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Manifesto: Ricerca e ricerche, sarà possibile «depistellizzare» il Cnr?

Negli anni della gestione pistelliana sono stati combinati dei guai seri che hanno lasciato una pesante eredità. La questione all'ordine del giorno ora riguarda la possibilità e la volontà di operare una discontinuità,

25/11/2007
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il manifesto

Ricerca e ricerche, sarà possibile «depistellizzare» il Cnr?
Enrico Pugliese
Da qualche mese il presidente del Cnr dell'epoca berlusconiana, Prof. Fabio Pistella, è stato trasferito ad altro incarico. Egli era stato a suo tempo nominato presidente (nonostante il modesto grado accademico) dal ministro Letizia Moratti con l'obiettivo di fare un Cnr a immagine e somiglianza di Berlusconi (cioè di devastarlo). Ma questo obiettivo non è stato raggiunto, un po' per mancata capacità di Pistella, un po' per merito dei ricercatori, un po' per quella strana forza, una certa «vischiosità istituzionale», che da sempre nel Cnr rende impossibili grandi miglioramenti, ma anche i grandi peggioramenti.
Negli anni della gestione pistelliana sono stati combinati dei guai seri che hanno lasciato una pesante eredità. La questione all'ordine del giorno ora riguarda la possibilità e la volontà di operare una discontinuità, cioè di «depistellizzare» il Cnr. L'eredità della gestione Berlusconi-Pistella consiste sostanzialmente in tre perniciose operazioni. La prima è quella della organizzazione della ricerca attraverso le cosiddette «commesse» (un meccanismo infernale frutto di un cocktail di ideologia privatista e incapacità manageriale). La seconda è quella di aver provveduto a modificare drasticamente la struttura di governo dell'Ente sia per una normativa verticistica e politicizzata, sia attraverso la collocazione di persone legate al presidente (o legate a clientele dei partiti di governo) in alcuni gangli vitali del Cnr. La terza è quella di aver condotto una gestione finanziaria personalistica e per molti versi irresponsabile, svendendo i beni del Cnr per far cassa e aumentando così i costi annuali.
Cominciamo dalle commesse. All'origine di questa trovata organizzativa c'era da un lato l'ideologia mercatista e dall'altro una lodevole - ma solo dichiarata e mai applicata - idea che bisognasse introdurre la valutazione dell'attività di ricerca. Nella concezione pistelliana, la ricerca avrebbe dovuto essere finanziata essenzialmente da committenti esterni (da cui il termine «commessa»). Così si sarebbe espressa e misurata la capacità degli istituti e dei ricercatori di stare sul mercato: «Solo chi riceve commesse dalle imprese è bravo», con buona pace di chi è impegnato nella ricerca di base o comunque di scarso interesse per le imprese e il mercato.
Se il progetto delle gestione per «commesse» fosse stato per davvero realizzato, sarebbe stato un disastro. Ma, come spesso capita, ai sogni degli ideologi del mercato e alle conseguenti regole poco praticabili corrisponde una pratica informale e alla buona, contraddittoria con quei principi. E, così, come era prevedibile, l'assegnazione dei fondi agli istituti - a parte qualche prebenda ad hoc - ebbe luogo democristianamente secondo il criterio «storico» (vale a dire «un tanto in meno» rispetto allo scorso anno, praticamente a tutti gli istituti). Ora di questa follia sembrano essersi accorti tutti. E probabilmente una qualche soluzione meno insensata si troverà. Staremo a vedere. Ma tutto questo si poteva evitare.
Per quanto riguarda il secondo punto, non si può dare a Pistella la responsabilità dell' intera architettura organizzativa attuale del Cnr, che fu decisa a livello governativo. Il fatto che a al posto di un Consiglio Direttivo fatto da studiosi (come era in passato) ora ci sia un Consiglio di Amministrazione fatto dalle «parti sociali» (tra cui la Confindustria, ma, guarda caso, non i sindacati) fu il risultato di scelte politiche esterne all'Ente. Rispetto alle nomine però il peso dei partiti di governo è stato più indiretto e le scelte sono state fatte dal presidente e dal Consiglio di Amministrazione. Un esempio può essere preso dall'area umanistica, «appaltata» - non si capisce in base a quale logica - all'ex vicepresidente post-fascista De Mattei, la cui influenza partitica si è notoriamente fatta sentire, a partire dalla nomina delle persone nei comitati ordinatori e di tutto ciò che ne è seguito.
Entrando nel merito del terzo punto, vanno segnalati due aspetti. Durante la gestione Pistella sono stati venduti immobili di proprietà dell'Ente che ospitavano e tutt'ora ospitano istituti del Cnr. Il risultato, ben documentato e denunciato dagli istituti interessati, è che in una decina d'anni i fortunati compratori si rifaranno delle spese grazie agli affitti pagati dal Cnr. L'altro aspetto è che il Consiglio di Amministrazione ha distribuito il ridotto finanziamento ottenuto dall'Ente in maniera molto peculiare concentrando la disponibilità di spesa nei Dipartimenti (che controllano gli istituti) e a livello centrale, talché agli istituti (ai luoghi cioè dove si svolge la ricerca) è arrivata una quota meno che proporzionale a quella che sarebbe spettata se le riduzioni fossero state tutte eguali. In questo modo si è potuta determinare una gestione discrezionale dei fondi. Ma l'aspetto più grave è il finanziamento di iniziative esterne operanti nello stesso ambito nel quale operando gli istituti, proprio mentre a questi venivano tagliati i fondi per la ricerca.
Un caso specifico, che ha rilevanza però generale, è quello del Dipartimento chiamato «Identità Culturale», il cui documento fondante è indicativo dell'orientamento del Cnr berlusconiano in tema di scienze sociali. Il documento è un vero spasso: «L'astrazione dalla dimensione spaziale propria della rete informatica, ormai accessibile a tutti; i grandi flussi migratori, il confronto ed anche lo scontro, con altre identità culturali: sono questi i fenomeni che hanno fatto 'esplodere', nel comune sentire, il bisogno di identità. La riappropriazione, sempre più diffusa, di simboli identitari - la bandiera, l'inno, i luoghi della memoria nazionale - nel nostro Paese, a differenza di altri (Francia, Inghilterra), rimasti sepolti dalle macerie della guerra, ne è l'espressione di più immediata percezione» (Sic), per non citare altre amenità. Tenendo conto di queste cose, non è pensabile che una mostruosità del genere (alla base dell'aggregazione di tutti gli istituti di ricerca sociale, giuridica ed economica nel Dip. «Identità Culturale») la si possa eliminare solo cambiando il nome del Dipartimento. La mostruosità andrebbe eliminata e gli istituti andrebbero riaggregati, tenendo fuori l'inno e la bandiera.