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Manifesto-La porta stretta della classe

MIGRANTI La porta stretta della classe FILIPPO GENTILONI Era prevedibile che prima o poi il problema degli immigrati investisse la questione religiosa e nel luogo più delicato, la scuola. Anche ...

15/07/2004
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il manifesto

MIGRANTI
La porta stretta della classe
FILIPPO GENTILONI
Era prevedibile che prima o poi il problema degli immigrati investisse la questione religiosa e nel luogo più delicato, la scuola. Anche i problemi matrimoniali sono di difficile soluzione, ma nelle aule scolastiche il dibattito si fa più acceso. Così è avvenuto, proprio in questi giorni, aprendo questioni estremamente delicate. La scuola e i giovani: è proprio qui che i dilemmi sull'immigrazione diventano caldi e le decisioni scottanti. D'altronde gli studenti stranieri nelle nostre scuole sono già più di 200.000, e appartengono a quasi 200 nazionalità: un bel problema. I musulmani a Milano sono più di centomila.

Le recenti occasioni del dibattito sono note, da Milano a Napoli a Mazara del Vallo e probabilmente ad altre situazioni meno conosciute. Più scottante il caso di Milano, dove le autorità scolastiche volevano istituire una classe, in un istituto statale, proprio per gli alunni e le alunne musulmani: vestiti come vogliono loro, niente crocefisso, programmi italiani con qualche ora in più, se vogliono, di cultura araba. Una scelta fermata dalla ministra della pubblica istruzione, Letizia Moratti. A Napoli, invece, si propone di riconoscere nelle scuole statali, con relativa vacanza, le feste delle varie religioni (ebrei, musulmani, ecc.) . Intanto da Mazara, città abituata da tempo alla presenza tunisina, arrivano voci critiche: la separazione non contribuisce alla integrazione, tutt'altro.

I motivi a favore di queste novità rivoluzionarie e i motivi contro si rincorrono. A favore: se non si procede nella direzione di queste "concessioni" non si avrebbero che due alternative, tutte negative. O un ritorno degli studenti nelle loro patrie, allontanandoli dai loro genitori che ormai vivono in Italia, o le loro scuole private, evidentemente negative per l'integrazione (a Milano si parla già di qualche centinaio di studenti musulmani nelle loro scuole private). I tentativi in atto rappresentano l'unica soluzione "meno peggio" (come ha sottolineato autorevolmente Umberto Eco su Repubblica, insistendo sul principio importante del "male minore").

Ma la maggior parte delle reazioni è contraria, Non soltanto quelle - scontate - della Lega e dei cattolici più reazionari (alla Oriana Fallaci). Si obietta che la scuola statale ha proprio la funzione di mettere in contatto, di integrare le varie culture, religioni, classi sociali. Quale istituzione, se non proprio la scuola, può essere in grado di preparare i cittadini di domani? Probabilmente sarebbero sufficienti alcune piccole concessioni (il chador alle ragazze?) senza separazioni vere e proprie.

Il dibattito deve continuare. Niente di peggio del silenzio, come se la questione non esistesse o come se esistesse una soluzione sicura e definitiva. Senza demonizzare i tentativi, anche incerti, di mediazione. Un dibattito al quale devono prendere parte tutte le voci, soprattutto quelle interessate più direttamente: penso a quelle cattoliche e a quelle di sinistra. Finora le une e le altre sono state troppo silenziose.

Intanto sembra doverosa una riflessione sulla laicità. E' inevitabile riconoscerne la crisi. Anche se ci dispiace. Crisi perché non si è riusciti a evitare che il cattolicesimo, anche se con alcune correzioni, sia ancora di fatto religione di stato (crocefissi nelle aule, cappellani militari, insegnamento della religione cattolica nelle scuole...) . Crisi anche perché dall'immigrazione ci arrivano ondate di altre religioni, con una forte capacità aggressiva. Forse non ce lo aspettavamo, ma ora è inutile negarlo. Né basta ripetere che laicità non è laicismo, che i valori democratici sono laici. Forse di fronte a situazioni in parte nuove sarà necessaria una ulteriore riflessione sul valore della vera laicità.