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Manifesto: Ouverture di settembre

Prove libere a Milano verso l'autunno caldo della scuola, in sincronia con le altre città. In corteo i precari incatenati da cinque giorni davanti al Provveditorato. Con loro sindacati, associazioni e politici. Per la Gelmini non c'è tregua: nussuno accetta i suoi pannicelli caldi

06/09/2009
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il manifesto

Mariangela Maturi MILANO
Non è che l'inizio. Non scherzano, i precari della scuola, pronti a tutto per difendere il posto di lavoro che gli è stato candidamente strappato di mano dalla riforma Gelmini.
A Milano ieri i professori ribelli sono scesi in corteo, abbandonando temporaneamente «Precariopoli». Ossia il presidio permanente che staziona da cinque giorni davanti al Provveditorato, nella periferica via Ripamonti. Incatenati a turno, cercano refrigerio nella loro piccola isoletta (un'aiuola spartitraffico bruciata dal sole) dove hanno montato tende, fornelletti e gazebo.
Organizzato in fretta e furia, il corteo di ieri era il prologo dell'autunno che verrà. E delle mobilitazioni che stanno contagiando una città dopo l'altra. A ribadire che anche la manifestazione milanese di ieri è inserita in un contesto più ampio, ci pensa il grande striscione in testa al corteo: «Da Milano a Palermo assunzioni per tutti». Nonostante il clima vacanziero che ancora domina Milano, un migliaio di persone sono scese in piazza a ribadire un secco «no» ai tagli e a promettere battaglia sin dai primi giorni di scuola.
A furor di popolo, vince la palma di miglior tormentone dell'estate il coro di un gruppo di studenti: «Oh mamma, mamma, mamma, sai perchè mi manca il professor? E' stata la Gelmini, è stata la Gelmini, oh mammà, io faccio occupazion». Che sia una promessa, o una minaccia, il messaggio è chiaro: quando inizierà la scuola la prossima settimana se ne vedranno delle belle. A fianco degli studenti, tornano in corteo anche le belle famiglie di Retescuole, reduci da un anno impegnativo di proteste. Alcune bambine (beata innocenza) sembrano pronte per il ballo delle debuttanti: inforcata la bandiera gialla di Retescuole a mo' di mantello, improvvisano un aggraziato balletto canticchiando «Lotta dura senza paura», sotto lo sguardo sorridente dei genitori.
Luigi, cinquantenne insegnante di ruolo solidale con i colleghi precari, è già sul piede di guerra: «Altro che... Ci sono colleghi precari da vent'anni. Bisogna fermare tutto, dai primi giorni. Paralizzi la scuola, e vedi che casino viene fuori». Un'altra maestra, che si trascina la bicicletta, ha addosso un cartello con i disegni dei suoi alunni che la ritraggono fra campi di fiori, faccine sorridenti, la scuola con il camino che fuma... Altri tempi.
«H1N1 insegnanti precari sotto l'influenza Gelmini», è il cartello che porta un precario. Un bambino ha un pezzo di cartone appeso al collo: «La mia maestra ci sarà?» Quando lo guardi, dice subito: «Aspetta!» e si gira orgoglioso a mostrare la schiena, dove un altro pezzo di cartone recita: «E quella degli altri?». Qualcuno invece resta deluso nel vedere che ci sono solo mille persone, o poco più: «Scusa - fa il broncio Mara - ma dove sono tutti? Ancora in vacanza? Non hanno capito che è ora di muoversi?». Sembra quasi si rivolgano a lei i ragazzi che vivono in presidio, che dal megafono ringraziano Milano: «Questa settimana abbiamo scoperto la solidarietà della nostra città. Quando il distributore del latte ci lascia qualche bottiglia ogni mattina, sappiamo che è con noi. I colleghi di ruolo che passano a portarci una torta, o le pizzerie che ci regalano la cena, ci stanno chiedendo di non mollare. Siamo stati veramente coccolati da Milano, in questi giorni». Olga, la pasionaria del presidio, cammina ormai stanca con le sue catene addosso, e ha quasi perso la voce. Un passo dopo l'altro, combatte la sua singolar tenzone con la Gelmini. Ma non è sola. Matteo, che con lei si è incatenato il primo giorno, è contento: «Abbiamo organizzato tutto in pochissimo tempo. Adesso faremo un'assemblea per raccogliere le idee, ma il presidio continua. Come abbiamo detto, ad oltranza».
A questa prima giornata, tanto per oliare gli ingranaggi, hanno partecipato in molti: Flc Cgil, Cobas, Slaicobas, Cub, Sdl, Rete 28 aprile, Arci, e collettivi. E le sigle politiche che hanno più o meno accompagnato le proteste dello scorso anno: Sinistra critica, Rifondazione, Partito comunista dei lavoratori. Partecipano Massimo Gatti, capogruppo in Provincia della lista «Un'altra Provincia-Prc-Pdci», e Luciano Muhlbauer, consigliere regionale del Prc, commenta: «Direi che per questa fase, ancora vacanziera, è un buon risultato. Ora si tratta di creare un momento di unificazione a livello nazionale, per lavorare insieme alle altre realtà della scuola su obiettivi comuni». Compare perfino qualcuno del Pd.
Quando il corteo improvvisa un paio di sit-in sulle circonvallazioni, il traffico impazzisce: clacson, urla, qualcuno scende dalle auto. I milanesi non sono più abituati alle manifestazioni, soprattutto quelle inattese, nel mezzo di un sabato pomeriggio di fine estate. Un motociclista che tenta di passare di soppiatto sbotta: «Oh, tagazzi, son comunista anch'io, però a lavorare ci devo andare!».
Nel frattempo, fermi sul marciapiede, alcuni ragazzi guardano i coetanei in corteo: «Ah già, è vero che vogliono licenziare i prof... Me l'ero dimenticato». Tempo qualche settimana, e avranno modo di ricordarselo. Quello di ieri non era che l'inizio.