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Manifesto: Non siamo un paese come gli altri

In un Paese normale a scuola ci sarebbero al massimo alcune ore di studio di Storia delle religioni, ma l'Italia, quando si parla di religione a scuola, non è mai stato un Paese come tutti gli altri.

18/10/2009
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il manifesto

Giuseppe Caliceti
In un Paese normale a scuola ci sarebbero al massimo alcune ore di studio di Storia delle religioni, ma l'Italia, quando si parla di religione a scuola, non è mai stato un Paese come tutti gli altri. Per questo siamo contrari all'idea di Fini che, con la benedizione di D'Alema, propone di introdurre nelle scuole pubbliche e private un'ora di religione islamica facoltativa e alternativa per controbilanciare quelle di Educazione alla religione cattolica: perché nella nostra Carta costituzionale c'è scritto che la nostra scuola è pubblica e laica. E tutte le altre sono scorciatoie pasticciate. Forse neppure sincere: fanno parte solo del gioco delle parti della politica. Ma andiamo con ordine.
Mentre i tagli ai fondi e al personale della scuola messi in atto da Gelmini attanagliano e soffocano sempre più la scuola pubblica italiana, il governo non trova niente di meglio da fare che parlare di religione a scuola. In realtà, quella che si sta combattendo in queste settimane sulla testa di tanti studenti e docenti è soprattutto una guerra interna al governo: finiani contro berlusconiani. Da una parte, alcuni giorni fa, Gelmini chiedeva che anche l'Educazione alla religione cattolica che c'è nelle scuole italiane fosse giudicata con un voto. Attraverso il voto, intendeva dare alla religione cattolica lo status di materia come tutte le altre e garantire agli insegnanti di religione la stessa condizione degli altri colleghi, compresa la possibilità dei prof di religione di attribuire crediti scolastici. Per questo, invece di garantire nelle scuole italiane le materie alternative agli studenti che scelgono di non frequentarla, dichiarava: «Chiederò un parere al Consiglio di Stato per evitare eventuali contenziosi, ma la mia opinione rimane ferma: essendo passata la scuola italiana dal giudizio al voto in tutte le materie, non c'è motivo perché questo discorso non debba valere anche per l'insegnamento della religione». In questo modo le ore di religione cattolica in Italia diventerebbero obbligatorie. Una vera e propria religione di Stato. Nonostante la Costituzione italiana parli di "laicità della scuola". Neppure il Vaticano aveva mai osato chiedere tanto. Ciò infatti significherebbe rimettere in discussione lo stesso Concordato. A parte che la Corte Costituzionale ha già stabilito il principio secondo cui l'ora di religione è facoltativa. Per questo la Rete degli studenti aveva risposto al ministro dell'Istruzione affermando che «l'ora di religione è un residuo medievale e trova spazio solo nei regimi teocratici». Qualche giorno dopo arriva invece la proposta finiana. È il viceministro allo Sviluppo economico Adolfo Urso, finiano doc, che getta un sasso nei Dialoghi Asolani, il workshop delle fondazioni Farefuturo e Italianieuropei. «Ad insegnare l'ora d'Islam - spiega - dovrebbero essere docenti riconosciuti italiani, al limite anche imam, a patto che abbiamo i requisiti e siano registrati in un apposito albo». La fondazione Farefuturo presieduta da Gianfranco Fini è tra i primi sostenitori della proposta: «Non è una provocazione», si legge sul periodico online della fondazione, «se si vuole un islam moderato e integrato, lontano dalla predicazione radicale, si deve partire dalla scuola dove si forma il cittadino futuro».
Vescovi e Pdl fanno quadrato. Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori del Pdl: «È la ripetizione stantia dei canoni del multiculturalismo». E il cardinale Tonini: «È un'idea impraticabile». D'Alema invece dichiara subito: «È giusto perché l'insegnamento della religione è un diritto da parte dei ragazzi. In un mondo ideale sarebbe opportuna un'ora di insegnamento di tutte le religioni insieme». In un mondo ideale? Praticamente in tutto il resto del mondo in cui si parla di religione a scuola, almeno fra i paesi occidentali, è così.