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Manifesto: Niente più stanze né aule, si sbriciola la città degli studenti. «L'ateneo vivrà»

UNIVERSITÀ Il rettore Di Orio: si va avanti, già oggi le prime indicazioni ai ragazzi. Il preside di lettere mercoledì convoca un consiglio all'aperto

08/04/2009
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il manifesto

Daniela Preziosi

Ha fatto di nuovo il giro della città, il rettore Fernando Di Orio. Lo descrive come un calvario. Per vedere, facoltà dopo facoltà, quello che resta del suo ateneo. «Stiamo ancora valutando l'entità dei danni». Il rettorato, nella città storica, si è scaricato dall'interno. Medicina è «la sorpresa più incredibile. La facoltà è quasi inservibile. L'ospedale, inaugurato da dieci anni, è pressoché inagibile. Ma andremo avanti. Già domani (oggi, ndr) cominceremo a capire dove rimettere in piedi una struttura di governance, un punto di riferimento per gli studenti». Di Orio non si è mai fermato, dalla grande scossa di domenica sera, quella in cui ha perso la casa. Gira, telefona, organizza: vuole dare un segnale ai ragazzi, che ha visto fuggire dalla città: l'università dell'Aquila va avanti. Il 15 mattina, mercoledì prossimo, il consiglio di ateneo si fa comunque, come programmato prima del disastro. E vuole dare un segnale agli aquilani: «Gli universitari sono troppo importanti per il tessuto di questa città, non possiamo perderli». L'ospedale San Salvatore, nel complesso della facoltà di Medicina, è un polo di ricerca di eccellenza. Per i trapianti di cuore e di fegato. E per la dermatologia oncologica, la clinica è diretta dalla professoressa Kelly Peris. «Come medici è facile ripartire: ci siamo messi a disposizione, abbiamo cucito, suturato, medicato di tutto. Come docenti non so cosa ci inventeremo». Lei ieri mattina si è fatta scortare 'dentro' dai tecnici e ha tirato fuori due ecografi: macchinari nuovi. Salvati. Preziosi per la ripartenza. «Ho chiesto alla protezione civile di trovarci un posto agibile prima possibile: l'ospedale riparte subito. E poi riparte la facoltà». Missione impossibile, ma necessaria: i 27mila universitari sono il cuore e il motore economico della città, dopo che il polo elettronico è stato spazzato via, con tutto l'indotto. Sono 13mila i fuorisede, dal centro-sud. Avevano affittato case e stanze al centro storico. Dopo la grande scossa, sono stati i primi a scavare, gli unici a sapere dove cercare i compagni. Spesso i proprietari 'tralasciano' di denunciare alla questura la presenza dei loro affittuari. «Li ho visti andare via distrutti, ma poi tornare con la protezione civile, la Croce rossa, la Croce verde» racconta nel pomeriggio Luca D'Innocenzo, assessore al welfare e alle politiche universitarie, mentre assiste all'«alleggerimento» - così tecnicamente si definisce - di un'ala della ormai nota casa dello studente. Sono le otto meno dieci di sera, all'arrivo della nuova scossa là sotto ci sono ancora quattro ragazzi, tre italiani e un israeliano. «Quello della città universitaria è un dramma nel dramma», dice D'Innocenzo. «Gli studenti è tutto quello che abbiamo, trovare loro delle nuove case sarà un problema enorme, gli sfollati sono già 30mila. Ma nelle mille emergenze c'è la loro. Sarà difficile persino ricostruire le carriere universitarie». Ma si farà, subito, presto, giura Di Orio. La prima cosa che il rettore vuole ripristinare è «il centro di calcolo». I siti internet dell'ateneo sono tutti saltati, il cervellone consentirà di recuperare la banca dati e comunicare con tutti gli iscritti.
Nessuno sta con le mani in mano. Giannino Di Tommaso, preside di lettere e filosofia, ha convocato per mercoledì 15, alle tre del pomeriggio, il consiglio di facoltà. All'aperto, «in una tenda, se piove». Settanta docenti, 2500 studenti, una facoltà autorevole, piazzata bene nelle graduatorie accademiche per autorevolezza degli insegnamenti e della ricerca. La sua sede era in pieno centro storico. «Non ho un'aula agibile», racconta. «E mi telefonano gli studenti per chiedermi che prospettive hanno. È difficile rispondere in mezzo a questo disastro. Ma lo posso fare: non ci fermiamo, assicureremo le sessioni di laurea. E l'anno in corso. E quelli a venire. L'università c'è».