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Manifesto-La ricerca dimenticata

La ricerca dimenticata In Italia gli investimenti nella ricerca sono inchiodati all'1,1% del prodotto interno lordo. L'unica preoccupazione del governo Berlusconi è occupare posti nei centri di ri...

21/01/2005
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il manifesto

La ricerca dimenticata
In Italia gli investimenti nella ricerca sono inchiodati all'1,1% del prodotto interno lordo. L'unica preoccupazione del governo Berlusconi è occupare posti nei centri di ricerca più importanti con uomini fedeli all'esecutivo. Critiche pesanti di Walter Tocci, Ds, alla strategia dell'Istituto italiano di tecnologia creato dall'ex ministro Giulio Tremonti
BRUNO PERINI
Una delle tante vittime della legge finanziaria si chiama Ricerca. Ricerca e sviluppo non sono nel dna del governo presieduto da Silvio Berlusconi, sono distanti anni luce dalla sua politica economica, così estranei alla cultura di palazzo Chigi che anche la Confindustria ha capito da tempo che lì c'è il buco nero più profondo, quello che prepara la strada al declino dell'economia italiana. L'unico interesse per la ricerca scatta quando si tratta di insediare "emissari" governativi nei centri di ricerca più importanti, come è avvenuto per il Cnr. E' la stessa filosofia che ha ispirato le nomine all'Antitrust e agli organismi istituzionali indipendenti. In termini di investimenti sulla ricerca, l'Italia è bloccata all'1,1% sul Pil ma quando si è trattato di mettere quattrini nell'Iit, l'Istituto italiano di tecnologia partorito dalla finanza creativa di Giulio Tremonti, come di incanto il governo ha stanziato un miliardo di euro per dieci anni. Peccato che neppure un euro di questi quattrini siano stati utilizzati per la ricerca. Ne parliamo con Walter Tocci, responsabile per i Ds in parlamento del settore Ricerca

Quale sarà l'effetto della legge finanziaria voluta dal governo Berlusconi sulla ricerca?

L'effetto più disastroso è il blocco delle assunzioni negli enti pubblici. Un blocco che si protrarrà fino al 2007. E' un modo neppure tanto elegante per chiudere la porta alle nuove leve di ricercatori, con effetti devastanti. E' un fenomeno allarmante se si pensa che oggi più di ieri la ricerca è uno dei motori fondamentali dello sviluppo e della competitività. Noi invece siamo inchiodati a un investimento in questo settore che non supera l'1,1% del Pil. Il blocco delle assunzioni, tra l'altro, ha creato un esercito di giovani che vivacchiano a contratto e che stentano a trovare una collocazione. E' evidente che se non cambiano le cose la cosiddetta fuga di cervelli continuerà con maggiore vigore

Eppure, quando la Confindustria o l'opposizione lamentano scarsa attenzione e magre risorse per la ricerca, gli esponenti del governo Berlusconi citano il loro fiore all'occhiello: l'Istituto italiano di tecnologia creato da Giulio Tremonti

Buono quello! Pensi che io sull'Itt ho presentato un'interrogazione al ministro dell'Economia e dell'Istruzione. Perché? E' presto detto: l'Istituto italiano di tecnologia, annunciato a pompa magna come il nuovo Mit italiano, disponeva di un importante finanziamento di 50 milioni di euro per l'anno appena passato e di un miliardo di euro per il prossimo decennio

Come mai tanta generosità?

Perché è una creatura dell'ex ministro Giulio Tremonti. Anche noi ci siamo chiesti dove stava il trucco. Tenga conto che disponibilità finanziarie di questo genere non trovano paragone in nessuno degli enti di ricerca o università italiana. Ma la cosa incredibile è che a più di un anno dalla costituzione dell'Iit, neppure un euro è stato speso per l'attività di ricerca in senso proprio. Anzi, la spesa più grande del bilancio corrente è stata dedicata a una consulenza per attività esclusivamente amministrative e gestionali, per le quali era stata stanziata la somma di 4 milioni di euro, poi ridotti a 1,3 milioni di euro. Altri finanziamenti? Certo, è stata annunciata sulla stampa l'intenzione di finanziare il San Raffaele di Milano, senza alcuna procedura di bando pubblico che consentisse un confronto tra le istituzioni. E' questa la politica sulla ricerca del centro destra. Ci credo che la Confindustria sta perdendo la pazienza. Gli hanno regalato la detassazione dell'Irap nel caso dell'assunzione di ricercatori ed è finita lì. Le imprese italiane da questo punto di vista sono in pessime condizioni rispetto all'industria europea e i contributi del potere pubblico, da almeno tre anni non ci sono. Dopo aver detto tutto il male possibile dell'industria pubblica, non si può dimenticare che organismi come l'Iri facevano investimenti importanti nella ricerca

Si può fare un confronto tra la situazione italiana e quella europea?

Si può fare eccome ma è sconsolante. E risaputo che Berlusconi non ama l'Europa. Ma come abbiamo scritto in un documento ufficiale pochi sanno quanto costi questa neo autarchia. Le conseguenze più disastrose si verificano proprio nel settore della ricerca e dell'innovazione. Le faccio un solo esempio. In Europa si discute la Costituzione di un consiglio europeo delle ricerche. Il progetto ha avuto un impulso dalla dichiarazione congiunta di di Blair, Chirac e Schroeder. Il governo italiano invece si è messo di traverso. Eppure il nostro paese dovrebbe il più interessato ad integrare le reti di ricerca, vista la sua debolezza. Il commissario Busquin ha dimostrato che l'Italia ha conseguito nel 2003 il risultato peggiore con una diminuzione dell'investimento in ricerca del 5,3%, nonostante si trovi già al di sotto della media europea per circa il 50%

Torniamo alla politica del governo in questo settore così importante per le imprese. Che cosa è stato fatto?

Direi che è stato fatto poco o nulla. Salvo una politica rigorosa per togliere l'autonomia, come sta avvenendo all'Antitrust, agli enti di ricerca. In alcuni casi, come ad esempio, all'Istituto nazionale di fisica nucleare gli è andata male; ma il Cnr ormai è un organismo nell'area di governo dove sono state fatte nomine politiche. Hanno organizzato dipartimenti con il metodo del controllo politico. E' la logica che ormai pervade il governo in tutti i settori della politica e dell'economia. Una logica molto pericolosa che andrebbe contrastata fortemente.


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