Manifesto: Scuola, pubblico ministero
Beppe Fiorani, ministro dell'istruzione: «Pronto un emendamento per ripristinare il nome»
Iaia Vantaggiato
Roma
Fugge sornione, non concede interviste - «al massimo una conversazione» - e fa di tutto per evitare la ribalta. Così Beppe Fioroni anticipa l'invito a tacere che Prodi ha rivolto ieri ai suoi ministri: «Ora ho bisogno di riflettere - dice - parlerò dopo». Ma poi dichiara: «E' già pronto l'emendamento grazie al quale il ministero dell'istruzione potrà riprendere a definirsi 'pubblico'. Quanto alla riforma Moratti, verranno apportati modifiche e correttivi immediati, iniziando dalle parti che non contrastano attivamente l'esclusione scolastica o che rischiano di accentuarla». La scuola - ha aggiunto - necessita di profonda capacità di ascolto e non di atteggiamenti dirigistici calati dall'alto. E per questo occorre che alcuni accanimenti controriformatori vengano al più presto corretti.
Non proprio un uomo di poche parole, checché ne dica lui.
Fioroni parla da Capaci dove ha partecipato alla «giornata della memoria» celebrata per i 14 anni della strage nella quale vennero uccisi Giovanni Falcone e la sua scorta: «L'istruzione - rincara il medico passato dai banchi di Montecitorio a quelli della scuola - è un bene pubblico. E voglio dirlo qui e oggi perché Falcone ci ha insegnato cosa voglia dire bene pubblico lottando per la legalità e quindi per la libertà».
Un tema, quest'ultimo, che evidentemente sembra stargli particolarmente a cuore: «Sanità da un lato, istruzione e formazione dall'altro. Sono questi i due diritti che la nostra carta costituzionale garantisce a tutti. In maniera chiara e indipendentemente da dove siamo nati e da quanti soldi abbiamo in tasca». Il cattolico Fioroni cita i padri costituenti senza indugiare sulle loro differenze cromatiche: «La scelta di tutti loro fu quella di garantire la libertà dei cittadini ed è indubbio che solo il sapere possa veramente renderci liberi, protagonisti del nostro futuro e della nostra vita».
«Una scuola di tutti e per tutti» aveva già affermato il ministro, domenica scorsa, partecipando alla marcia di Barbiana in onore di Don Milani: «E' la funzione che è pubblica - in quanto finalizzata a evitare l'esclusione e a favorire pari opportunità d'accesso - a prescindere dal fatto che gli erogatori del servizio possano essere pubblici o privati». La frase resta sospesa nell'aria - insieme ai ben noti fantasmi che prendono le forme di scuole cattoliche sdoganate da qualsivoglia impegno - ma, assicura il nuovo inquilino di viale Trastevere, di tutto questo parleremo poi. Presto, speriamo, perché si può essere cattolici senza necessariamente sottostare ai diktat di una Chiesa che vuole obbligatoria l'ora di religione e che reclama sempre maggiori finanziamenti.
«Il ritorno alla parola 'pubblica' - è il commento del segretario nazionale della Flc-Cgil, Enrico Panini - non deve restare un auspicio ma un segnale di cambiamento che va tuttavia riempito con i correttivi necessari alla legislazione in materia scolastica». Non è mancanza di fiducia ma frustrazione accumulata in cinque anni di governo che - rispetto alla scuola - «hanno solo generato equivoci e malessere».