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Manifesto-Messi in croce

Messi in croce COSIMO ROSSI Da una croce di troppo, ne sono spuntate due nella scuola di Ofena: quella che un magistrato ha fatto togliere dalla parete e il filosofo Benedetto, scomodato dal cap...

29/10/2003
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il manifesto

Messi in croce
COSIMO ROSSI
Da una croce di troppo, ne sono spuntate due nella scuola di Ofena: quella che un magistrato ha fatto togliere dalla parete e il filosofo Benedetto, scomodato dal capo dello stato per ricordare come sia difficile potersi davvero "non dire cristiani". Perché, se è fondato il ragionamento storico di Croce, che bisogno c'è anche della croce appesa al muro? La risposta sarebbe che quella croce non serve a nulla. Si può ben immaginare che non basti a inverare il messaggio di Cristo come non vorrà biecamente giustificare le nefandezze che per secoli sono state compiute facendosene scudo. A meno che non la si intenda come affermazione di una chiesa e la sua cultura sulla società: come nel passato "cristiano" fece chi coprì le "vergogne" (tuttora private alla vista) del Gesù di Michelangelo.

E allora è il caso di dire le cose come stanno: su quella croce si sta combattendo una guerra di religione, non di libertà. Un crocefisso sta dove qualcuno lo mette, non è un taciturno simbolo di umanità universale che si materializza da solo: parla e si invalora quotidianamente nel modo in cui viene adoperato dall'uomo. A trasformarlo in strumento di cattiveria umana, prima del signor Adel Smith, che lo contesta in nome della mitomania musulmana che vuol tramandare ai figli, è dunque la signora Letizia Moratti, che lo vuole imporre a scuola in nome di un'analoga ossessione clericale che vuole tramandare ai figli della patria. Perciò non c'è niente di più mistificatorio del coro che si è levato dalla cima del Quirinale alle colonne della stampa liberale contro l'ordinanza del magistrato di L'Aquila.

Si potrà anche ritenere comprensibile il primitivo spaesamento delle famiglie di fronte alla pluralità di culture che nel villaggio globalizzato intacca verità finora ritenute granitiche. Ma è aberrante e illecito che si carcerino i figli nel fondamentalismo come se fossero proprietà privata dei genitori e dei loro totem. Se vale per il Medio oriente, valga anche per l'"Occidente".

E' di questo che parla l'ordinanza alla scuola di Ofena. Qui non sono in discussione i sentimenti religiosi delle persone. Qui stiamo parlando della libertà delle istituzioni, della società, della scuola: cioè delle persone studenti. E' a loro che la signora Moratti, non diversamente dal signor Smith, vuole conculcare il libero arbitrio: la facoltà cioè di formarsi autonomamente la propria cultura e i propri sentimenti. Ivi compresa la libertà di non credere: quella che non caso nessuno prende in considerazione in questa diatriba fondamentalista.