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Manifesto: La Gelmini dialoga solo con se stessa

Da Pechino il premier Berlusconi dà dei «facinorosi» ai ragazzi che in questi giorni stanno manifestando contro i tagli all'istruzione e alla ricerca. Mentre il ministro sbatte la porta in faccia agli studenti: «Il decreto non si tocca»

25/10/2008
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il manifesto

Stefano Milani
ROMA
Dalla Cina con furore. E contro i «facinorosi». Aspettando la nuova smentita, Berlusconi la butta là: «In tantissime manifestazioni organizzate dall'estrema sinistra e dai centri sociali ci sono dei facinorosi» che hanno «il supporto dei giornali». «Ho letto ancora un po' di titoli di giornali...», allarga le braccia il premier. Abbiamo sentito le sue parole sull'intervento della polizia nelle scuole ed università occupate in televisione, allargano le braccia gli italiani. Ed ha già pronta una contromobilitazione per rispondere alle «falsità della sinistra». Da mercoledì scorso, dal quartier generale di Forza Italia, è arrivata una email a tutti i parlamentari del Pdl. Contenuto, due allegati: un pieghevole di otto pagine con punti salienti e ragioni della riforma, e un volantino in cui si critica l'atteggiamento dell'opposizione, utilizzato dai deputati e senatori, ciascuno nel proprio territorio di competenza elettorale, per contrastare la campagna di «disinformazione» sulla scuola.
Da Roma il ministro Gelmini ringrazia e annuncia: «Il decreto non si cambia». Alla faccia di chi le chiedeva dialogo e confronto. Alla faccia di chi prometteva aperture e tavoli di trattativa. Ieri ne erano in programma diversi a viale Trastevere con i vari rappresentanti degli studenti, durati però il tempo di un «no, grazie». Distanti, troppo distanti le parti. L'Unione degli studenti ha consegnato una lettera al ministro rifiutandosi però di sedersi al tavolo finché il decreto 137 non verrà ritirato. «La Gelmini - dice Roberto Iovino dell'Uds - ha temporeggiato e invitato nuovamente gli studenti a leggere i suoi decreti, dando ancora una volta prova di sottovalutare l'analisi del movimento studentesco e la serietà delle associazioni con le quali ha appena cominciato la consultazione». Non c'è dialogo, non c'è voglia di collaborazione, perciò: scioperi ad oltranza. Stessa storia con gli studenti dell'Udu. «Il tavolo è chiuso in quanto non è stata accolta la nostra richiesta di abrogazione degli articoli 16 e 66 della legge 133, per noi prerogativa per l'apertura del dialogo», dicono i rappresentanti dell'Unione degli universitari all'uscita da viale Trastevere.
Poi è la volta dei ricercatori, ma l'esito non cambia. «L'incontro - dice Giovanni Ricco, portavoce dell'Associazione dottorandi e dottori di ricerca, uscendo dal ministero - è durato molto poco. Questi provvedimenti liquidano la ricerca nell'università». Per aprire un minimo di dialogo col ministero i ricercatori chiedono come condizione preliminare il ritiro dei provvedimenti che stabiliscono i tagli e il blocco del turn over. Sulla stessa linea la Rete degli Studenti medi che attaccano: «Per noi l'intera riforma è solo un modo per risparmiare 8 miliardi di euro» ha detto Luca De Zolt portavoce dell'organizzazione. «Su questo il ministro non ci ha risposto». E allora si proseguirà con le proteste «e ogni scuola deciderà singolarmente se occupare. Continuerà la nostra mobilitazione, ampia, pacifica e non violenta».
Ma il ministro fa spallucce e spiega le sue ragioni. Che poi sono sempre le stesse. «Ho chiesto ai ragazzi se la scuola e l'università così come sono li soddisfino. Un'università e una scuola che non preparano al lavoro e che non consentono loro di farsi un futuro. Non è vero che in Italia si spenda poco per l'istruzione, anzi siamo tra i primi d'Europa. Il problema è che si spende male», dice. Poi sottolinea: «Bisogna cambiare». Annunciando che, una volta che il decreto sulla scuola sarà convertito (il via libera definitivo arriverà martedì prossimo dal Senato), presenterà un piano per l'università.
Il sindacato, intanto, già pensa al 30 ottobre, giorno dello sciopero generale della scuola. «La mobilitazione percorre il Paese come una grande ola e passerà per Roma, nella più grande manifestazione per la scuola - ha assicurato il leader della Flc-Cgil Mimmo Pantaleo - che la nostra memoria ricordi» e al 14 novembre quando a scendere in piazza saranno università e ricerca. Ma aspettando le due mobilitazioni studenti, docenti, genitori e ricercatori continuano la loro battaglia. Lo hanno fatto anche ieri, in tutta Italia: nelle università, nelle scuole elementari e nei licei con occupazioni, assemblee e autogestioni; con cortei che hanno mandato il traffico in tilt le città di mezzo Stivale; con sit-in davanti a Montecitorio e Palazzo Madama. Il messaggio è chiaro: l'Onda non si ferma.