Manifesto: Nuove regole per i prof ma i precari sono fuori
L'annuncio del ministro Gelmini
Stefano Milani
Assunzioni solo se strettamente necessarie. La vita dura dei docenti italiani passa anche per il nuovo regolamento presentato ieri dal ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini. Che sintetizza così il suo progetto: «Si passa dal semplice sapere al sapere insegnare». Ma se si va un centimetro oltre lo slogan ad effetto di concreto rimane ben poco. «Iniziamo a progettare - ha detto il ministro intervenendo al meeting di Cl in corso a Rimini - un nuovo tassello per il cambiamento del nostro sistema scolastico, un tassello fondamentale, perché riguarda la formazione iniziale dei futuri insegnanti». Ecco, «futuri». Per quelli che per anni si perdono nelle interminabili liste d'attesa alla ricerca della cattedra perduta: ripassare più tardi.
Il ministro la parola «precari» neanche la pronuncia. Ma pesa molto: 42.500 insegnanti e 15.000 del personale ausiliario. Tanti il prossimo anno rimarranno fuori dagli istituti scolastici dopo la sforbiciata di viale Trastevere. Secondo una prima stima effettuata dalla Flc-Cgil subito dopo i trasferimenti saranno almeno 16.000 i supplenti di scuola media e superiore che non troveranno più la cattedra. A questi bisogna sommare i colleghi della scuola elementare, fatti fuori dai «maestri unici», e almeno 10.000 Ata che dopo anni di supplenza e l'aspettativa di entrare di ruolo si ritrovano in mezzo a una strada.
Cifre che sembrano non preoccupare il ministro Gelmini, spedita verso la «scuola del futuro» e già orfana di una delle famigerate tre «I» della sua collega Moratti. Non c'è più «Impresa», rimangono «Internet» e «Inglese». Stavolta non per gli studenti ma per gli insegnanti. E a loro sono rivolte le nuove regole messe in campo dal Miur. A parte le competenze linguistico-tecnologiche, per ottenere l'agognata cattedra i prof italiani dovranno sostenere un ulteriore tirocinio, e non più frequentare la Ssis che va definitivamente in pensione. Un anno sabatico tra la laurea e l'incarico di ruolo. Gli Uffici scolastici regionali organizzeranno e aggiorneranno gli albi delle istituzioni accreditate che ospiteranno i tirocini sulla base di appositi criteri stabiliti dal ministero. Questi Usr avranno anche funzione di controllo e di verifica sui tirocini stessi.
Bene, ma una volta superate tutte queste «prove» e acquisite tutte queste «competenze» (per insegnare nella scuola dell'infanzia e alla primaria sarà necessaria la laurea quinquennale, in quella secondaria (media e superiore occorrerà avere la laurea magistrale) l'insegnante può insegnare, finalmente? Se c'è posto sì, rispondono dal ministero. Perché «il numero di nuovi docenti sarà deciso in base al fabbisogno». In questo modo si dichiara «fine all'accesso illimitato alla professione che creava il precariato». E, «con la fine del precariato, sarà consentito ai giovani l'inserimento immediato in ruolo». Peccato che l'attuale fabbisogno delle scuole italiane recita un laconico «tutto esaurito». Ma gli «annunci» non bastano: «la riforma della formazione non può prescindere da quella del reclutamento degli insegnanti», dice l'ex ministro dell'Istruzione Fioroni e chiede «garanzie di investimenti». Perché, aggiunge il responsabile educazione del Pd, «chi sceglie di fare l'insegnante deve sapere che il sistema con il quale verrà reclutato gli garantirà di fare ciò per cui ha studiato e non il precario a vita».
Così i disagi, a due settimane dalla prima campanella, si fanno già sentire. Molte scuole italiane sono in fermento e minacciano di non far partire regolarmente l'anno scolastico. C'è anche qualche gesto estremo come a Palermo dove in un presidio permanente due assistenti, tecnici di laboratorio, sono al quinto giorno di sciopero della fame. Occupazioni di precari (ossimoro infame!) a macchia di leopardo un po' in tutto lo Stivale: Venezia, Trapani, Roma, Salerno. Caldo antipasto di quello che succederà in autunno. Un appuntamento unitario c'è già: il 23 ottobre è previsto il primo sciopero dell'intera categoria, proclamato dai Cobas, che porterà in piazza la scuola assieme a tutti gli altri lavoratori del pubblico impiego.