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Manifesto: «Noi, precari all'infinito Italia paese bloccato»

RICERCATORI Dal governo «ricette sbagliate»

10/08/2010
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il manifesto

Giulia Pacifici
Paolo Periati
ROMA
«Cnr libero uguale ricerca libera, firmato: i precari della ricerca». Questo è lo slogan scritto sui fogli legati ai palloncini colorati che, ieri, i ricercatori del consiglio nazionale per la ricerca hanno annodato sulle ringhiere della scalinata della sede centrale di Roma. Qui si sono riuniti per manifestare la loro opposizione alla redazione del nuovo statuto che, secondo il loro parere, comporterà delle difficoltà nel reclutamento dei giovani studiosi e limiterà fortemente l'utilizzo dei fondi.
Tutti i sindacati - Flc Cgil, Fir Cisl e Uil Rua - hanno deciso di far sentire la propria voce durante l'assemblea del consiglio d'amministrazione, decisi ad attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sui rischi che corrono i ricercatori, ma soprattutto l'intero sistema di ricerca nazionale. «Siamo sotto organico - denuncia Rosa Ruscitti, responsabile di Flc Cgil - al Cnr lavorano attualmente 7.400 dipendenti, mentre il numero minimo sarebbe di almeno 8mila effettivi». Di questi, l'85% sono addetti alla ricerca. Data l'eseguità dei fondi ministeriali, molti di loro per lavorare devono ricorrere a finanziamenti esterni (bandi universitari, fondi Ue).
Dopo l'approvazione da parte del cda, ieri in serata, ora le nuove norme statutarie dovranno passare all'esame del ministero dell'Università e Ricerca. Tra coloro che più degli altri ne risentiranno «ci sono senza dubbio i ricercatori precari, i giovani che lavorano con contratti a progetto» afferma Fabrizio Ricci, dell'Unità sanità elettronica, perché «ora non potremo più ottenere i fondi necessari per avviare al mestiere le nuove leve della ricerca. Con il tetto di spesa del 70% sarà pressoché impossibile assumere personale di ricambio e i precari resteranno tali per almeno i prossimi 15 anni».
Fabrizio, al Cnr dal 1981, è un «vecchio ricercatore» che con i suoi allievi sta in questi giorni lavorando a un progetto finanziato da fondi europei sulla creazione del fascicolo sanitario elettronico per la regione Basilicata, che servirà per mettere on-line tutta la «vita sanitaria» degli utenti. «Io allo stato costo solo lo stipendio - dice - viaggi di lavoro, convegni, libri, pubblicazioni e così via vengono tutti pagati con finanziamenti esterni trovati da noi stessi».
Il capo progetto del dipartimento di bioinformatica è Luciano Milanesi, che su quanto sta accandendo conferma: «Il vero problema è per i giovani. Sarà dura trovare nuove opportunità e questo è deprimente, sarà una sconfitta per tutto il Paese. Io gestisco un gruppo di 20 giovani ricercatori che lavorano a progetti diversi: quando finiranno andranno incontro, sicuramente, a un brutto destino». Francesca, 29 anni, è tecnico di laboratorio dell'Irsa (Istituto di ricerca sulle acque): vive con un contratto a tempo determinato. Entrata al Cnr nel 2001, per sei anni ha firmato solo contratti a progetto: «Il futuro non è roseo», spiega, «se l'istituto avrà i fondi necessari per avviare un nuovo progetto, allora potrò continuare il mio lavoro di monitoraggio delle acque sotterranee. Altrimenti tra un anno sarò a casa».
L'approvazione del nuovo statuto dell'ente delle ricerche è stato commentato tiepidamente dalla Cgil, anche perché le minime modifiche apportate dal consiglio d'amministrazione ai cambiamenti richiesti sembrano dare un «contentino» a chi, in realtà, chiede un impegno sostanziale nel rivedere alcuni elementi molto importanti e ora, dicono, la battaglia vera ci sarà a settembre quando ci sarà il vaglio del Miur allo statuto.
Anche Augusto, archeologo 39enne, ha espresso tutte le sue perplessità sul futuro suo e della ricerca in Italia: «Ho iniziato nel 2005, prima con assegni di ricerca, poi con vari contratti di colaborazione. Comunque, mi ritengo fortunato perché percepivo fino al mese scorso, circa 1200 euro al mese: ci sono ricercatori che all'università La Sapienza, per esempio, se la passano molto peggio di me, dato che non ricevono neanche 1000 euro mensili». Il suo contratto di 1200 euro è appena scaduto, quindi adesso si ritrova disoccupato. «Fra i vari contratti - a progetto, a tempo determinato e così via - non esiste una sostanziale differenza di mansioni, ma solo di retribuzione. C'è quindi - continua Augusto - una sorta di discriminazione non dovuta al merito, non solo fra precari e stabilizzati, ma anche fra gli stessi precari». Davide, fisico a Firenze, riesce a ironizzare sulla situazione: «Siamo precari e flessibili come giunchi negli stagni».