Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Manifesto: «Quizzopoli», lo scandalo agita le università

Manifesto: «Quizzopoli», lo scandalo agita le università

Ritoccare il sistema delle facoltà a numero chiuso? Questo l' interrogativo cui ha provato ieri una risposta il ministro dell'Università e della Ricerca, Fabio Mussi

13/09/2007
Decrease text size Increase text size
il manifesto

Simone Verde
Ritoccare il sistema delle facoltà a numero chiuso? Questo l' interrogativo cui ha provato ieri una risposta il ministro dell'Università e della Ricerca, Fabio Mussi, in replica alle polemiche che lo coinvolgono. Ma anche nel tentativo doveroso di salvare la reputazione complessiva dell'Università che subisce da giorni il fuoco di numerosi scandali, di distinguere cronaca giudiziaria da funzionamento didattico, isolando e perseguendo i responsabili delle frodi. «Certi numeri chiusi - ha affermato Mussi - sembra che proteggano più delle corporazioni che non il fabbisogno».
Parlando di «corporazioni», tuttavia, Mussi è tornato a toccare il punto sensibile delle polemiche. Poiché, come hanno sottolineato a varie riprese i sindacati di settore, gli scandali non soltanto rivelano corruzione diffusa. Ma confermano l'immagine stereotipa di un'Università ostaggio di gruppi di potere e vittima di vere e proprie dinamiche feudali. Visto che - come dimostra ad esempio l'inchiesta della procura di Bari - a organizzare truffe non sono individui isolati, ma reti inter-universitarie che coinvolgono decine di persone. E i cui beneficiari sono talvolta parenti e amici degli inquisiti. Tra cui figurano dirigenti di primo piano come il presidente del corso di laurea in Odontoiatria dell'Università politecnica delle Marche, un ginecologo barese (il cui figlio partecipava ai test) un medico in pensione, suo figlio e sua nuora. Ma anche genitori, zii, fratelli di studenti e docenti.
Dinamiche confermate da altre inchieste tutt'ora in corso. Prima di tutte, quella diretta dal pm Francesca Romana Pirrelli a carico dell'ateneo barese. Un fascicolo in cui si indaga sulla compravendita di esami nella facoltà di Economia e in cui sono implicate ventiquattro persone tra professori, bidelli e impiegati. E un'inchiesta che coinvolge oltre dieci persone, accusate di aver pilotato concorsi per docenti di Cardiologia. Truffe che si aggiungono ai test d'ingresso truccati di Bari, Ancona e Catanzaro e ai sospetti che gravano sull'ateneo di Messina - ora oggetto di accertamenti voluti dal ministro - dove si parla di esami cominciati prima del dovuto e dove si è raggiunto il record di risposte positive, con un numero di primi classificati doppio rispetto a quello nazionale.
Senza dimenticare che proprio ieri, la procura di Roma ha aperto un'inchiesta sulle lauree facili, ottenute grazie a crediti elargiti con manica larga. Un ennesimo scandalo in cui, questa volta, emergerebbe la complicità di decine di ordini professionali firmatari di accordi con atenei privati, che permettevano il riconoscimento di nuovi titoli a vantaggio dei propri studenti. Ordini professionali di agenti delle forze dell'ordine, ragionieri, consulenti del lavoro e giornalisti, che avrebbero scelto la strada della convenzione pur di vedere aumentare il numero dei propri iscritti.
Anche volendo evitare ogni generalizzazione, il ritratto dell'Università italiana che emerge dalle numerose inchieste è preoccupante: professori, bidelli, impiegati amministrativi che favoriscono parenti o vendono esami ai propri studenti; noti cardiologi nazionali che fanno vincere concorsi ai propri collaboratori; professori di medicina che danno vita ad un'associazione per delinquere per far vincere i propri favoriti. Atenei che stipulano accordi con ordini professionali per garantire ai propri iscritti crediti a buon mercato e lauree facili.
Da cui le accuse dei sindacati. Dell'Anaao-Assomed, sindacato dei medici dirigenti del Servizio sanitario nazionale, che martedì denunciava «un sistema autoreferenziale occupato, di fatto, in forma monopolistica da un'istituzione che si ritiene e si comporta come priva di obblighi sociali». E dell'Uds, sindacato studentesco, che ieri ha parlato di «problema ormai patologico» e di «una vera e propria associazione a delinquere ai danni degli studenti».