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Manifesto: Ma la metà dei ricercatori sui terremoti è precaria

Lo scandalo INGV

08/04/2009
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il manifesto

Nell'unità aquilana dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) sono al lavoro 19 persone, 8 delle quali precarie. Sono partite verso L'Aquila, all'indomani della violenta scossa di terremoto, e sono al lavoro per verificare la faglia che si è mossa, controllare acque e pozzi per vedere che non vi siano anomalie, analizzare l'epicentro della scossa, attraverso la rete sismica mobile, tenere i rapporti, infine, con la protezione civile. Fedora Quattrocchi, che dell'unità al lavoro nella sede «terremotata» dell'Aquila è «quasi dirigente», non ha dubbi: «Con il decreto Brunetta, un lavoro di questo tipo non sarebbe possibile farlo». Eppure all'Ingv, l'istituto a cui è affidata la sorveglianza sulla sismicità del territorio nazionale, i precari costituiscono una buona metà della pianta organica (556 sono le unità a tempo indeterminato, 415 i precari a vario titolo) perciò il decreto Brunetta che stabilisce la non rinnovabilità dei contratti da luglio mette a rischio l'attività stessa dell'istituto. Qualche esempio? Nella Sala sismica di sorveglianza (al lavoro tutti i giorni, 24 ore su 24) è precario il 20 percento del personale; per la Rete sismica mobile, che si attiva in fasi di calamità, il 30 percento del personale è precario: «I ricercatori partiti per installare le stazioni mobili di monitoraggio nelle zone vicino a quelle colpite dal sisma, sono precari», spiega un sismologo dell'istituto. Il presidente Enzo Boschi preferisce comprensibilmente evitare le polemiche in un simile frangente, e non si lascia sfuggire che poche parole di «orgoglio» per i 'suoi' precari. In una lettera al governo datata 1 ottobre 2008, Boschi chiedeva di sanare la situazione per consentire all'Istituto di «assorbire i propri lavoratori precari, che costituiscono uno strumento irrinunciabile per le attività dell'ente e un patrimonio per il paese». Il 12 febbraio scorso i dipendenti dell'istituto scioperavano e manifestavano davanti alla sede della Protezione civile, «contro la precarietà». Nessuna risposta. E oggi, è anche dalla situazione in cui versa l'istituto che si vede quanto a cuore il governo ha le questioni della prevenzione.