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Manifesto: «L'Istat così torna indietro»

I ricercatori contro la cessione alla Ipsos dell'indagine sulle forze lavoro L'istituto spende di più e mette a rischio la qualità della ricerca Sara Farolfi

26/09/2009
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il manifesto

ROMA
«Una pazzia», «un'assurdità», «un regalo». Rilevatori e ricercatori Istat, che ieri hanno scioperato e manifestato davanti alla sede dell'istituto, non si danno pace: l'istituto nazionale di statistica ha deciso l'esternalizzazione della rete delle forze di lavoro (che produce le statistiche sulla disoccupazione) all'Ipsos di Nando Pagnoncelli. Cococò da sette anni, ora avranno un contratto a progetto per un anno, guadagneranno 2 euro lordi in più a intervista e guardando il futuro non hanno dubbi: «Così si torna indietro».
Racconta Federica: «Nel 99 lavoravo per una ditta privata che faceva le rilevazioni sulle forze di lavoro per l'Istat. Poi l'Istat ha voluto costituire una rete sua, abbiamo fatto un anno pilota e l'esperimento ha funzionato: l'istituto nazionale spendeva meno per quella ricerca e la qualità dei dati era migliore... E ora cosa succede? Anzichè completare un esperienza riuscita, si torna alla casella iniziale?». Questo è il punto: perchè Istat ha deciso di esternalizzare a una ditta privata (accollandosi così un esborso maggiore) quello che tutti riconoscono come il suo fiore all'occhiello? Il futuro della rete di rilevazione è in ballo da tempo. Negli ultimi mesi si era parlato della costituzione di una società a capitale misto: non se ne è fatto nulla. L'Flc Cgil ha presentato una proposta per l'internazionalizzazione della rete. Una proposta che il Consiglio interno dell'istituto ha ritenuto «interessante, ma non percorribile nell'immediato per i vincoli stringenti sia in termini di risorse finanziarie e logistiche sia per quelli relativi all'inquadramento e alla forma giuridica dei contratti dei rilevatori». Così a luglio, rinnovati in extremis per due mesi i contratti dei 317 rilevatori, è stata aperta la gara d'appalto. Ha vinto l'offerta più vantaggiosa, quella di Ipsos: 59 euro a intervista (su una base d'asta di 63 euro), 41 dei quali andranno al rilevatore. I margini di guadagno per la società guidata da Pagnoncelli non saranno «scandalosi» - 15 euro a intervista calcolano i ricercatori - ma Ipsos potrà usufruire della struttura Istat (dai computer ai sistemi informatici fino ai locali veri e propri dell'istituto). E prendendo il gioiellino della statistica italiana ne guadagnerà molto in termini di prestigio. Con il paradosso che se «in genere gli investimenti si pagano, loro ci guadagnano pure qualcosa».
Esternalizzare la rete costerà circa 8 milioni di euro. «Internalizzarla sarebbe costato uguale - spiega Fabrizio Stocchi (Flc Cgil) - con il vantaggio che a quei 317 rilevatori si sarebbero potute affidare altre ricerche, altre indagini». Anche perchè il mondo scientifico sembra sempre più orientato verso le indagini faccia a faccia (come quella che fa la rete Fol) e non più telefoniche (come tutte le altre).
In gioco c'è soprattutto la qualità della ricerca. Ieri davanti alla sede dell'istituto a manifestare c'erano moltissimi ricercatori, non direttamente coinvolti dall'esternalizzazione, eppure in sciopero «per difendere la qualità della ricerca». «A rischio - spiegano - c'è la motivazione dei rilevatori, qualcosa quasi di impercettibile, di difficilmente spiegabile, ma che molto incide sulla qualità della ricerca». Citano il «tasso di proxy», quel fattore per cui la risposta ai questionari non viene fornita dai diretti interessati ma, per esempio, da familiari: «Un rilevatore motivato in genere non lo fa, e noi comunque abbiamo meccanismi di verifica sulla bontà del dato, ma se domani la ricerca risponderà a logiche di profitto, chi sarà in grado di garantirlo?». Tutto il mondo scientifico, non a caso, aveva messo in guardia dall'esternalizzazione di una funzione tanto importante. Persino il ministro Brunetta si era detto contrario. Indimenticabile poi l'attacco di Tremonti, dal palco di Confcommercio, alle statistiche sulla disoccupazione: basta fare qualche telefonata, aveva detto in sostanza il ministro. Era giugno e ne venne fuori immediatamente un appello in difesa della statistica pubblica. Domani, pensano i ricercatori, gli attacchi saranno più facili, e loro si chiedono: «Potremo difenderla ancora quella indagine?».