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Manifesto: La Repubblica della Scienza, libera e aperta

La ricerca funziona meglio se «statale» o privata? Un equivoco ideologico (e interessato) che ignora il reale procedere della scienza, da sempre impegnata nel rendere pubblici i risultati

24/04/2006
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il manifesto

FRANCO CARLINI
E' cresciuta di molto, in quantità, l'informazione scientifica sui giornali italiani, e questo è bene. Ma la qualità? Talora difetta, anche nelle pagine più colte e pensate. Per esempio: su Nova, supplemento di Scienza, Tecnologia e Innovazione del Sole 24 ore, l'americano Craig Venter è stato di recente presentato come uno di quegli scienziati che hanno cambiato il paradigma dominante, e dunque come un vero rivoluzionario, al pari di Einstein, niente di meno.
Nelle parole del giornalista, Guido Romeo, Venter, nei primi anni '90, avrebbe proposto un metodo innovativo per sequenziare il genoma umano, ma «James Watson, Nobel per la scoperta della doppia elica nel 1954, liquidò il progetto come 'degno di un branco di scimmie». Sempre secondo Nova, Venter non si diede per vinto. «Si lanciò nella corsa al genoma come unico privato ...Nel 2001 scrisse il suo nome accanto a quello di Francis Collins ...». Questa narrazione contiene errori di fatto, omissioni e un po' di ingenua ideologia e sarebbe un ottimo caso di studio, in negativo, per le scuole di giornalismo scientifico.
Errori di fatto: 1) la scoperta della struttura a doppia elica del Dna è del 1953. 2) La frase di Watson, relativa al branco di scimmie, venne detta in polemica con la richiesta di Venter di brevettare dei pezzi di geni di cui le sue macchine automatiche avevano rivelato la sequenza, senza nemmeno sapere che a che geni appartenessero e a cosa servissero. Watson dunque non polemizzava solo con il metodo Venter (che poi avrebbe ispirato Jurassic Park di Crichton) ma soprattutto con l'idea di brevettare la vita e con quella che i beni intellettuali potessero essere prodotti da dei computer. «Appena l'ho sentito sono caduto dalla seggiola ... con l'avvento delle macchine automatiche anche una scimmia potrebbe fare quello che il gruppo di Venter fa.
Quello che importa è interpretare la sequenza. Se questi bit sparsi di informazione fossero brevettati, rimarrei inorridito». Comunque i National Institutes of Health, per i quali Venter lavorava, rifiutarono la richiesta e allora Venter si mise in proprio, fondando un'azienda privata, la Celera Genomics.
Omissioni: Venter effettivamente riuscì a correre molto con il suo sistema di sequenziamento automatico, ma per mettere insieme i pezzi dovette fare ricorso ai risultati che il consorzio pubblico Hgp ( Human Genome Project) rendeva disponibili giorno dopo giorno, nello spirito autentico della ricerca di base.
A voler essere non polemici, si può sostenere che due metodi di ricerca si integrarono felicemente, producendo infine la mappa. A voler essere critici, si può dire invece che Venter da solo non ce l'avrebbe mai fatta, che si mosse come parassita sui dati pubblici, mentre teneva nascosti i suoi, e che la sua vera genialità si espresse soprattutto nei comunicati stampa con i quali annunciava i suoi progressi, ottenendo all'istante dei simpatici balzi all'insù delle sue azioni.
L'ideologia, tipica di un giornale confindustriale, sta nel suggerire che il coraggioso scienziato privato può fare ricerca come e meglio della delle «centinaia di laboratori, finanziati dai governi di tutto il mondo» e per di più sviluppare un sano business.
Come abbiamo accennato, le cose non andarono così. Tra l'altro a finanziare il progetto Hgp non c'erano solo alcuni governi (Usa, Inghilterra, Francia, Cina, Giappone), ma anche, con un peso rilevante, il Wellcome
Trust, organizzazione inglese non profit.
La conclusione ufficiale del progetto venne celebrata congiuntamente da Clinton e Blair il 26 giugno 2000. Fu un evento assai simbolico che voleva festeggiare il nuovo millennio con una grande conquista scientifica. Ma fu anche una sorta di costruzione diplomatica del racconto da tramandare ai posteri. Dunque c'erano i due paesi e i due avversari: Francis Collins, alla guida del progetto pubblico, e Craig Venter, il sequenziatore privato, si presentarono apparentemente riconciliati. In realtà in quell'occasione, e almeno provvisoriamente, la vittoria politica andò all'idea di ricerca pubblica, se i due presidenti dichiararono solennemente che la vita non andava brevettata. Naturalmente dopo di allora i brevetti sui geni hanno continuato a essere rilasciati, ma questa è altra e penosa storia.
Un altro caso di costruzione ufficiale della storia della ricerca era stato quello della scoperta del virus Hiv, responsabile dell'Aids. Anche in quel caso due presidenti, Mitterand e Reagan, nel 1986 misero la parola fine ufficiale a una questione che toccherà agli storici della scienza indagare come si deve: la prima scoperta fu del francese Luc Montagnier o dell'americano Robert Gallo? Nell'occasione la diplomazia li decretò co-scopritori,
Conflitti di primogenitura a parte - che tra gli scienziati ci sono sempre stati - la recente storia del genoma umano dimostra la superiorità della cosiddetta Repubblica della Scienza (un'espressione questa di Karl Polanyi) rispetto ad altri modelli di produzione e diffusione delle idee. L'importante in questo caso non è tanto chi finanzia la ricerca fondamentale, se lo stato o le aziende: per esempio la radiazione cosmica dell'universo, residuo del Big Bang, venne scoperta nei leggendari Bell Laboratories del monopolista telefonico privato At&t. Quello che conta è la libertà di scegliere i temi di ricerca e la piena messa in pubblico («pubblicazione», appunto) dei risultati, sia positivi che negativi, perché altri possano controllarli e criticarli e perché tutti possano usufruirne. Con mille fatiche questo modello tuttora regge nella ricerca e si è persino assistito a un suo rilancio in avanti da parte della comunità scientifica, proprio in reazione alle esagerate spinte verso la privatizzazione delle conoscenze, in forma di segreti industriali o di brevetti. In questo percorso di nuova apertura, la rete internet è stata fondamentale come tecnologia facile e universale e come cultura della condivisione.
La domanda interessante però diventa un'altra: questo metodo efficace ed efficiente di produrre e disseminare le idee che fecondano l'ambiente, è una felice eccezione che al più rimane confinata nella ricerca pura, oppure vale anche per l'intera società che tutti hanno ormai riconosciuto essere «della conoscenza»?
Se quest'ultima fosse la risposta, allora le domande si moltiplicherebbero, riguardando le nuove leggi, le tecniche e le politiche capaci di impedire la recinzione dei saperi e al contrario incentivandone produzione e accesso, diffusione e creativa copiatura. Nella scuola come nelle aziende, nella pubblica amministrazione come nelle comunità spontanee