però avere due schieramenti alternativi è un bene per la democrazia e dobbiamo sforzarci di semplificare le differenze - le identità anche geografiche che sono radicate nella storia italiana - preservando le differenze dei rappresentati. Naturalmente si tratta anche di evitare che le aggregazioni politiche avvengano solo in fase pre-elettorale, per renderle più stabili e fondate sul merito. D'altra parte si può tornare al proporzionale, ma con dei meccanismi correttivi come la soglia di sbarramento. Ma questo non si è mai riusciti a fare e temo sarà difficile farlo in futuro. Il tema delle specificità rimanda anche alle difficoltà che il sindacato può avere nel rappresentare un mondo del lavoro sempre più complesso: la Cgil nasce come sindacato delle campagne, poi diventa un sindacato industriale. Oggi il panorama è più articolato, le grandi aggregazioni sui luoghi di lavoro non esistono quasi più. Crescono le grandi `fabbriche' dei servizi in cui c'è un po' di tutto. Però noi negli ultimi anni abbiamo aumentato il numero degli iscritti anche tra i lavoratori attivi, a differenza dei dissanguamenti subiti da altri grandi sindacati, come quello tedesco. Cresciamo tra i giovani, le donne, gli immigrati. Oggi rappresentiamo quasi un cittadino italiano su dieci. Siamo una forza, il problema è come usare questa forza sul terreno della contrattazione collettiva, che è quello sotto tiro dell'avversario, che vuole rendere più debole il lavoratore limitandone i diritti e, per questa via, ridurre la forza del sindacato. Soprattutto nel tentativo di estendere la conttrattazione individuale e offuscare il contratto nazionale. Noi siamo riusciti a tenere, per il futuro dovremo ritrovare regole condivise della nostra azione sul terreno contrattuale". Poi Epifani passa all'orizzonte incerto della pensione per i "nuovi lavoratori": ricorda che l'essenziale è dividere la previdenza dall'assistenza, che i prepensionamenti che hanno gonfiato la spesa hanno aggravato la situazione, che le recenti riforme del mercato del lavoro non danno soluzione a un Co.co.co, anzi. Che, insomma, sulle pensioni, c'è stata una "schizofrenia storica" che ha caricato sulla previdenza problemi altrove risolti con gli ammortizzatori sociali. Il segretario della Cgil respinge, invece, l'accusa di scarsa attenzione della sua organizzazione per i problemi della scuola e della formazione e ricorda che dopo la battaglia sull'art.18, due sono state le mobilitazioni principali del sindacato, la pace e la scuola. Mentre ammette un deficit di attenzione per l'università e promette di provare a rimediare. Le battute finali sono sul 23 marzo, Melfi e il rapporto con le altre confederazioni: "La Cgil di oggi è figlia del 23 marzo. Questo rimane, sapendo che i cicli di lotta hanno un andamento ondulatorio, che dopo quella grandissima manifestazione il problema è stato dare un governo alle lotte, per rilanciarle, per sapere come riaprire e su quali temi. Penso a Melfi, che è stata una grande vittoria di cui va dato merito a quei lavoratori, che è caduta in un momento di difficoltà della Fiat (che per la prima volta si è piegata), in cui il sindacato - la Fiom, la Cgil - ha saputo avere il coraggio di gestire il conflitto insieme ai lavoratori. Ma è stata anche una lezione per le imprese, dimostra quanto sia vero che a bassi diritti dei lavoratori corrisponda un'industria in decadenza, che competere solo sui costi è miope, che a furia di spremere le persone si perde. Anche lì con Cisl e Uil abbiamo avuto un rapporto complicato, ma poi lo abbiamo verificato sul merito insieme e grazie ai lavoratori. Con le altre due confederazioni abbiamo punti di convergenza su alcune agrandi questioni di politica economica, siamo divisi sulla democrazia, abbiamo opinioni diverse sul sistema contrattuale e una cultura diversa della rappresentanza. Però continuo a pensare che l'unità sia una pratica necessaria, perché i lavoratori ce la chiedono, che dobbiamo trovare assieme le regole democratiche per valorizzare al massimo il loro contributo e le loro intelligenze".

S'è fatto buio, altri vorrebbero interloquire con il leader della Cgil, ma l'ora è tarda. Epifani saluta tutti e corre verso le sue ferie. Aspettando settembre. E non sarà una passeggiata.