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Manifesto: «La classe? Esercizio delicato La nazionalità ultimo fattore»

L'INTERVISTA Giancarla Greto, dirigente scolastico

15/09/2009
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il manifesto

Cinzia Gubbini
ROMA
Il primo giorno di scuola è stressante per gli studenti. Ma anche per i dirigenti scolastici. Giancarla Greto, preside della scuola media Antonio Gramsci, nel quartiere Trullo di Roma, ha avuto una giornata di fuoco: discorso di presentazione per le prime classi nei due plessi della scuola, e poi di corsa verso l'istituto carcerario di Rebibbia con cui la scuola collabora per l'istruzione ai detenuti. Le polemiche di inizio anno scolastico scatenate dall'intervista al Corsera del ministro Gelmini arrivano sfocate, anche quelle sul tetto del 30% per le presenze di alunni stranieri che da queste parti però ha un'eco particolare. La scuola Gramsci, infatti, è una di quelle individuate a livello nazionale come ad alta pressione migratoria. «Ma cosa intende il ministro? - chiede Greto - Il tetto dovrebbe essere nella scuola, o nelle classi? Immagino sappia che nelle scuole italiane la media di ragazzi stranieri si aggira sul 10%. Da noi, ad esempio, l'anno scorso è stata del 14,70%. Ma credo - aggiunge Greto - che siano ben altre le cose di cui parlare quando si apre il discorso dell'educazione interculturale...».
Il ministro vuol porre un tetto alle classi.
Mi metterebbe in difficoltà. E non soltanto perché comporre una classe è un esercizio delicato. Bisogna tenere conto di molti fattori, e quello della nazionalità non è il principale. Anche perché, cosa vuol dire? I ragazzi di origine straniera hanno storie diversissime: c'è chi è nato in Italia, chi ha frequentato qui le scuole elementari, e, certo, c'è anche chi arriva il giorno prima dell'apertura della scuola e non sa una parola di italiano
E allora?
E allora le scuole si sono attrezzate da tempo. Devo dire in completa solitudine. Il primo livello è ovviamente quello dell'alfabetizzazione, si valuta il livello di ciascuno, poi si fa un lavoro quasi ad personam per ottenere un livello adeguato per cominciare l'anno scolastico. Ma questo aspetto, che forse è quello che fa più paura, è in realtà il meno complicato: i ragazzi sono malleabili, imparano la lingua velocemente, soprattutto stando a contatto con i loro pari. E' su altri livelli che la scuola di oggi deve impegnarsi. Una scuola che sì è diventata «multiculturale», ma la cui complessità è oggi determinata da molti altri elementi.
Cosa intende?
Se devo pensare alle difficoltà relazionali che ogni anno un dirigente scolastico e gli insegnanti devono affrontare non mi vengono in mente i ragazzi di origine straniera. Penso invece ai ragazzi, italiani o stranieri, che vengono da famiglie disastrate, che si sentono abbandonati e soli, oppure troppo pressati da aspettative più grandi di loro. Di fronte a questi problemi la didattica interculturale può essere addirittura un'opportunità.
Perché?
Perché bene o male ti porta a proporre progetti, a mettere in campo strumenti nuovi, a proporre un cambiamento del punto di vista, a lavorare sulle identità. Non mi piace la retorica, ma davvero se è possibile lavorare con i ragazzi stranieri allora la scuola diventa più ricca e interessante per tutti.
Ma è possibile farlo questo lavoro?
E' dura. Soprattutto a causa di uno «stile» del sistema italiano con cui è difficile fare i conti: presenti un progetto e ti rispondono dopo mesi, pretendono a quel punto una rendicontazione nel giro di trenta giorni. Spesso è tutto molto raffazzonato e sincopato, distante anni luce dal livello di professionalità che la scuola di oggi richiederebbe.
Quest'anno avete sfondato il tetto del 30%?
Sì, abbiamo una classe di tempo prolungato con il 40% di alunni stranieri.
Come mai?
Non è stata una scelta, possiamo avere solo una classe a tempo prolungato e gli stranieri ne fanno più richiesta.
Come si comporterà con questa classe?
Metteremo in campo molti progetti. Ma non perché ci sono alunni stranieri. Bensì perché credo nell'importanza dello stare a scuola e dei tempi distesi nell'insegnamento. Ma fare tutto questo è sempre più complicato. Quest'anno, in controtendenza rispetto alla media nazionale, abbiamo un aumento delle classi. Ma invece di avere un insegnante di lettere in più, alla fine in organico ne abbiamo avuto uno di meno.