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Manifesto: L'università fa la Cenerentola

gli atenei e gli enti di ricerca fanno proprio la figura della Cenerentola, soprattutto rispetto al comparto scuola

03/10/2006
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il manifesto

Cinzia Gubbini
Al ministero dell'Università e della ricerca, retto dal diessino Fabio Mussi, ostentano tranquillità: «poteva andare peggio». Che ormai è il refrain di questa finanziaria. Ma a guardare bene, gli atenei e gli enti di ricerca fanno proprio la figura della Cenerentola, soprattutto rispetto al comparto scuola, nella veste per l'occasione della figlia «legittima» del governo Prodi. A loro 150 mila assunzioni di insegnanti, 20 mila precari stabilizzati, innalzamento dell'obbligo scolastico a 16 anni, pure 100 milioni in più per finanziare le paritarie (cosa che fa imbestialire sindacati e associazioni come «Scuola e costituzione»). Ma vista dal Miur, è una specie di insulto alla miseria. Nonostante le paternali del premier sulla necessità di investire sulla ricerca, di fondi ce ne sono pochi. Di due miliardi di euro parlano al ministero, ma vogliono ancora essere sicuri delle cifre esatte (oggi Mussi terrà una conferenza stampa, tabelle alla mano). Fatto sta che si tratta, più o meno, dell'accorpamento delle vecchie leggi per finanziare la ricerca, oggi unificate sotto il «First», (Fondo innovazione ricerca scientifica e tecnologica). «Ma l'importo non cambia di molto, questo è sicuro», osserva Marco Broccatti, della Cgil Flc. E poi c'è lo scotto di quei 50 milioni di euro di aumento per il fondo ordinario dell'università. Che su un totale di 5,5 miliardi di euro è come dare i soldi per comprare il gelato al nipotino. Alleanza nazionale ha già cominciato a sbraitare che Mussi deve dimettersi, perché quando con il pacchetto Bersani-Visco furono tagliati qualcosa come 200 milioni di euro (o almeno così calcolavano alcuni atenei), il ministro assicurò risorse aggiuntive in finanziaria. Pena, le dimissioni.
Sembra che Mussi si sia battuto con le unghie e con i denti, che sia tornato a minacciare le dimissioni anche durante le sfibranti riunioni per mettere a punto la finanziaria. Ed è così che ha ottenuto quelle piccole percentuali di aumento, oltre alla possibilità per gli atenei di impiegare l'80% dei finanziamenti per assumere i ricercatori (ma solo per coprire il turn over, e tolto il fabbisogno). Dunque «poteva andare peggio». «Ma comunque così non va bene per niente - rilancia ancora Broccatti della Cgil - e domani (oggi, ndr) lo diremo molto chiaramente al ministro. Anche sui tagli del 50% degli scatti di anzianità per il corpo docente non possiamo essere d'accordo, messi così. All'inizio si era parlato di un taglio per i docenti a fine carriera con stipendi molto alti, in modo da recuperare risorse per assumere i giovani. Che si poteva fare. Ma in questo modo i tagli riguardano anche i giovani, e non è chiaro per fare cosa». Insomma, toccare la scuola si può, ma con eleganza. D'altronde gode di una platea di 4 milioni di persone. I «talents» della formazione universitaria, invece, sono di meno. E pagano.