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Manifesto: Ministero dell'istruzione sotto presidio permanente

L'assemblea di Roma diventa un corteo

08/09/2009
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il manifesto

Francesco Piccioni

ROMA
Crescere vuol dire maturare, si dice. Beh, il movimento dei precari della scuola sta certamente crescendo. Nei numeri, certo, visto che ora tutti stanno verificando quanta gente sia rimasta quest'anno senza incarico. Ma anche nella consapevolezza di dover essere attori in prima persona, «autonomi» nel senso migliore della parola, ma non chiusi ai rapporti esterni.
Una riprova l'ha data l'assemblea convocata ieri pomeriggio davanti all'ex provveditorato di Roma, da tre giorni occupato da un folto gruppo di precari, docenti e non. Si attendeva una partecipazione notevole, ma ben presto si è visto che questa andava al di là dello sperato. Gli interventi sono diventati improvvisamente brevi e molto «operativi». In pratica si è discusso soltanto se proseguire l'occupazione-presidio dell'Ufficio provinciale scolastico (la passione per chiamare le cose in un altro modo è la vera cifra «riformista» di questo come di altri governi) oppure partire in corteo verso il ministero. Ha prevalso nettamente quest'ultima e, dopo una breve contrattazione con le forze dell'ordine, quasi un migliaio di persone si è messo in marcia in direzione di viale Trastevere.
Ad attenderli, da un paio d'ore, c'erano un folto gruppo di poliziotti e carabinieri in tenuta nera, oltre a telecamere e fotografi. La mattina i precari avevano avuto un incontro con l'assessore al lavoro della Regione Lazio, Alessandra Tibaldi. Nelle stesse ore la Regione Lombardia annunciava di aver raggiunto un accordo con il ministro Gelmini per «garantire lo stipendio a chi è rimasto senza posto». Ma il contenuto viene apertamente contestato: «noi siamo assolutamente contrari ai cosiddetti "contratti di solidarietà», spiega Francesco. Intanto «non capiamo perché il governo non ritira i tagli alla scuola», e poi perché «quei contratti sono gestiti localmente, dipendono dalle disponibilità di bilancio delle singole regioni, mentre qui si tratta di un problema nazionale». Anche con la regione Lazio, perciò, non si potrà che seguire una logica di trattativa parecchio diversa.
Il terzo motivo è altrettanto semplice da capire: «con i contratti regionalizzati puntano a dividere il movimento». E proprio dalle altre città, dove sono presenti ormai decine di «comitati di precari della scuola», è giunto il «pressante invito» a indirizzare la protesta romana verso il ministero - il «livello nazionale» - pur continuando a presidiare il provveditorato (il «locale»). Lo sbocco di breve periodo, dopo che da lunedì avranno riaperto le scuole, è una manifestazione nazionale a Roma.
Gli slogan e i canti riflettono la semplicità «matura» di questi lavoratori: «La scuola siamo noi, i veri precari siete voi» (rivolto ai politici, ministro compreso, di cui non a caso di chiedono «dimissioni, dimissioni»). Ed anche «assunzioni, assunzioni», perché per fare una scuola pubblica di qualità occorre un certo numero di docenti e personale tecnico, non classi sovraffollate per licenziare quanta più gente possibile.
Il corteo non è fine a se stesso. «La lotta è appena cominciata, da ora iniziamo un presidio permanente sotto il ministero, a cominciare da stasera». Detto fatto, arriva un camper, si invitano i manifestanti a darsi da fare per «mettere le tende», darsi il cambio, combinare i turni (un gioco da ragazzi, per chi ha a che fare con la formulazione dell'orario scolastico). «Invitiamo tutti precari di tutta Italia a raggiungerci qui: la scuola è pubblica e i tagli vanno ritirati».
La maturità, si diceva, sta anche nel modo particolare di intendere l'«autonomia». I docenti «sono gente che sa leggere e scrivere», conoscono il mondo sindacale e politico, ne sanno misurare le profonde differenze. E così hanno deciso di «far da sé», ma anche di collaborare con tutti quelli che appoggiano la propria «agenda rivendicativa». Hanno perciò fatto il mezzo miracolo di far cooperare sigle sindacali che, in genere, hanno qualche difficoltà di comunicazione, come Cgil, Cobas, RdB-Cub (le loro bandiere sono nel corteo).
«Questo è un elemento importante - spiega ancora Francesco - Il movimento dei precari è composito, partecipano gruppi legati a diversi soggetti sindacali». Il punto è che tutti concorrano a difendere un interesse «di classe». Dicono proprio così. E' che «siamo tutti precari», senza mettersi a cavillare se uno è docente e un altro operaio. Forse per questo la solidarietà è arrivata, subito, dai soggetti sociali più diversi: docenti di ruolo, studenti, categorie del lavoro «manuale», ecc. Un crescendo, appunto.